ALL’AEROPORTO

 

Federica Merani

 

– Certo ti spennano in questi bar dell’aeroporto. Cinque euro un panino non è mica poco.
– Mh.
– Dove hai detto che vai?
– Toronto.
– Viaggio-studio?
– Beh, vado dal cugino di mio padre…i miei genitori vogliono che impari un po’ d’inglese. Ci faccio tutta l’estate. Prima dell’università.
– A cosa ti iscrivi?
– Ingegneria.
– Ah, però!…Oh, santo cielo, guarda come si è conciata quella!
– Mh.
– …io invece vado a Parigi per lavoro. Faccio il medico. Un congresso. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. E poi si scopa…alla grande. Ma dai, guardala…guarda che culo. Enorme. Un pachiderma. Giusto il tipo da fusò e canotta corta…
– Ci ha pure il piercing all’ombelico.
– Ma dai! Peserà centoquaranta chili. Come hai fatto a vederle l’ombelico?
– Che poi di viso non è mica brutta, poveraccia…
– Ok, però…sarà sicuro americana. Vedrai a Toronto! Son tutte così: tanta roba.
– Invece mi sa che è italiana. Sarà meglio che abbassiamo la voce, anche perché sta venendo proprio qui…
– Sì, mi sa che viene proprio al nostro tavolo…
– Salve. È libera questa sedia?
– Sì sì, prego. Aspetti, tolgo lo zaino…
– Grazie…che caldo. Ma cos’è, s’è rotta l’aria condizionata? Penserete che è colpa del grasso, lo so. E avete anche ragione…Certo son scorbutici forte lì al bar. Si vede che di tenersi buoni i clienti non ce n’hanno bisogno. Con tutto questo via vai! E poi oh, quella barista non è mica l’unica ad essersi alzata con la luna storta. E io allora che cosa dovrei dire? Sto andando al funerale di mia madre, ma questo non è mica un buon motivo per trattar male la gente!…e voi dove siete diretti?
– Parigi. Mi dispiace per sua madre.
– E allora, che ci si può fare…e tu invece?
– Sto andando a Toronto a studiare un po’ d’inglese.
– Toh, guarda! Allora prendi il mio aereo. È lì che abita…che abitava mia madre. Ci devo ancora fare l’abitudine. Bella città. Non ci andare d’inverno, però…ci fa un freddo! Va bene che è sempre meglio il freddo di questo caldo appiccicoso qua. Pensare che siamo solo a metà giugno…L’unica cosa che mi dispiace è che è morta sola. In casa. L’ha trovata mio fratello quand’è tornato dal lavoro. Non dev’esser bello morire da soli. Oddio…poi magari alla fin fine è meglio, così non hai da preoccuparti per chi ti deve guardare morire. O no?…ma i vostri panini son buoni? Il mio a vederlo non mi fa mica voglia…
– Mah…lo dicevo prima a lui, il fatto è che sono cari. Cinque euro per un panino non è mica poco. L’euro ci ha davvero rovinati, non c’è che dire…
– Mh…a Toronto è cara la vita?
– No, non più di tanto, vedrai. Anche se sono almeno cinque anni che non ci torno. Però so che mio fratello non si lamenta. Almeno non come ci lamentiamo noi. Certo cinque anni senza vedere la propria madre son tanti. Ormai è andata così… indietro non si torna, giusto?
– Stanno annunciando il mio volo…mi sa che vi devo salutare…in bocca al lupo per l’università…
– Grazie…e buon…lavoro con il suo congresso.
– …di nuovo condoglianze…
– Grazie, buon viaggio…noi che facciamo, quanto manca?
– Trentacinque minuti. Mi sa che intanto vado al bagno e vedo di trovarmi qualcosa da leggere. Mi sono dimenticato il libro a casa. L’avevo appena cominciato…tanto ci vediamo dopo al gate.
– Certo. A tra poco, allora.
– Mi dispiace molto per sua madre. Davvero.
– Ti ringrazio, caro.
– …magari potrei venire al funerale. In fondo sarò a Toronto e…
– Un funerale non è una bella cosa. Lascia perdere…grazie per il pensiero. Sei un bravo ragazzo. Se ti do i soldi me lo prendi Ciak?
– Sì, certo…però coi soldi ci rifacciamo dopo.
– Ok.




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