UNDICI MAGGIO

Rubem Fonseca




La colazione, il pranzo e la merenda sono serviti nel cubicolo. Portare gavette e tazze in ogni cubicolo è un enorme lavoro. Se lo fanno ci sarà pure un motivo.
Nel cubicolo c'è un letto, un armadio, un vaso da notte e un televisore. La tv resta accesa tutto il giorno. Ci sarà un motivo, anche per questo. I programmi sono trasmessi a circuito chiuso da qualche punto del Pensionato. Vecchie telenovelas, trasmesse ininterrottamente.
Oggi un Fratello ha sequestrato una radio che Baldomero stava montando. Era stata la figlia a portargli i pezzi. Ascoltare è permesso, ha detto il Fratello, ma il tempo libero non può essere fonte di ingiustizia, qui tutti devono avere le stesse cose. Così, addio giocattolino di Baldomero.


Baldomero, prima di andare in pensione, era ingegnere elettricista. Dice lui che ha inventato una tecnica di distribuzione sotterranea di elettricità, chiamata sistema polidictoide. Io sono, cioè, ero, professore di storia, le mie conoscenze tecniche sono minime, non so se quel che dice sia vero, i vecchi dicono molte bugie. Baldomero si è depresso molto con il pensionamento. Prima di venire qua è stato ricoverato in una clinica di adattamento al tempo libero, nella quale dice lui senza rancore, è stato trattato con l'elettrochoc. Con il mestiere che faceva, non devono essere stati i primi che ha preso. Siamo arrivati all'Undici Maggio nello stesso periodo. Lui è un uomo depresso, un giorno di questi si suicida. Accade spesso che i vecchi si tolgano la vita, a causa della malinconia dell'ozio, della solitudine, della malattia. Il novanta per cento delle persone con più di sessant'anni soffre di qualche malattia.


Sono seduto nel cortile con Baldomero e un uomo chiamato Pharoux, che è stato un poliziotto. A Pharoux manca un occhio, perso in un diverbio di strada, secondo quanto riferisce. E' un uomo di poche parole, diffidente, magro, con il viso solcato da rughe profonde. L'occhio mancante è tappato da una benda nera. Sembra un pirata delle favole, avrei voglia di dirglielo, ma so che non ha senso dell'umorismo e me ne sto zitto.
Dal posto in cui mi trovo vedo il comignolo del nostro inceneritore, che butta fumo. Il fumo è nero. Che tipo di rifiuti bruceranno? Avanzi di cibo, cartacce? Il fumo è diventato bianco.
Hanno appena scelto un nuovo Papa, dico.
Pharoux mi guarda serio. Rido, ma lui rimane serio. E' un uomo dalla personalità forte e sempre di malumore.


Sui muri del cortile c'è una scritta: La vita è bella. C'è scritto pure: E' giunta l'ora del raccolto.
Sai che cosa raccogliamo?, chiedo a Baldomero.
Cotognata masticata, dice Baldomero.
Sbadigli, dico io. Stavo per dire: morte, questa è la raccolta che ci resta. Ma un vecchio inerte, pigro e annoiato può aprire solo la bocca per sbadigliare.
Sbadiglio, apro la bocca il più possibile. Chiedo a Baldomero se sa quanti siamo al Pensionato Undici Maggio.
Non lo sa.
Nessuno lo sa. Magari quel grassone del direttore lo sa.


I cubicoli del mio piano sono sessanta.
Ciao Guilherme, dico infilando la testa nel primo.
Guilherme mi sorride, mostrando le gengive grigiocenere. Sdraiato nel letto, guarda la televisione.
Ho una lista con il nome degli occupanti di tutti i cubicoli della mia ala. C'ho impiegato un giorno intero per stilarla. Sono sessanta cubicoli. Nessuno sa che ho questa lista.
Li visito uno per uno.
Ciao Moura.
Ma non è Moura che sta là, seduto sul vaso, a guardare la televisione. E' un altro vecchio. Dice di chiamarsi Aristides. Segno la data di entrata di Aristides. E la data di uscita di Moura.
Moura è durato un mese. Ma prima di scomparire e cedere il suo posto a un altro, Moura aveva cominciato a trascinarsi per i corridoi, senza una meta precisa. Non ascoltava più quello che gli dicevano, non si faceva la barba e alla fine non si alzava più dal letto allegando debolezza e dolore alle gambe.


