POESIE EROTICHE

 


Carlos Drummond De Andrade


Nel centenario dalla nascita di Carlos Dummond de Andrade pubblichiamo alcune tra le più belle e rappresentative poesie della sua vasta opera, seguite da un estratto del saggio "L'erotismo in Carlos Drummond de Andrade", di Manuel Graña Etcheverry.

 

AMOR - COME PAROLA ESSENZIALE

Amor - come parola essenziale
dia inizio alla canzone e la sostanzi.
Amor guidi il mio verso e, nel guidarlo,
unisca anima e sesso, membro e vulva.

Chi osa dir di lui che é solo anima?
Chi non sente nel corpo l'anima espandersi
fino a sbocciare in un vivido grido
d'orgasmo, in un istante d'infinito?

Il corpo avvinghiato a un altro corpo,
fuso, dissolto, torna all'origine
degli esseri, che Platone vide completi:
é uno, in due perfetto: due in uno.

Integrazione a letto o già nel cosmo?
Dove ha fine la stanza e giunge agli astri?
Che forza qui nei fianchi ci trasporta
a quell'estrema regione, eterea, eterna?

Al delizioso tocco della clitoride,
tutto, ecco, si trasforma, in un baleno.
In un minuscol punto di quel corpo,
la fonte, il fuoco, il miele si concentrano.

La penetrazione via via squarcia le nubi
e svela soli tanto sfolgoranti
che mai l'umana vista ha sopportato,
ma, trafitto di luce, continua il coito.

E continua e si estende in tale guisa
che, oltre noi, oltre la stessa vita,
come attiva astrazione che si fa carne,
l'idea di godere sta godendo.

E in un patir di gaudio, tra parole,
anzi di meno, suoni, ansimi, ahi,
solo un piacere in noi raggiunge l'apice:
é quando l'amore muore d'amor, divino.

Quante volte moriamo l'uno nell'altro,
nell'umida caverna vaginale,
di quella morte che é dolce più del sonno:
la quiete dei sensi, soddisfatta.

Allora si instaura la pace. Pace di dei,
adagiati sul letto, come statue
vestite di sudore, grate per quanto
ad un dio aggiunge l'amor terreno.


ERA UN MATTINO DI SETTEMBRE

Era un mattino di settembre
e
lei mi baciava il membro

Aerei e nuvole passavano
cori neri rimbombavano
lei mi baciava il membro

Il mio tempo di ragazzo
il mio tempo ancor futuro
tutti insieme rifiorivano

Lei mi baciava il membro

Un uccellino cantava,
nel cuore dell'albero, nel cuor
della terra, di me, della morte

Morte e primavera in fiore
si disputavano l'acqua chiara
acqua che accresceva la sete

Lei mi baciava il membro

Tutto quello che ero stato
quanto mi era già negato
non aveva ormai più senso

Solo la rosa contratta
il tallo ardente, una fiamma
e quell'estasi nell'erba

Lei mi baciava il membro

Di tutti i baci era il più casto
in quella purezza spoglia
che é delle cose donate

Non era omaggio di schiava
avviluppata nell'ombra
ma regalo di regina

che diventava cosa mia
mi circolava nel sangue
e dolce e lento e vagante

come bacio di una santa
nel più divino trasporto
e in un fremito solenne

baciava baciava il membro

Pensando al resto degli uomini
che pena avevo di loro
prigionieri in questo mondo

Il mio impero si estendeva
a tutta la spiaggia deserta
e ad ogni senso all'erta

Lei mi baciava il membro

Il capitolo dell'essere
il mistero di esistere
la delusione d'amare

eran tutto onde silenti
spente su moli lontani
e una città si ergeva

radiosa di pietre rare
e di odi ormai placati
e sulla brezza il piacere

veniva a portarmi via
se prima non mi afflosciava
come un capello si alliscia

e mi scombussolava
in cerchi tutti concentrici
nella foschia dell'universo

Baciava il membro
baciava
e se ne moriva baciando
per rinascere a settembre


IL CULO, CHE MERAVIGLIA

Il culo, che meraviglia.
E' tutto un sorriso, non é mai tragico.

