OH, FRATELLO!

Mark Leyner




Aaron e Joshua Zeichner: fratelli gemelli accusati di omicidio di primo grado per l'uccisione dei genitori, Sam e Adele. Arma del delitto: fuoco di artiglieria, granate e fucile mitragliatore. La difesa di Aaron e Joshua, ventitre anni, è affidata all'irruente e istrionica avvocatessa Susannah Levine, maestra di virtuosismo tattico. La tesi sostenuta dalla Levine è che i suoi clienti - i quali si sono dichiarati colpevoli - siano stati vittime di una paura irrazionale che li ha indotti a credere erroneamente, ma in buona fede, che i loro genitori avessero intenzione di ucciderli. Organizzando una difesa basata sull'opinione di innumerevoli periti e culminata con l'esplicita e toccante testimonianza degli stessi fratelli, la Levine ha elaborato metodicamente la teoria secondo la quale, per quanto non direttamente minacciati al momento dell'omicidio, i gemelli Zeichner avrebbero ucciso il padre e la madre poiché temevano per la propria vita. La Levine si è rivolta alla giuria supplicandola di applicare il principio di "legittima difesa imperfetta" e di emettere un verdetto di omicidio volontario con le attenuanti del caso. Un verdetto che salverebbe i gemelli dalla sedia elettrica e potrebbe addirittura tradursi in una condanna ad alcuni anni di reclusione.

Ma le analogie con il processo svoltosi a Los Angeles a carico dei fratelli Erik e Lyle Menendez finiscono qui. Infatti, a differenza dei fratelli Menendez e della loro avvocatessa, Leslie Abramson, secondo la quale sarebbe stata un'infanzia segnata da abusi e mal-trattamenti a far temere ai due ragazzi che i genitori fossero sul punto di ucciderli, la Levine e gli Zeichner sostengono al contrario che è stata una vita di affetto e dedizione esemplari a spingere i figli a uccidere il padre e la madre per legittima difesa.

È un peccato che la brillante cornice del processo Menendez - dove il lusso, i privilegi e i lustrini di Beverly Hills vengono sbattuti in primo piano dai servizi quotidiani della Court TV, rimasticati ogni mattina per la massa nei titoloni indignati dei giornali scandalistici e rivisitati con fiumi di aggettivi da un manipolo di elzeviristi di grido capaci di strappare effetti raciniani dalle tastiere ergonomiche dei loro PowerBook - abbia completamente eclissato il caso Zeichner. Trent Oaks - dove Sam e Adele Zeichner sono stati massacrati a colpi di obice, granate a razzo e raffiche di proiettili Luger 9 mm con una tempesta ininterrotta di fuoco durata venti minuti mentre erano nel loro studio a preparare il saggio di ammissione di Aaron all'università di Pennsylvania - non è Beverly Hills, ma un normalissimo sobborgo dove risiedono famiglie della media e alta borghesia, che ha come uniche fonti di orgoglio e distinzione il centro commerciale e la squadra di calcio delle superiori.

Nessuna TV via cavo, nessun tabloid, nessun Dominick Dunne si è preso la briga di entrare fra gli stucchi del modesto edificio stile Tudor del Tribunale della Contea di Trent Oaks: quasi sempre, infatti, nella tribuna riservata al pubblico ci sono solo i parenti, qualche testimone e io, che seguo il processo Zeichner per la rivista tedesca Der Gummiknüppel. La disparità di trattamento che i media hanno riservato al processo è particolarmente deplorevole in quanto l'esame accurato della tesi della "legittima difesa imperfetta" (nonché delle sue ripercussioni e implicazioni per la nostra società) che il caso Zeichner ci ha offerto, è assai più illuminante rispetto al processo Menendez.