Che avete tanto da chiacchierare?, chiede il Fratello.
Io e Pharoux siamo seduti sulla stessa panchina del cortile. Non so perché, ma quando ho visto Pharoux mi sono seduto accanto a lui.
Non stiamo chiacchierando, dice Pharoux.
Perché non siete a guardare la televisione?, chiede gentilmente il Fratello. E' già finita da un pezzo l'ora della ricreazione nel cortile.
I Fratelli non perdono mai la pazienza.
Non mi piace la televisione, spiega Pharoux.
Andiamo, andiamo, dice il Fratello in modo affabile, prendendomi per il braccio e conducendomi al cubicolo, è l'ora di riposare.


Sono sdraiato nel cubicolo. Non c'è modo di spengere quella maledetta televisione. L'apparecchio viene acceso e spento da un telecomando dallo stesso luogo da cui viene trasmessa l'immagine.
Il Fratello mi ha portato fino alla camera come se fossi un vecchietto. Come un vecchietto, l'ho lasciato fare. Non voleva che conversassi con Pharoux. Pharoux l'ha lasciato stare però. Paura di Pharoux? E' pur vero che se il Fratello non voleva che parlassimo e se io ero già stato allontanato, era meglio per lui lasciare in pace Pharoux, come ha fatto.
Pharoux ha detto che non stavamo parlando, ma non era vero. Noi stavamo parlando.
Riesco a dormire solo la notte, aveva detto Pharoux.
Io dormo sia il giorno che la notte. Basta che mi sdrai e mi addormento subito, risposi.
E' questo che loro vogliono. Più dormi e più dormiresti. Un bel giorno non ti svegli più.
Pharoux aveva appena detto questo quando è arrivato il Fratello.


Il Direttore mi ha mandato a chiamare. Il suo ufficio è in una torretta della stessa altezza dell'inceneritore, ma dall'altro lato. Il Pensionato è un edificio di due piani, diviso in otto padiglioni di sessanta cubicoli ciascuno. Ma questo si può solo dedurre; ho accesso solo a uno dei padiglioni, il mio, al secondo piano. Penso che sia questo. Un quadrato. Nel mezzo c'è il cortile, da un lato l'inceneritore dall'altro la torretta del Direttore. Un edificio brutto e triste.
Il Direttore è un uomo grasso e giovane. Ad eccezione degli internati, tutti sono giovani al Pensionato Undici Maggio.
Come sta? chiede il Direttore.
Mi dà del lei per fingere un rispetto che in realtà non sente. Sono tutti addestrati molto bene.
Bene.
C'è qualcosa che vuole dirmi, qualche lamentela?
No, nessuna lamentela.
Il Direttore si alza, dopo aver preso un foglio sul tavolo. Non so come faccia a entrare nella sedia, che ha due braccioli alti per poggiare i gomiti. Ha un sedere enorme. Rimango allerta in attesa che si giri di spalle per vedergli quel sedere grande e flaccido. Il mio è secco e moscio, come quello di un gatto vecchio.
Ho qui delle informazioni...
Finge di leggere il foglio.
Lei non segue il Regolamento del Pensionato. Veda bene, il Regolamento è fatto per proteggere gli internati, è stato elaborato da medici e psicologi per il bene di tutti, capisce? Mentre invece noto qui che lei, nell'ora del riposo pomeridiano, va in giro per i corridoi, a trovare gli altri internati nelle loro stanze... Questo non fa bene a lei, né a nessun altro, capisce? E' contro il Regolamento.
Pensandoci bene, ce l'avrei una cosa su cui ridire, dico.
Una lamentela? Ma la prego, dica pure, sono qui per questo.
Il cibo. Non è buono e mi sembra poco nutriente.
E' lo stesso che si mangia nelle caserme, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle cooperative, nei ministeri, ovunque. Il paese attraversa un momento difficile. Lei pensa che i pensionati debbano mangiare meglio di coloro che producono? Non credo, è chiaro. Inoltre il cibo servito qui all'Undici Maggio segue le prescrizioni stabilite dal dietologo, tenendo conto delle peculiari esigenze organiche dei nostri internati.
Il Direttore si gira, torna alla sedia. Non so come faccia a infilarcisi dentro. Anche entrare nei vestiti non deve essere uno scherzo.
Le minestre sono brodaglie, dico.
Non tutti hanno i denti, come lei... Un pranzo leggero è più facile da digerire... Dobbiamo dare la priorità al benessere della maggioranza. La maggioranza, capisce, la maggioranza.
Parlò una decina di minuti sulle necessità della maggioranza: riposo e pappine. Terminò con un monito. Non ha bisogno di mostrare la sua vera faccia, ne so abbastanza di storia, capisco quando vengo minacciato. Non è questo che mi ha detto, chi lo ha detto, o meglio, pensato, sono stato io. A dire la verità la frase non è mia, sto solo citando, ma non mi ricordo più la fonte. Ecmenesia. Il Direttore ha detto:
Non voglio che entri più nelle camere degli altri, d'accordo? Altrimenti, mi vedrò costretto, purtroppo e contro la mia volontà, a sospenderle la colazione del mattino. E' il Regolamento.