Non gli importa cosa c'é
sul davanti del corpo. Il culo si basta.
Esiste dell'altro? Chissà, forse i seni.
Mah! - sussurra il culo - quei marmocchi
ne hanno ancora di cose da imparare.

Il culo sono due lune gemelle
in tondo dondolio. Va da solo
con cadenza elegante, nel miracolo
d'essere due in uno, pienamente.

Il culo si diverte
per conto suo. E ama.
A letto si agita. Montagne
s'innalzano, scendono. Onde che battono
su una spiaggia infinita.

Eccolo che sorride il culo. E' felice
nella carezza di essere e ondeggiare.
Sfere armoniose sul caos.

Il culo é il culo,
fuori misura.


SENZA CHE LO CHIEDESSI, MI HAI FATTO LA GRAZIA

Senza che lo chiedessi, mi hai fatto la grazia
di magnificare il mio membro.
Senza che lo sperassi, sei caduta in ginocchio
in posizione pia.
Quello che è stato non è stato sepolto.
Per sempre e un giorno
il pene riceve la pietà osculante della tua bocca.

Oggi non ci sei né so dove sarai,
nell'impossibilità totale di un gesto o di un messaggio.
Non ti vedo non ti sento non ti stringo
ma la tua bocca è presente, adorante.

Adorante.

Non credevo d'avere tra le cosce un dio.


SOAVE BOCCA ERRANTE

Soave bocca errante
in superficie fino a trovare il punto
ove t'aggrada cogliere il frutto a fuoco
che non sarà mangiato ma fruito
finché non s'esaurisce il succo caldo
e lui ti lascia, o tu lo lasci, flaccido,
ma rugiadoso di bava di delizie
che frutto e bocca si permettono, dono.

Bocca soave e saggia,
impaziente di succhiare e segregare
intero, in te, il tallo rigido
ma folle di piacere al confinarsi
nel limitato spazio che tu offri
al suo volume e getto appassionati,
come puoi diventare, così aperta,
ricurvo cielo infinito e sepoltura?

Soave bocca e santa,
che piano piano vai sfogliando la liquida
schiuma del piacere in muto rito,
lenta-leccante-lecchillusoriamente
legata alla forma eretta quasi fossero
la bocca il frutto, e il frutto la bocca,
no, basta, basta, basta, basta bermi,
uccidermi e, da morto, vivermi.

So già cos'é l'eternità: é puro orgasmo.


DONNA CHE GIRA NUDA PER LA CASA

Donna che gira nuda per la casa
tutto mi ammanta di una grande pace.
Non é nudità datata, provocante.
E' un girar di nudità vestita,
innocenza di sorella e bicchier d'acqua.

Il corpo neppure lo si nota
al ritmo che lo porta.
Passano curve in stato di purezza,
dando alla vita un nome: castità.

Peli che affascinavano non turbano.
Seni, natiche (tacito armistizio)
riposano dalla guerra. E anch'io riposo.


NON VOGLIO ESSERE L'ULTIMO A MANGIARTI

Non voglio essere l'ultimo a mangiarti.
Se allora non ho osato, adesso é tardi.
Non soffia più l'antica fiamma e berti
non placherebbe sete che non arde

nella mia bocca secca di volerti,
di desiderarti tanto e senza vanto,
fame che non riusciva a sopportarti
così pasto di tanti, ed io codardo

in attesa che pulissi tutto il seme
che su anima e corpo ancor di scorre,
ed arrivassi, intatta, rifiorita,

per ingaggiare con me la lotta estrema
che rendesse l'intera nostra vita
un fiammeggiante, universale poema.


NEL PICCOLO MUSEO SENTIMENTALE

Nel piccolo museo sentimentale
i fili di quei peli ben legati
da piccoli laccetti di nastrino
sono quanto mi resta oggi dei monti,
quelli che ho visitati, monti di Venere.

Io sfioro, accarezzo la nera flora,
ed é ancora nera, in questo bianco
totale del tempo estinto
in cui io, pastor fellante, pascevo
quei ricci profumati, anelli neri,
serpentelli passionali, presso lo specchio
che con loro rimava, in un baleno.