Nel caso Zeichner non c'è traccia di un'infanzia di abusi e mal-trattamenti, né di un padre tirannico, o di una madre psicologicamente instabile; al contrario, siamo di fronte a giovani viziati e coccolati nella bambagia di un giardino dell'Eden. Abbiamo il padre, Sam Zeichner, che quando Aaron ha otto anni si sottopone a un intervento chirurgico ai muscoli rotatori del polso per poter lanciare e allenare alla battuta il figlio, astigmatico e scoordinato, ma che muore dal desiderio di far parte della locale squadra di baseball. Sam Zeichner, un padre che per un mese intero passa tutte le notti e tutti i fine settimana a modellare nel marzapane una carta topografica del campo di battaglia di Waterloo, e tutto per Joshua, che è un patito delle guerre napoleoniche e ha una passione bulimica per i dolcetti di pasta di mandorle. E poi abbiamo Adele Zeichner - donna vivace, condiscendente, socievole, ingegnosa - decisa a non negare ogni possibile vantaggio ai suoi figli, motivo per cui tutti i giorni andava e tornava dal lavoro tenendo le cuffie del walkman appoggiate sul ventre per permettere a Joshua e Aaron nell'utero di ascoltare Telly Savalas che recitava gli Epinici di Pindaro in greco antico. Adele Zeichner, che ogni mattina si lambicca il cervello per inventare panini sempre nuovi per lo spuntino dei figli. Dai Fluf-fernutter con panna spalmata su pane di noci, al pane arabo senza crosta imbottito con fette di manzo Kobe, alla focaccia con Stilton fuso e ripieno di trippa, in dodici anni di scuola i gemelli Zeichner non hanno mai trovato lo stesso panino nel cestino del pranzo. (Secondo la stima di un esperto di logistica, testimone per la difesa, Adele Zeichner avrebbe preparato più di 1.920 panini diversi per i suoi ragazzi.)

Dalle fotografie della stanza dei ragazzi risulta chiaro che ai gemelli non mancava proprio nulla: TV a schermo gigante, computer con CD-ROM, telefoni cellulari, distributori automatici di Coca-Cola, spiedi per souvlaki, ecc. Non c'era compleanno che non venisse festeggiato con party animati da clown e intrattenitori, permessi speciali per assistere dietro le quinte agli show più famosi, posti in tribuna sulla linea delle cinquanta iarde per il Super Bowl, o trekking nella foresta pluviale dell'Equador. Quanti sono i bambini che per il loro decimo compleanno possono dire di aver ricevuto in regalo una cerbottana con freccette avvelenate al curaro e una torta a tre strati di manioca dai cacciatori di teste jivaro, notoriamente dediti agli allucinogeni?

Ma non erano genitori che si limitavano a elargire beni materiali ai loro figli, no; li avevano seguiti, assecondati, compresi in ogni difficile momento della crescita. Se avevano problemi di algebra, ecco le lezioni private; se erano un po' deboli in ginnastica, ecco che intervenivano gli psicologi dello sport. Quando giunse il momento degli inevitabili esperimenti adolescenziali, che si trattasse di travestitismo o satanismo, ecco che mamma e papà erano lì, pronti a facilitare quei difficili riti di passaggio, con Sam che rovistava negli scatoloni di libri del college alla ricerca di un volume di Aleister Crowley, e Adele che prestava a Josh il suo abito in velluto e chiffon di Carolina Herrera per lo struscio lungo la via principale del centro commerciale. Mai una volta si era levata sui ragazzi una mano adirata, mai erano stati vittima di un rimprovero o di un commento sarcastico. Anzi accadeva spesso che i vicini notassero la luce accesa fino a tardi nella camera da letto, dove Sam e Adele ascoltavano pazienti le tribolazioni adolescenziali dei loro fogli, senza mai trattarli con condiscendenza o sufficienza, ma sempre con rispetto.

E ogni gesto d'amore non faceva che aumentare in Joshua e Aaron la certezza che i genitori fossero pronti a ucciderli. Più Sam e Adele si mostravano comprensivi e generosi, più i figli temevano che fossero sul punto di compiere il gesto fatale. O meglio: questo è quanto Susannah Levine vorrebbe farci credere.