Ho molti denti ma sono quasi tutti falsi, e mi ballano in bocca, precariamente. Comunque meglio falsi che niente. Lo ammetto.
Un'altra cosa detta con Pharoux.
Che cos'è che più ti piace fare? Quello che ti interessa di più, ammesso che tu abbia ancora degli interessi, gli chiesi. E risi, ma lui non rise.
Mangiare, disse Pharoux.
Ma il cibo qui non è buono, dissi.
E' vero, disse Pharoux. Ma mangio tutto quello che mi danno, per rimanere vivo. Se non mangi muori.

Nel pensionato non c'è un medico che possa visitare gli internati quando si sentono male. E' sempre uno dei Fratelli che ci cura, con un analgesico, qualsiasi sia il tipo di disturbo. Io di solito ho problemi intestinali, forti diarree che si manifestano inaspettatamente. Quando andai a lamentarmi il Fratello mi dette un'aspirina.
Non sei ancora guarito, ma ti rimetterai presto. Nel frattempo, usa il vaso da notte.
Avrei potuto morirci seduto su quel vaso, se Cortines non mi avesse procurato una medicina. Cortines conosce un sacco di trucchi. E' stato professore di educazione fisica. Tutte le volte che entro nel suo cubicolo è lì che fa ginnastica. Non so dove trovi le medicine e il cibo extra. E' un tipo divertente.
Un giovane non ha bisogno di fare ginnastica, mi disse, un giorno che lo pescai mentre faceva esercizi addominali nel cubicolo.
Ma un vecchio sì. Più vecchio è e più ginnastica deve fare. Non è per vivere di più, è per rimanere in piedi, mentre è vivo.
La mia sfortuna, continuò, è stata l'incapacità di trattare con i membri della gerarchia superiore dell'amministrazione sportiva. Allora mi hanno messo qui, per spegnermi come un lumicino. Ma resisterò acceso ancora per molto tempo.
Cortines fa una risata. Devono essere i muscoli che lo fanno ridere così forte.
Cortines è completamente calvo. Quei pochi capelli che ha, se li rasa con cura, tutti i giorni, quando fa la barba. Le sue braccia e il suo collo sono duri, secchi, affilati.