I movimenti vivi nel passato
s'avvolgono ai fili che mi parlano
di ansimi perduti rinascenti
in baci che dalla bocca scivolavano
verso l'abisso di resine e di fiori.

Sto baciando la memoria di quei baci.


QUELLE FEMMINE GOLOSE

Quelle femmine golose
che si succhiano un ghiacciolo
- dice un saggio che sa tutto -
sono donne con carenze
e lo succhiano pian piano,
pare succhino una verga,
e succhiandolo ben sanno
che all'istante si dissolve
nell'inganno del piacere
il ghiacciolo fuggitivo
come in mente si dissolve
quell'immaginario pene.


SI FERMA IL SESSO SPIRANDO

Si ferma il sesso spirando, io mi giro, spirante.
Fonte della mia vita, in te m'avvolgo e affondo.
Amore, amore, amore - il braciere raggiante
che mi dà, con l'orgasmo, la spiegazione del mondo.

Povera carne senile, che vibra insoddisfatta,
la mia si ribella alla morte annunciata.
Voglio ancora invadere quell'angusto anfratto
dove il maggior diletto mi propizia l'amata.

Domani, mai più. Oggi stesso, forse,
mi si congela il nervo, mi svanisce il piacere
prima che, deliziosa, cessi l'esplorazione.

L'orgasmo dunque coroni l'ora della mia fine
e possa io partire, l'essere nella pienezza,
imperlando di seme l'eremo irreparabile.


(Tratto da L'amore naturale, Adriatica Editrice, Bari, 2000, traduzione di Fernanda Toriello)


In Portoghese:


AMOR - POIS QUE É PALAVRA ESSENCIAL

Amor - pois que é palavra essencial
comece esta canção e toda a envolva.
Amor guia o meu verso, e enquanto o guia,
reúna alma e desejo, membro e vulva.

Quem ousará dizer que ele é só alma?
Quem não sente no corpo a alma expandir-se
até desabrochar em puro grito
de orgasmo, num instante de infinito?

O corpo noutro corpo entrelaçado,
fundido, dissolvido, volta à origem
dos seres, que Platão viu completados:
é um, perfeito em dois; são dois em um.

Integração na cama ou já no cosmo?
Onde termina o quarto e chega aos astros?
Que força em nossos flancos nos transporta
a essa extrema região, etérea, eterna?

Ao delicioso toque do clitóris,
já tudo se transforma, num relâmpago.
Em pequenino ponto desse corpo,
a fonte, o fogo, o mel se concentram.

Vai a penetração rompendo nuvens
e devassando sóis tão fulgurantes
que nunca a vista humana os suportara
mas, varado de luz, o coito segue.

E prossegue e se espraia de tal sorte
que, além de nós, além da própria vida,
como ativa abstração que se faz carne,
a idéia de gozar está gozando.

E num sofrer de gozo entre palavras,
menos que isto, sons, arquejos, ais,
um só espasmo em nós atinge o clímax:
é quando o amor morre de amor, divino.

Quantas vezes morremos um no outro,
no úmido subterrâneo da vagina,
nessa morte mais suave do que o sono:
a pausa dos sentidos, satisfeita.

Então a paz se instaura. A paz dos deuses,
estendidos na cama, qual estátuas
vestidas de suor, agradecendo
o que a um deus acrescenta o amor terrestre.