Stando alle argomentazioni della difesa, avvalorate anche dalla testimonianza dei due ragazzi, era stata la televisione a inculcare nei gemelli Zeichner la convinzione che il normale comportamento dei genitori dovesse per forza essere sprezzante, antagonistico e prevaricatore. Di conseguenza la comprensione e la dolcezza dei loro genitori veniva giudicata "bizzarra", "inquietante" e, in definitiva, una "grave minaccia".

Durante la sua prolusione, rivolgendosi alla giuria e sottolineando le proprie affermazioni con frequenti testate contro la colonna adiacente agli scranni dei giurati, la Levine chiese: "Quanti film per la TV, quante confessioni di personaggi celebri, quanti episodi di 'Vita in Prima Serata', '60 minuti' e '48 ore' e 'A tu per tu con Connie Chung' hanno dovuto guardare questi ragazzi per convincersi che la normale educazione dei figli si basa soprattutto sulla prevaricazione, che il rapporto tra genitori e figli non sfugge alla contrapposizione violenta, e che quindi i loro genitori, Sam e Adele Zeichner, non erano normali, che c'era qualcosa di molto, molto strano nel modo in cui li trattavano? Per Aaron e Joshua c'erano dunque solo due possibilità: o i loro genitori cercavano consapevolmente di nascondere - in altre parole perpetravano un malefico inganno per cullare i figli in un falso senso di sicurezza - o reprimevano inconsciamente un desiderio profondo di ucciderli. Per Aaron e Joshua ogni nuovo regalo e ogni nuova manifestazione di comprensione e simpatia erano un passo ulteriore verso quello che loro stessi definivano 'il punto di rottura'."

Durante l'interrogatorio, Joshua rievocò il momento in cui per la prima volta lui e suo fratello si resero conto che i genitori stavano pericolosamente sfuggendo a ogni controllo.

LEVINE: C'è stato un periodo in cui tu e tuo fratello non avevate paura dei vostri genitori?

JOSHUA: Quando eravamo molto piccoli pensavamo che il comportamento dei nostri genitori fosse normale: credevamo che andasse così in tutte le famiglie... fino a quando non ci siamo resi conto di come gli altri genitori trattavano i figli.

LEVINE: E ve ne siete resi conto guardando la televisione?

JOSHUA: Guardando la TV e gli altri ragazzini.

LEVINE: Ma non c'è stata un'occasione particolare... una cena?

JOSHUA: Sì. Era più di una settimana che insistevo perché la mamma mi facesse uno dei miei piatti preferiti, l'aragosta in salsa di fagioli neri, e alla fine si è lasciata convincere e mi ha detto che potevo invitare un amico. Quel pomeriggio, appena tornata dal lavoro, si è messa in cucina; si tratta di un piatto complicato, perché lei prepara anche tutti i contorni, e la cosa andava per le lunghe e così io, Aaron e il nostro amico Sean, che era venuto a cena, a un certo punto non ci vedevamo più dalla fame, allora siamo usciti e siamo andati a rimpinzarci da Wendy. Quando siamo tornati a casa abbiamo visto che la mamma aveva preparato una tavola bellissima; era molto stanca, ma anche molto felice perché sapeva quanto adoravo quel piatto. Ci siamo seduti tutti a tavola, ma io, Aaron e Sean eravamo così pieni che non riuscivamo a mandar giù un solo boccone; allora siamo stati costretti a dire ai miei genitori che eravamo andati da Wendy, perché non ci andava di aspettare che fosse pronto.

LEVINE: E qual è stata la reazione dei vostri genitori?

JOSHUA: Hanno detto che era più che comprensibile che lo stomaco avesse l'ultima parola quando si aveva tanta fame; e la mamma ha detto di non preoccuparci se non riuscivamo a mangiare, che avrebbe preparato i panini con l'aragosta da portare a scuola il giorno dopo. E poi tutti e due hanno detto che non aveva senso che rimanessimo a tavola se non mangiavamo e che potevamo alzarci e andare a giocare, se volevamo.

