LA FACCIA IN SU

Stephen Crane



"Che facciamo adesso?" disse l'aiutante preoccupato ed agitato.
"Lo seppelliamo" disse Timothy Lean.
I due ufficiali abbassarono gli occhi e si guardarono la punta dei piedi, dove giaceva il corpo del loro compagno. Aveva la faccia bluastra e gli occhi luminosi fissavano il cielo. Al di sopra delle due figure in piedi si udiva un suono nervoso di pallottole, e in cima alla collina la compagnia di Lean, un gruppo di fanti sfiniti dell'arcipelago dello Spitzbergen, stava sparando una serie di caute raffiche.
"Non pensi che sarebbe meglio..." incominciò l'aiutante. "Potremmo lasciarlo qui fino a domani."
Lean disse: "No, non posso mantenere la posizione neanche per un'ora di più. Devo ripiegare, e dobbiamo seppellire il vecchio Bill."
"Certo" disse subito l'aiutante. "I tuoi uomini hanno attrezzi per scavare trincee?"
Lean lanciò un urlo verso la sua piccola linea intenta a far fuoco, e due uomini arrivarono camminando piano, uno con un piccone e l'altro con una pala. Fissavano nella direzione dei tiratori scelti nemici. I proiettili fischiavano attorno a loro. "Scavate qui" disse Lean con voce roca. Gli uomini, costretti in questo modo ad abbassare lo sguardo sul terreno, si fecero prendere dalla fretta e dalla paura solo perché non riuscivano più a vedere da che parte venivano i proiettili. Il battito sordo del piccone che colpiva la terra risuonava in mezzo agli schiocchi veloci delle pallottole vicine. Subito l'altro soldato semplice incominciò a lavorare con la pala.
"Suppongo che faremmo bene ad esaminare i vestiti per vedere se c'è... qualcosa" disse con lentezza l'aiutante.

Lean annuì: guardarono insieme il corpo con un'aria stranamente assente. Poi Lean scosse le spalle, riprendendosi di scatto. "Sì," disse "faremmo meglio a vedere... cos'ha." Si inginocchiò e avvicinò le mani al corpo dell'ufficiale morto, ma le mani gli tremarono sui bottoni della divisa: il sangue rappreso aveva colorato di rosso mattone il primo bottone, e Lean sembrava non osasse toccarlo.
"Coraggio" disse con voce rauca l'aiutante.
Lean allungò la mano legnosa e trafficò maldestramente con i bottoni macchiati di sangue... Alla fine si alzò con il viso di un bianco spettrale. Aveva racimolato un orologio, un fischietto, una pipa, un sacchetto per il tabacco, un fazzoletto, un astuccio contenente carte da gioco e alcuni documenti. Guardò l'aiutante. Ci fu un momento di silenzio. L'aiutante si sentì un codardo per aver fatto sbrigare a Lean tutto il lavoro sporco.
"Bene," disse Lean "è tutto, credo. Tu hai la sua spada e la rivoltella.
"Sì" disse l'aiutante con una smorfia che gli contorse i lineamenti del viso. Poi ebbe uno scatto improvviso di una furia strana nei confronti dei due soldati. "Perché non vi sbrigate con quella fossa? Che state facendo, insomma? Sbrigatevi, mi sentite? Non ho mai visto degli stupidi così..."
Persino mentre urlava nell'impeto della collera, i due uomini lottavano per salvarsi la vita. I proiettili continuavano a crepitare sulle loro teste.
La fossa fu terminata. Non era un capolavoro – una povera cosa dalla profondità limitata. Lean e l'aiutante si guardarono di nuovo in una sorta di strana comunicazione silenziosa.

Improvvisamente l'aiutante emise una bizzarra risata gracchiante: era una risata terribile, che traeva origine da quella parte della mente che per prima è mossa dal canto dei nervi. "Bene," disse a Lean in tono spiritoso "suppongo che la cosa migliore sia buttarlo dentro."
"Sì" disse Lean. I due soldati aspettavano chini sui loro attrezzi. Lean disse: "Penso che sarebbe meglio se lo mettessimo dentro noi".
"Sì" disse l'aiutante. Poi, a quanto pare ricordandosi di aver fatto perquisire il corpo a Lean, si chinò con grande forza d'animo e afferrò i vestiti dell'ufficiale morto. Lean si unì a lui. Entrambi stettero bene attenti a non toccare con le dita il cadavere. Lo spinsero via con forza: il cadavere si sollevò, rotolò, ruzzolò e piombò con un tonfo nella fossa. I due ufficiali, raddrizzandosi, si guardarono di nuovo – si guardavano sempre – e tirarono un sospiro di sollievo.
L'aiutante disse: "Penso che dovremmo... dovremmo dire qualcosa. Conosci il servizio, Tim?"
"Non si legge il servizio finché la fossa non è riempita" disse Lean stringendo le labbra e assumendo un'espressione accademica.

