Un orizzonte poetico

Jean-Michel Folon







 

 

 

 

 

 

 




 

 

 

 

 

 




 

 

 

 

 

 






Jean-Michel Folon
Pittore belga (1934-2005)







La luce di Folon

Federico Fellini

Lo stile è la luce. La luce viene prima di tutto, anche prima dell'idea, come dice Leo Pestelli. Lo stile è la luce, come in pittura. Pittura e cinema hanno fra loro stretti rapporti. La cinepresa serve a fissare la distanza tra l'autore e le cose ed essa stessa partecipa alla composizione dello stile: solo con i suoi movimenti funziona in modo molto simile a quel che è la sintassi per la scrittura. Per quel che mi riguarda muovo ben poco la cinepresa. Perché credo che nell'espressione, quel che conta è il taglio dello spazio, è la precisione di quel che succede all'interno di questo spazio magico che è il piano.
Quando guardo gli acquarelli di Folon, penso che procedono con lo stesso andamento. Quello che conta è il taglio dello spazio, è la precisione di quel che succede all'interno di quello spazio magico che è un foglio bianco. Egli esprime tranquillamente delle certezze. Non sopporta nessuna illuminazione incerta. Oggi, al contrario, c'è un'estetica che affida la sua teoria al caso. Come se la pittura e il cinema approfittassero dell'ignoranza della gente. Personalmente credo a un metodo di lavoro totalmente diverso. Bisogna agire con rigore su questa nebulosa vaga e incerta che è la cosa inventata.
Credo alla luce e la luce deve essere quella che l'immaginazione domanda. La luce di Folon non sarà mai quella che il sole gli può dare. Ha inventato una luce strana, venuta da altrove. Le sue immagini rappresentano spesso le stesse colline, apparse nella nebbia all'orizzonte. Ciò gli ha permesso di dare un colore alla nebbia. Come se si inventassero tutte le cose di cui si ha bisogno. Invento, anch'io, il cinema di cui ho bisogno. Credo nel cinema che si fa ricostruendo negli studi la luce del giorno e anche il mare. Ho ricostruito il mare in Amarcord. E niente è più vero di quel mare sullo schermo. È il mare che volevo e che il mare vero non mi avrebbe mai dato.
Folon ha ricostruito delle città blu immaginarie. E niente è più vero di quelle città sulla carta. Sono le città che voleva e che le tristi città di oggi non gli avrebbero mai dato. So anche l'inattualità di tutto ciò: i limiti, le ebbrezze che ciò comporta, i rischi pericolosamente romantici. Per Folon, non conosco alcun altro punto di vista dove si senta a suo agio in accordo con se stesso. Così è per me. Si tratta di immagini e soltanto di immagini. Si tratta di un gioco di cui noi inventiamo le regole. Perché poi, possiamo giocarci. È la nostra libertà.






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