LEVINE: Ricordi le parole del vostro amico quando siete rimasti soli?

JOSHUA: Ha detto che i nostri genitori erano davvero molto, molto strani. Ha detto che se lui avesse fatto quello che avevamo fatto noi, i suoi genitori l'avrebbero riempito di botte. Era sorpreso e credo anche sconvolto dalla reazione dei nostri genitori.

LEVINE: Ricordi cosa avete provato tu e Aaron quella sera?

JOSHUA: Eravamo spaventati, molto spaventati.

LEVINE: Joshua, adesso voglio che da quella prima notte di paura tu passi all'ultima notte, quella decisiva: la sera dopo il diploma, i vostri genitori vi hanno fatto un regalo?

JOSHUA: Sì, hanno regalato a ognuno di noi una Infiniti J30 nuova di zecca.

LEVINE: E ricordi cosa avete provato?

JOSHUA: Eravamo assolutamente terrorizzati. Per noi quella era la goccia che faceva traboccare il vaso e sapevamo che se non avessimo agito per primi, sarebbe stata la fine.

LEVINE: Quando dici "la goccia che faceva traboccare il vaso" e parli di "fine", cosa intendi?

JOSHUA: Intendo dire che i nostri genitori stavano per ucciderci.

LEVINE: E con "agire per primi", cosa intendi?

JOSHUA: Un attacco preventivo.

L’ "attacco preventivo" riferito da Joshua Zcichner nella sua testimonianza passerà senza dubbio alla storia come una delle aggressioni più brutali negli annali dei casi di parricidio.

I ragazzi sistemarono un obice da 105mm su una collinetta a parecchi isolati dall'abitazione degli Zeichner e utilizzando apparecchiature a infrarossi per l'azione notturna, scaricarono una salva di artiglieria sulla loro casa. Cupa testimonianza di quell'implacabile bombardamento sono le decine di bossoli ritrovati dalla polizia. Poi i ragazzi tornarono a casa con una delle due nuove Infiniti e dal bagagliaio della macchina estrassero un RPG di fabbricazione sovietica (un lanciagranate anticarro con propulsione a razzo), un fucile mitragliatore 9mm Heckler & Koch N1P5SD3 e una pistola semiautomatica Glock da 9mm a venti colpi. Indossato un elmetto balistico Kevlar munito di occhiali con puntamento laser IL-7 Mini-Laser IR, Aaron si inginocchiò sul prato e sparò una dozzina di granate coniche anticarro con propulsione a razzo nella stanza in cui i suoi genitori stavano lavorando. Poi i due ragazzi scavalcarono la finestra e spararono raffiche a ripetizione nella stanza con il mitragliatore da 9mm.

Durante l'interrogatorio in aula, Aaron raccontò i particolari dell'attacco:

LEVINE: Sapevi cosa stavano facendo i tuoi genitori in quel momento?

AARON: Stavano preparando la prova di ammissione di Joshua alla Penn.

LEVINE: Perché la stavano preparando loro? Perché non l'aveva fatto Joshua?

AARON: Joshua aveva scritto un saggio orribile... anzi, non si poteva nemmeno definire tale, era solo un'accozzaglia di fregnacce che aveva buttato giù in due minuti; poi l'aveva fatto vedere ai nostri genitori e loro avevano detto: "Tesoro, perché non ci lavori un po' su e cerchi di sviluppare qualcuno dei concetti interessanti che hai abbozzato?" o qualcosa del genere. Doveva essere pronto per il giorno dopo. Ma Josh quella sera proprio non ne aveva voglia.

LEVINE: E ricordi perché non ne aveva voglia?

AARON: Forse perché c'era Baywatch, che era uno dei nostri programmi preferiti.

LEVINE: Quando i vostri genitori hanno detto a Josh di riscrivere l'elaborato e lui ha risposto di no perché non avrebbe potuto vedere Baywatch, qual è stata la loro reazione?