ERA MANHÃ DE SETEMBRO

Era manhã de setembro
e
ela me beijava o membro

Aviões e nuvens passavam
coros negros rebramiam
ela me beijava o membro

O meu tempo de menino
o meu tempo ainda futuro
cruzados floriam junto

Ela me beijava o membro

Um passarinho cantava,
bem dentro da árvore, dentro
da terra, de mim, da morte

Morte e primavera, em rama
disputavam-se a água clara
água que dobrava a sede

Ela me beijando o membro

Tudo que eu tivera sido
quanto me fora defeso
já não formava sentido

Somente a rosa crispada
o talo ardente, uma flama
aquele êxtase na grama

Ela a me beijar o membro

Dos beijos era o mais casto
na pureza despojada
que é própria das coisas dadas

Nem era preito de escrava
enrodilhada na sombra
mas presente de rainha

tornando-se coisa minha
circulando-me no sangue
e doce e lento e erradio

como beijava uma santa
no mais divino transporte
e num solene arrepio

beijava beijava o membro

Pensando nos outros homens
eu tinha pena de todos
aprisionados no mundo

Meu império se estendia
por toda a praia deserta
e a cada sentido alerta

Ela me beijava o membro

O capítulo do ser
o mistério de existir
o desencontro de amar

eram tudo ondas caladas
morrendo num cais longínqüo
e uma cidade se erguia

radiante de pedrarias
e de ódios apaziguados
e o espasmo vinha na brisa

para consigo furtar-me
se antes não me desfolhava
como um cabelo se alisa

e me tornava disperso
todo em círculos concêntricos
na fumaça do universo

Beijava o membro
beijava
e se morria beijando
a renascer em setembro


A BUNDA, QUE ENGRAÇADA

A bunda, que engraçada.
Está sempre sorrindo, nunca é trágica.

Não lhe importa o que vai
pela frente do corpo. A bunda basta-se.
Existe algo mais? Talvez os seios.
Ora - murmura a bunda - esses garotos
ainda lhes falta muito que estudar.

A bunda são duas luas gêmeas
em rotundo maneio. Anda por si
na cadência mimosa, no milagre
de ser duas em uma, plenamente.

A bunda se diverte
por conta própria. E ama.
Na cama agita-se. Montanhas
avolumam-se, descem. Ondas batendo
numa praia infinita.

Lá vai sorrindo a bunda. Vai feliz
na carícia de ser e balançar.
Esferas harmoniosas sobre o caos.

A bunda é a bunda,
redunda.


SEM QUE EU PEDISSE, FIZESTE-ME A GRAÇA

Sem que eu pedisse, fizeste-me a graça
de magnificar meu membro.
Sem que eu esperasse, ficaste de joelhos
em posição devota.
O que passou não é passado morto.
Para sempre e um dia
o pênis recolhe a piedade osculante de tua boca.

Hoje não estás nem sei onde estarás,
na total impossibilidade de gesto ou comunicação.
Não te vejo não te escuto não te aperto
mas tua boca está presente, adorando.

Adorando.

Nunca pensei ter entre as coxas um deus.


MIMOSA BOCA ERRANTE

Mimosa boca errante
à superfície até achar o ponto
em que te apraz colher o fruto em fogo
que não será comido mas fruído
até se lhe esgotar o sumo cálido
e ele deixar-te, ou o deixares, flácido,
mas rorejando a baba de delícias
que fruto e boca se permitem, dádiva.

Boca mimosa e sábia,
impaciente de sugar e clausurar
inteiro, em ti, o talo rígido
mas varado de gozo ao confinar-se
no limitado espaço que ofereces
a seu volume e jato apaixonados,
como podes tornar-te, assim aberta,
recurvo céu infindo e sepultura?

Mimosa boca e santa,
que devagar vais desfolhando a líquida
espuma do prazer em rito mudo,
lenta-lambente-lambilusamente
ligada à forma ereta qual se fossem
a boca o próprio fruto, e o fruto a boca,
oh chega, chega, chega de beber-me,
de matar-me, e, na morte, de viver-me.

Já sei a eternidade: é puro orgasmo.


MULHER ANDANDO NUA PELA CASA

Mulher andando nua pela casa
envolve a gente de tamanha paz.
Não é nudez datada, provocante.
É um andar vestida de nudez,
inocência de irmã e copo d'água.

O corpo nem sequer é percebido
pelo ritmo que o leva.
Transitam curvas em estado de pureza,
dando este nome à vida. castidade.

Pêlos que fascinavam não perturbam.
Seios, nádegas (tácito armistício)
repousam de guerra. Também eu repouso.


NÃO QUERO SER O ÚLTIMO A COMER-TE

Não quero ser o último a comer-te.
Se em tempo não ousei, agora é tarde.
Nem sopra a flama antiga nem beber-te
aplacaria a sede que não arde

em minha boca seca de querer-te,
de desejar-te tanto e sem alarde,
fome que não sofria padecer-te
assim pasto de tantos, e eu covarde

a esperar que limpasses toda a gala
que por teu corpo e alma ainda resvala,
e chegasses, intata, renascida,

para travar comigo a luta extrema
que fizesse de toda a nossa vida
um chamejante, universal poema.