Stanotte ho sognato che ero Malesherbes. Mi incamminavo tranquillamente verso la ghigliottina, dopo aver avuto la premura di caricare l'orologio. Mi volevano uccidere perché insistevo a chiamare Luigi XVI, Maestà. Ma lo chiamavo così non per rispetto o ammirazione per lui, ma perché essendo vecchio credevo che fosse mio diritto andare contro i detentori del potere, che avevano il coltello e il formaggio allo stesso tempo. O per meglio dire, la ghigliottina e il cannone. Nel sogno.
Perché sognerò Malesherbes, e non Getulio Vargas (1), o Don Pedro I (2) o Tiradentes(3)?
Pharoux porta sempre con sé un punteruolo di ferro. Che cavolo ci farà quel pazzo con un arnese simile? Pharoux ha sempre un'aria ostile, il suo volto sembra dire: odiare è il più lungo e il più bello dei piaceri. Qualcuno ha già detto che l'essere umano ama in fretta, ma odia con calma. Chi odierà Pharoux? Certo non doveva essere molto bello cadere nelle sue grinfie quando era poliziotto.
La storia della Francia è molto più interessante della storia del Brasile, è forse questo?


L'esperienza (e la stessa storia) ci insegnano che il popolo e il governo non hanno mai imparato niente dalla storia. Così, anche noi vecchi, non abbiamo imparato niente dalla nostra esperienza. E' una frase idiota quella: se la gioventù sapesse e la vecchiaia potesse. Perché mai noi vecchi non possiamo? Perché non ce lo consentono, solo per questo motivo.
L'ho detto a Baldomero. Ma era distratto. La sua depressione peggiora sempre più. Cortines e Pharoux stanno più attenti, ma sono molto ignoranti. Non c'è soddisfazione a parlare con loro, non capiscono quel che dico. Un giorno Pharoux mi ha chiesto che cos'era la storia e io gli ho risposto, scherzando e citando non mi ricordo più chi (ecmenesia, la mia memoria non è più la stessa), che la storia è qualcosa che non è mai successo, scritto da qualcuno che non stava là. Disse che non capiva. Se non è successo, come fa a essere storia?, mi chiese. Pharoux è così, senza immaginazione. Ma quando dissi che il Direttore mi aveva chiamato si era molto interessato.
Che cosa gli hai detto?
Niente. Non ho parlato del tuo punteruolo.
Se lo fai sei morto, vecchio idiota, disse.


È Cortines l'internato del mio padiglione che è da più tempo nel Pensionato. Sei mesi. Tutti gli altri arrivati prima di lui sono scomparsi.
Morti? Trasferiti? A nessuno frega della rotazione degli internati, dopotutto qui dentro non si fanno amicizie. Ho seguito di nascosto, nei quattro mesi che sono qui, l'entrata e l'uscita degli internati. Deformazione professionale.
Chiesi a uno dei Fratelli, non mi ricordo il nome, sono tutti uguali e non rimangono mai molto tempo nella stessa ala, che ne facevano del corpo di quelli che morivano.
Rimase molto sorpreso dalla domanda. E insospettito.
In che senso?
Molti qui non hanno famiglia o se ce l'hanno i parenti non si interessano a loro, quasi nessuno riceve visite. Nel nostro padiglione solo Baldomero ha ricevuto la visita della figlia, anche se è venuta una sola volta. Quando muoiono ho l'impressione che il disinteresse continui, e come ho detto, molti non hanno parenti, e così...
Così cosa?
Voglio dire, penso al mio caso, io non ho nessuno, se muoio chi mi sotterrerà?
Il Fratello apparve più sollevato.
L'Istituto, è chiaro. Le spese sono a carico dell'Istituto, non si preoccupi con queste cose. Andiamo, andiamo, guardi la televisione, si diverta, non stia a immaginare cose tristi, a preoccuparsi per niente.
Entrò insieme a me nella camera e rimase in piedi a guardare dieci minuti della telenovela.
Prima di uscire si mise a osservarmi dall'entrata del cubicolo. Finsi di stare attento al video finché non se ne andò.