AARON: Hanno detto più o meno: "Josh, sei stato parecchio sotto tensione, ultimamente: il saggio, lo scriviamo noi, tu rimani a guardare il programma con tuo fratello".

LEVINE: E questo come vi ha fatto sentire?

JOSHUA: Assolutamente terrorizzati. A quel punto eravamo sicuri che i nostri genitori avessero in mente di ucciderci.

LEVINE: Puoi spiegare alla corte perché siete arrivati a quella conclusione?

AARON: Abbiamo pensato che fosse l'ultima fase del loro approccio passivo/aggressivo nei nostri confronti... quell'atteggiamento così supercarino e tollerante prima o poi si sarebbe trasformato in vera ostilità, e quella sera abbiamo concluso che poteva succedere da un momento all'altro.

LEVINE: Quante volte è stata colpita la parte della casa dove i tuoi genitori stavano lavorando?

AARON: Direi che tre o quattro colpi sono andati a segno.

LEVINE: E poi siete entrati?

AARON: No, prima ho sparato un paio di granate nello studio.

LEVINE: Sei stato tu il primo a entrare?

AARON: Sì.

LEVINE: Tuo padre era ancora vivo?

AARON: No.

LEVINE: E tua madre?

AARON: Lei era ancora viva... più o meno.

LEVINE: Aaron, quanti colpi ci sono nel caricatore di un fucile mitragliatore Heckler & Koch da 9mm?

AARON: Trentadue.

LEVINE: E quanti caricatori avete sparato tu e tuo fratello?

AARON: Otto caricatori, mi sembra.

LEVINE: E poi cosa è successo?

AARON: Siamo rimasti senza munizioni... e la mamma era ancora viva. Così abbiamo deciso di andare al negozio a comprarne altre, ma non avevamo soldi.

LEVINE: E allora cosa avete fatto?

AARON: Ho chiesto i soldi alla mamma.

LEVINE: E lei cosa ha detto?

AARON: Ha detto di cercare il portafoglio nella sua borsa e di prendere quello che ci serviva.

LEVINE: E quando siete tornati a casa con le munizioni, cosa stava facendo vostra madre? Stava cercando di uscire dalla stanza?

AARON: No, stava cercando di terminare la prova d'ammissione.

LEVINE: Non ho altre domande da porre al teste per il momento, Vostro Onore.

Susannah Levine appartiene a quella folta schiera di discussi avvocati difensori, di volta in volta lodati o denigrati dai colleghi, che sfruttano fino in fondo il peso della loro notorietà in ogni causa nella quale si cimentano.

Il presidente della National Association of Defense Attorneys, Blair Potts, presentando la Levine a un recente raduno del NADA a Cozumel, ha dichiarato: "Immaginate una sacerdotessa-architetto Maya che trasforma un tratto di giungla maleodorante e invivibile in un labirinto di acquedotti, canali e fognature la cui simbologia matematica e astrologica diventa comprensibile solo da un’osservazione aerea e avrete una vaga idea della bravura di Susannah Levine nell’elaborare convincenti e raffinate strategie di difesa sulla base delle intricate strutture mentali dei suoi clienti."

Di tutte le manovre e trovate geniali usate in aula dalla Levine, quella che ha suscitato i dibattiti e le reazioni più accese è senza dubbio l'appassionata perorazione della teoria della "legittima difesa imperfetta", secondo la quale una persona, anche se non subisce un attacco diretto, ma ritiene che qualcuno voglia ucciderla, può invocare la legittima difesa come circostanza attenuante o addirittura assolutoria in un caso di omicidio.

Walter M. Elkin, già procuratore distrettuale e ora docente di legge al FIT di New York, ha scritto una serie di articoli in cui denuncia la teoria come "nichilista" e critica la Levine per quella che egli definisce una "predicazione perniciosa e utilitaristica".