NO PEQUENO MUSEU SENTIMENTAL

No pequeno museu sentimental
os fios de cabelo religados
por laços mínimos de fita
são tudo que dos montes hoje resta,
visitados por mim, montes di Vênus.

Apalpo, acaricio a flora negra,
e negra continua, nesse branco
total do tempo extinto
em que eu, pastor felante, apascentava
caracóis perfumados, anéis negros,
cobrinhas passionais, junto do espelho
que com elas rimava, num clarão.

Os movimentos vivos no pretérito
enroscam-se nos fios que me falam
de perdidos arquejos renascentes
em beijos que da boca deslizavam
para o abismo de flores e resinas.

Vou beijando a memória desses beijos.


AS MULHERES GULOSAS

As mulheres gulosas
que chupam picolé
- diz um sábio que sabe -
são mulheres carentes
e o chupam lentamente
qual se vara chupassem,
e ao chupá-lo já sabem
que presto se desfaz
na falácia do gozo
o picolé fuginte
como se esfaz na mente
o imaginário pênis.


PARA O SEXO A EXPIRAR

Para o sexo a expirar, eu me volto, expirante.
Raiz de minha vida, em ti me enredo e afundo.
Amor, amor, amor - o braseiro radiante
que me dá, pelo orgasmo, a explicação do mundo.

Pobre carne senil, vibrando insatisfeita,
a minha se rebela ante a morte anunciada.
Quero sempre invadir essa vereda estreita
onde o gozo maior me propicia a amada.

Amanhã, nunca mais. Hoje mesmo, quem sabe?
enregela-se o nervo, esvai-se-me o prazer
antes que, deliciosa, a exploração acabe.

Pois que o espasmo coroe o instante do meu termo,
e assim possa eu partir, em plenitude o ser,
de sêmen aljofrando o irreparável ermo.

 

L'EROTISMO IN CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE

Manuel Graña Etcheverry

Manuel Graña Etcheverry è nato a Córdoba (Argentina) nel 1915. Avvocato e poeta, ha pubblicato vari studi di linguistica del poetico e di filologia.
Oltre al saggio inedito che segue (1990) di Carlos Dummond de Andrade ha tradotto in spagnolo "Dos poemas" (Rotella al mar, Buenos Aires, 1953) e "Mundo vasto mundo" (Losada, Buenos Aires, 1967).
Etcheverry era anche il marito di Maria Julieta, figlia unica del poeta, scomparsa solo un mese prima del padre, che non ha retto al colpo della sua perdita.


Quale poeta universale che era, Carlos Drummond de Andrade non poteva rimanere estraneo al richiamo lirico di un tema tanto essenziale nella vita dell'uomo come il sesso, che ha transitato nelle sue poesie per i differenti gradi dell'erotismo, fino a sfiorare l'osceno, come vedremo in seguito.
Non potremo soffermarci su ognuna delle poesie Drummondiane in cui è insito l'erotico, poiché come dicevano gli antichi, "Eros è il socio delle Muse". Ci limiteremo, pertanto, a soffermarci su alcune, impregnate dell'erotismo sessuale, dato che è certo che nella grandezza di tutta la sua produzione egli non rifiutò questo genere di argomento, se non nell'ultima parte della sua vita, quando l'erotico sessuale acquistò un'importanza quasi escludente. E in contrapposizione con ciò che aveva caratterizzato la sua vita, fu portato alla tomba proprio a causa di un amore completamente carente di qualsiasi connotazione erotica.
Già nella prima poesia della raccolta Obras Completas la poesia Poema de Sete Faces (Poesia delle sette facce), troviamo parti decisamente erotiche:


O bonde passa cheio de pernas:
pernas brancas, pretas, amarelas.
Para que tanta perna, meu Deus, pergunta meu coração.
Porém meus olhos
não perguntam nada.