"Davvero?" disse l'aiutante, sconvolto per l'errore commesso. "Oh, beh," gridò improvvisamente "diciamo... diciamo qualcosa mentre... mentre può ancora sentirci."
"D'accordo" disse Lean. "Conosci il servizio?"
"Non riesco a ricordarmene nemmeno un verso" disse l'aiutante.
Lean era estremamente dubbioso. "Io saprei ripetere un paio di versi, ma..."
"Bene, dai allora" disse l'aiutante. "vai avanti finché ti ricordi. È meglio di niente e...
quegli animali sanno esattamente qual è la nostra posizione."
Lean guardò i suoi due uomini. "Attenti!" abbaiò. I soldati scattarono sull'attenti e assunsero un aspetto molto addolorato. L'aiutante abbassò l'elmetto fino all'altezza del ginocchio. Lean, a capo scoperto, stava in piedi accanto alla fossa. I tiratori scelti nemici sparavano con vivacità.
"Padre, il nostro amico è affondato nelle acque profonde della morte, ma il suo spirito si è diretto verso di Te come la bolla che esce dalla bocca dell'annegato. Presta ascolto, ti imploriamo. Padre, alla piccola bolla che fluttua nell'aria e..."
Lean, benché pieno di vergogna e con voce rauca, non aveva avuto alcuna esitazione fino a quel punto, ma ora si fermò con un senso di impotenza e guardò il cadavere.
L'aiutante si mosse a disagio. "E dalle Tue superbe altezze..." incominciò, e poi anche lui si dovette fermare.

"E dalle Tue superbe altezze" disse Lean.
L'aiutante ricordò all'improvviso una frase dell'ultima parte del servizio funebre dello Spitzbergen e la sfruttò con il tono di un uomo a cui è tornato in mente tutto quanto e che è pronto a proseguire.
"O Dio, abbi pietà..."
"O Dio, abbi pietà..." disse Lean.
"Pietà" ripeté l'aiutante precipitando verso il fallimento.
"Pietà" disse Lean. Poi fu scosso da un sentimento di violenza, si voltò di scatto verso i suoi due uomini e disse con la ferocia di una tigre: "Buttate dentro la terra".
Il fuoco dei tiratori scelti nemici era preciso e continuo.

II

Uno dei soldati addolorati si fece avanti con la pala e sollevò la prima palata carica di terra che, per un momento di inspiegabile esitazione, rimase ferma sopra quel cadavere dalla faccia bluastra che guardava fisso fuori dalla fossa. Poi il soldato gli svuotò la pala... sui piedi.
Timothy Lean si sentì come se in un attimo gli avessero tolto via dalla fronte un peso di tonnellate. Aveva temuto che il soldato avrebbe potuto svuotare la pala... sulla faccia. Invece era stata svuotata sui piedi. Gran bel risultato!... ah! ah!... la prima palata era stata svuotata sui piedi. Che soddisfazione!
L'aiutante incominciò a balbettare "Beh, naturalmente... un uomo con cui abbiamo avuto a che fare in tutti questi anni... è impossibile... non si possono, capisci, non si possono lasciare gli amici intimi a marcire sul campo... avanti, per l'amor di Dio, avanti tu con quella pala."

L'uomo con la pala si piegò in due di colpo, si afferrò il braccio sinistro con la mano destra e guardò il suo ufficiale in attesa di ordini. Lean raccolse la pala da terra. "Vai nelle retrovie" disse al ferito. Poi si rivolse all'altro soldato. "Mettiti anche tu al riparo. Finirò... finirò io qui."
Il ferito si arrampicò in tutta fretta verso la cima del crinale senza rivolgere nemmeno uno sguardo nella direzione da cui provenivano le pallottole. L'altro uomo lo seguì tenendo lo stesso passo, ma comportandosi diversamente: infatti lui si guardò alle spalle con ansia tre volte, ma spesso questo non è altro che il modo di agire del soldato non ferito rispetto a quello ferito.
Timothy Lean riempì la pala, esitò e poi, con un movimento che era come un gesto di ripugnanza, gettò nella fossa la terra, che si posò facendo… plop. Lean si fermò di colpo e si asciugò la fronte… come un lavoratore stanco!
"Forse abbiamo avuto torto" disse l'aiutante. Il suo sguardo ebbe una stupida esitazione. "Sarebbe stato meglio se non lo avessimo seppellito proprio adesso. Naturalmente, se avanzassimo domani il corpo potrebbe essere…"

"Dannazione" disse Lean. "Chiudi il becco." Non era l'ufficiale anziano.
Riempì di nuovo la pala e gettò dentro la terra, che rifece lo stesso rumore… plop. Per un po' Lean lavorò freneticamente come uno che scava per tirarsi fuori da una situazione pericolosa.
Ben presto l'unica cosa visibile fu la faccia bluastra. Lean riempì la pala… "Buon Dio!" gridò all'aiutante. "Perché non l'hai girato quando l'hai messo dentro? È…" E qui Lean incominciò a balbettare.
L'aiutante capì. Aveva addirittura le labbra pallide! "Forza, vai avanti" gemette implorante, quasi gridando… Lean portò indietro la pala, che tracciò una curva come un pendolo. Quando la terra si posò, fece… plop.


(Racconto tratto dal libro "La morte e il bambino – Racconti della guerra civile americana", Casa Editrice Oscar Mondadori, traduzione di Anna Strambo).
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