"Se ammettiamo il principio che le persone possano uccidersi fra loro semplicemente perché colgono i segni di un'ipotetica minaccia alla loro vita, tra non molto le nostre comunità finiranno per disintegrarsi in una miriade di zone dove ciascuno combatte una guerra civile privata, sostiene Elkin. "Ci trasformeremo in una nazione di 250 milioni di tribù belligeranti formate da una sola persona.

La Levine è insensibile alle critiche. "La mia unica responsabilità è quella di difendere i miei clienti al meglio delle mie capacità. Se vi sembro petulante o monomaniaca è solo perché mi stanno profondamente a cuore i loro interessi: sono persone perbene che si trovano imprigionate nel riflusso di una cultura paradossale e brancolano nel buio per sopravvivere".

"La guerra fredda non è finita, ma si è spostata dai rapporti geostrategici a quelli interpersonali. La legittima difesa imperfetta è semplicemente il sottoprodotto della dottrina dell'attacco preventivo che governa oggi i nostri comportamenti nelle strade come nelle camere da letto. Dobbiamo arrivare a una versione interpersonale del MAD, ovvero della mutua distruzione assicurata: se ciascuno di noi fosse nelle condizioni di scatenare una massiccia rappresaglia contro il prossimo, avremmo un efficace deterrente per frenare l'impulso di ammazzarci a vicenda. Ne risulterebbe una sorta di stato pandemico e non ci sarebbe più bisogno di gente che, come me, arringa nei tribunali, sbatte la testa e sputa sangue in nome della giustizia."

Dopo la conclusione del caso Zeichner, la Levine andrà a Minneapolis per assumere la difesa di una ragazza la quale, ritenendo che i suoi genitori fossero convinti che lei volesse ammazzarli, era giunta alla conclusione che fossero loro a volerla uccidere per evitare il peggio, così li ha fatti fuori per prima... in altre parole, un caso di prevenzione di una malintesa prevenzione anticipata.

"Sarà un caso davvero interessante" ha dichiarato entusiasta la Levine. "Qui la paura si proietta specularmente all'infinito: paranoia nella paranoia, come un gioco di scatole cinesi."

Un pomeriggio sul tardi (la giuria del processo Zeichner si era appena ritirata in camera di consiglio) vidi la Levine posare la sua ventiquattrore in una Infiniti J30 color verde giada nuova fiammante parcheggiata davanti al tribunale della contea di Trent Oaks. Si accorse che stavo osservando la macchina.

"È il mio onorario" commentò con una scrollata di spalle.

"È quella di Aaron o di Joshua?" le chiesi.

"Di Aaron. A dire il vero preferivo quella rossa di Josh, ma l'hanno confiscata come prova."

Risi.

"Parlando seriamente" riprese lei. "Se mai le capitasse di ammazzare i suoi genitori..."

Mi porse il suo biglietto da visita.

"Senta, i miei genitori erano due persone stupende" dissi, "ma certo non come Sam e Adele Zeichner!"

Scosse la testa con aria minacciosa. "Probabilmente erano migliori di quanto lei non sappia. Forse non riesce neanche a ricordare le cose veramente belle che hanno fatto per lei. Ci vorrebbero anni di terapia per farle riaffiorare."

Avviò il motore e scomparve in una nuvola di fumo di scarico.

Le strade erano deserte a causa delle severissime disposizioni sul coprifuoco, recentemente entrato in vigore, che proibiva agli adolescenti armati di radunarsi in luoghi pubblici dopo le tre dei pomeriggio. Il cielo al crepuscolo era una sinfonia di azzurro, rosa e vermiglio.

Infilai una cassetta nel walkman e ascoltai Telly Savalas che intonava la dodicesima ode olimpica di Pindaro:

hai ge inen andrón

poll’ anò, ta d' an kató

pseudé metamónia tamnoisai kiilindont' elpides

"Le speranze degli uomini veleggiano e cadono, ondeggiando all'infinito, sorrette dalle falsità che si innalzano e precipitano sulle ali del vento."



L'autore, Mark Leyner


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