(Il tram passa pieno di gambe:
gambe bianche, nere, gialle.
Perché tante gambe, Dio mio, domanda il mio cuore.
I miei occhi però
non domandano niente).

Il riferimento alle gambe, naturalmente di donna, indica che il poeta si esalta in considerazione di questa parte scoperta dell'anatomia femminile, e che la sua mente incalza ogni tipo di divagazione a suo riguardo: i suoi occhi non chiedono niente, e si compiacciono alla visione cosiddetta "sessuale". Si potrebbe qui assumere che da un punto di vista sentimentale - il cuore - il poeta è monogamo, mentre i suoi sensi - gli occhi - sono poligami. Riflessione questa che sarà smentita molto più avanti, in Consolo na praia.

O primeiro amor passou
O segundo amor passou
O terceiro amor passou
Mas o coração continua

(Il primo amor passò
il secondo amor passò
il terzo amor passò
ma il cuore continua)

Come si vede si smentisce quella apparente monogamia, a meno che non intendiamo quello che Oswald de Andrade diceva di se stesso: che "era un monogamo successivo".

Un tema spesso trattato da Drummond nelle sue poesie è l'insoddisfazione sessuale, e per connessione la mancanza di una donna o l'incomprensione femminile. Non si tratta di una donna specifica, bensì in generale, poiché per saziare questa insoddisfazione qualunque donna poteva andar bene, come si può notare anche dalla poesia Também jà fui brasileiro:

Eu também jà fui poeta.
Bastava olhar para mulher,
pensava logo nas estrelas
e outros substantivos celestes.
Mas eram tantas, o céu tamanho,
minha poesia perturbou-se.

(Sono già stato anche poeta.
Bastava guardare una donna,
per pensare subito alle stelle
e ad altri sostantivi celestiali.
Ma erano tante, il cielo enorme,
che la mia poesia si è stravolta).


Nella vita, Carlos Drummond de Andrade, nella ricerca del vero amore, va avanti conoscendo sempre altre donne, con le quali ha avuto la sensazione del peccato della carne. Poiché il poeta cercava l'amore totale, e non come dice in Aspiração "la semplice rosa del sesso". Il sesso, infatti, può essere un'illusione del vero amore, e contro questo si previene per esempio in O mito (Il mito):


Amarei mesmo Fulana?
Ou é ilusão do sexo?

(Amerò davvero Maria?
O è l'illusione del sesso?)

L'insoddisfazione sessuale è talmente stimolante che il poeta arriva perfino ad ironizzarci sopra, in alcune sue poesie.

Non sfugge a Carlos Drummond anche un aspetto sociale dell'amore, che non riguarda il proprio amore nello specifico, ma l'amore degli altri, e mostra come nell'adolescenza si tengano certe relazioni di gruppo, che più avanti, in età più matura, la vita stessa si incarica di sbarazzarsene.
Ma l'aspetto che più evidenzia, a questo riguardo, è il fatto di non concordare con la teoria che l'amore sia una infermità della gioventù; non solo infatti crede che l'amore possa essere apprezzato in qualunque momento nell'arco della vita, ma perfino che questo sia più intenso durante la maturità. L'amore crepuscolare è un veritiero dono divino.

Parlavamo del confine tra l'erotico e l'osceno. Dobbiamo partire innanzitutto dall'osservazione che l'accezione dell'osceno varia con i tempi ed i luoghi. Ciò che a volte fu osceno può cessare di esserlo, o arrivare ad essere osceno ciò che non era mai stato ritenuto tale. Un chiaro esempio di questa evoluzione, dal puro all'osceno, lo otteniamo con la parola "puttana" che inizialmente voleva dire vergine. Il termine cominciò con l'essere applicato, per sarcasmo, alle donne molto vissute, e questo senso ironico é quello che si perpetuò, nel mentre che si andava dimenticando l'originale, che in italiano invece si conserva nei diminutivi: una puttina è una bambina, e un puttino è un bambino.
Lo stesso Carlos Drummond de Andrade dubitava del fatto che le sue poesie de L'Amore naturale potessero essere considerate oscene o meno. In una intervista ad un periodico, nel giustificarsi per non decidersi a pubblicarle, osservava che potevano urtare la morale se pubblicate troppo presto, o non urtare affatto, e passare inosservate, se pubblicate troppo tardi. Avvertiva che i nostri costumi cambiano con un'enorme rapidità. Anche se non possiamo riferirci a tutte le poesie che compongono L'Amore naturale, possiamo prendere una di queste, per decidere se é oscena o semplicemente erotica. La poesia si intitola Era un mattino di Settembre, il cui ritornello dice così:

Era un mattino di Settembre
e
Lei mi baciava il membro

Si tratta, come si vede, di un caso di fellatio o, come si dice adesso, di sesso orale. Allora: la fellatio é un fatto, un avvenimento; e per caso, proprio Drummond non aveva puntualizzato che non dovessero esserci poesie su fatti, nel poema Procura da poesia? Il primo verso di questo poema é infatti "Non faccio versi su avvenimenti".
C'é quindi una contraddizione apparente contro i sani concetti di Procura da poesia e la pretesa di cantare un atto di fellazio. Però, nella stessa Procura da poesia c'é un consiglio che, se ben interpretato, risolve quella apparente contraddizione:

penetra sordamente nel regno della parola
Là ci sono poesie che aspettano di essere scritte...

Ma in che modo puoi penetrare nel regno della parola? Potremmo rispondere a questa domanda prendendo un altro esempio dello stesso Drummond. Mi riferisco a Morte del lattaio, che tratta come un lattaio, di buon mattino, andando a consegnare la sua merce fa del rumore che sveglia un residente, il quale, preso dal panico e temendo che si tratti di un ladro prende una pistola e liquida sul colpo il povero lattaio. Si tratta indubbiamente di un fatto. Però, una volta descritto questo fatto "poliziesco", la poesia termina così:

A noite geral prosegue
a manhã custa a chegar
mas o leiteiro,
estatelado, ao relento,
perdeu a pressa que tinha.
Da garrafa estilhaçada,
no ladrilho jà sereno,
escorre uma coisa espessa
que é leite, sangue....não sei.
Por entre objetos confusos,
mal redimidos, da noite,
duas cores se procuram,
suavemente se tocam,
amorosamente se enlaçam,
formando um terceiro tom
a que chamamos aurora.

(La notte diffusa va avanti
la mattina tarda
ma il lattaio,
stecchito, all'addiaccio,
ha perso tutta la sua fretta.
Dalla bottiglia in pezzi,
sul pavimento ormai sereno,
cola una cosa spessa,
latte, sangue... non so.
Tra gli oggetti confusi,
non redenti, della notte,
due colori si cercano,
si toccano appena,
amorosamente si allacciano uno all'altro,
formando una terza tonalità
che è ciò che chiamiamo aurora).


Come si può apprezzare, non é il fatto in sé, la morte del lattaio, quello che interessa la poesia. La poesia non sta lì, se non nel fatto dei colori, quando talvolta il latte e il sangue, mischiandosi, formano un terzo colore, che è ciò che chiamiamo aurora. Vorrà dire questo, che dalla tragedia viene la speranza? Io non posso dirlo, ma in questa confusione di colori, di indefinibile risultato, sta la materia vaga, diffusa, dell'ordito poetico. Il poeta é partito dal fatto poliziesco che gli é servito da pretesto, per arrivare al mondo della poesia, perché lì stavano "le parole", "in stato di dizionario", che nascondevano la poesia in attesa di essere scritta, che poi lo fu.
Ritornando a Era un mattino di Settembre ("setembro", in portoghese, inizio della primavera in Brasile), la prima cosa che risalta leggendo questo ritornello é che c'è rima tra "setembro" e "membro". Non si vede infatti quale relazione semantica possa esserci tra l'uno e l'altro, poiché non c'è vincolo reale tra l'atto della fellazio e il mese in cui si realizza. Potremmo dire, su questa base, che apparentemente Drummond "è forzato dalle consonanti" a dire ciò che non interessa. Però in realtà, se osserviamo bene, vediamo che questo "Setembro" non colma semplicemente un'esigenza di rima, perché nella poesia si fa chiaramente un riferimento alla primavera:

Morte e primavera in fiore
si disputavano l'acqua chiara
acqua che accresceva la sete

E ancora, poco più avanti:

Solo la rosa contratta
il tallo ardente, una fiamma
e quell'estasi nell'erba

L'analisi formale ci ha permesso di distruggere l'ipotesi che il poeta si fosse adattato ad una rima scadente. Però, anche se così fosse stato, dobbiamo ricordare quelle parole che egli presenta alla fine di Explicação:

Se meu verso não deu certo, foi seu ouvido que entortou.
Eu não disse ao senhor que não sou se não poeta?

(Se il mio verso non funziona, è stato il tuo udito che si è rotto.
Non ho forse detto che non sono altro che un poeta?)

In questo modo, questa analisi formale ci ha permesso di concludere che la poesia considerata non é oscena. La letteratura oscena si compiace nella considerazione di atti fini a se stessi, più che del proprio background e procura eccitamento a chi la legge.

Tutte le poesie di L'Amore naturale sono poesie di circostanza, come lo riconobbe lo stesso Drummond nel sottotitolo della sua opera postuma Poesia errante. Eccessi lirici (altri meno ed altri per niente). Però incontreremo sempre il marchio del genio, la perfezione della forma, la versificazione adeguata, lo stile inimitabile, l'osservazione acuta, perché il leone si riconosce dalla fame.

Potrete chiedervi come io abbia potuto accedere a un'opera quasi inedita come L'amore naturale, di cui si dice che ne esistano solo due esemplari. Il mio, numero uno, mi fu regalato proprio da Carlos Drummond de Andrade, con la seguente dedica: "Prima copia, dell'edizione di 2, fatta da S.A. e dedicato a Manolo, con un abbraccio da Carlos. Rio, 6/5/81.". Questo esemplare lo mantenni nella mia biblioteca fino a poco tempo fa, quando mi sembrò più appropriato lasciarlo a mio figlio Pedro Augusto, nipote del poeta e che attualmente si occupa di tutto ciò che concerne l'opera di suo nonno. Sarà Pedro Augusto, sotto consulto di suo fratello, a decidere se L'Amore naturale dovrà essere portato alla pubblicazione o meno.

Non potrei terminare questa dissertazione senza dedicare alcune parole all'amore più intenso che provò Carlos Drummond de Andrade in tutta la sua vita: quello per sua figlia Maria Julieta. In realtà il poeta trattò di lei ben poche volte nella sua poesia. La prima volta che viene menzionata é in A rua diferente, pubblicato quando Maria Julieta aveva due anni. La seconda citazione avviene nella poesia Resìduo, con la quale si paragona fisicamente alla figlia. La terza volta in cui menziona la figlia, con orgoglio paterno, é in A mesa, scritta nel 1952, quando Maria Julieta aveva 24 anni.
L'ultimo riferimento avviene in Aspectos de uma casa, che descrive l'appartamento in cui Maria Julieta passò gli ultimi anni a Buenos Aires, prima della sua morte. Qui si arrischia a chiamarla con il suo primo nome, Maria. Si direbbe quindi che il poeta ha avuto una specie di pudore, nel confessare questo grande amore.
Quando Maria Julieta si ammalò gravemente di un male incurabile, fu un pò anche la fine del padre. Egli non poté sopportare la vita senza di lei, e come gli amori erotici lo avevano aiutato a vivere, questo, libero di tutta la connotazione erotica, lo portò alla morte. Entrambi riposano uniti, sereni, nella tomba del cimitero di São João Batista.
Il poeta spagnolo Jorge Manrique, autore delle celebri Coplas a la muerte de su padre (Strofe alla morte del padre), assicura che all'uomo sono concesse tre vite: la vita della carne, la vita della fama, e la vita eterna dell'anima. Né Carlos, né Maria Julieta credettero in quest'ultima, ma entrambi inseguirono la vita mondana, e incontrarono la vita della fama.
Addio allora alle migliori opere che un giorno si chiamarono Carlos Drummond de Andrade e Maria Julieta Drummond de Andrade. Perché la vita della fama non si estinguerà per questo padre e questa figlia.




Carlos Drummond De Andrade


        
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