I cubicoli non hanno porta. I vecchi sono sordi e le televisioni sono a un volume altissimo. Siccome il programma è unico, il suono è avvolgente, sboccia da tutte le parti, ma ciò non toglie che gli internati dormano non appena entrano nei loro cubicoli e guardano lo schermo per qualche minuto.
Porto sotto la maglietta i fogli con i nomi e le date di entrata e di uscita degli internati della mia ala. Non so perché faccio questo. Ogni tanto fanno le pulizie dei cubicoli e ci mandano fuori. Sono sempre in due Fratelli. Frugano dappertutto, confiscano i libri, non si tratta di pulizie, è un vero e proprio setaccio, una sorta di spionaggio.
Tutti gli internati muoiono di notte. Lins aveva una frattura alla gamba (il nostro equilibrio è precario, e le ossa sono deboli) e si trascinava dal letto, che è basso, al vaso, oppure defecava e urinava tutto nel letto. Un pomeriggio passai dinanzi al suo cubicolo dal quale usciva un odore nauseante di merda e cancrena. Lins era sdraiato sul letto e guardava la televisione. Il mattino dopo il suo cubicolo era vuoto e odorava di disinfettante.
Quando vedo qualcuno che tossisce e geme, oppure sta molto calmo nel suo letto, so già che l'indomani il cubicolo sarà vuoto. Non dico che vengano uccisi o qualcosa del genere, l'Istituto non farebbe mai una cosa simile. Sono vecchio e so che ogni vecchio è leggermente paranoico e così non voglio inventare persecuzioni e crimini inesistenti. Chi è che ha detto che la storia è un racconto falso di crimini e tragedie? Già comincio a confondermi, deve essere l'arteriosclerosi, inizio a pensare una cosa e il pensiero divaga. E come funziona male la mia memoria! Ecmenesia. Ah, sì, i fogli sotto la maglietta. No, non è questo. E' il fatto che i vecchi sono internati per morire. Forse vengono indirizzati qui i vecchi ridotti male, con poche speranze di vita. Questo spiega perché tutti muoiono in così poco tempo. O sarà un'altra cosa, un progetto più ampio, una politica per tutti noi?
Dunque, mi rimane poco tempo.
Questo pensiero mi rende il corpo insensibile, come se già non esistessi più. Non sento dolore né tristezza, solo una sorta di apprensione di chi non ha più corpo e gli manca questa nozione solida che abita una forma, una struttura, un volume. Come se avessi perso la materia e fossi rimasto solo spirito, o mente. Questo è impossibile. Ma è stato quello che ho sentito quando, senza dolori o altre agonie e annunciazioni della mia fine, ho sospettato per la prima volta che forse avrei vissuto ancora pochi mesi.


Adesso faccio la ronda con cautela. I Fratelli, nonostante siano giovani, sono pigri, e dopo pranzo a loro piace riposare, e anche quelli che sono in servizio lo fanno. Anch'essi hanno la televisione in camera e assistono ad altri programmi che non vengono trasmessi per noi. So, dalle domande che faccio con innocenza, che anche loro si addormentano davanti al video. La televisione è molto interessante, tolto il sonno e la smemorataggine. Non riesco a ricordare le cose che vedo.


Baldomero non sta bene. Quando entro nel suo cubicolo mi saluta con parole incomprensibili. Magnete Magneticusque corporibus... Aepinus, Faraday, Volta, Ampèr...
Ti senti bene, Baldomero?, chiedo.
Ohmmm... Ohmmm, risponde. Ronzando a bocca chiusa come fosse un vecchio scarafaggio. Non resisto e mi faccio una risata. Più rido e più ronza. Come è crudele l'essere umano! Baldomero è impazzito e io sto qui a riderci sopra. Dopo, indica la televisione e dice Jenkins, Jenkins!
Jenkins! Le sue grida finiscono per richiamare l'attenzione dei Fratelli. Lo vogliono portare in infermeria ma fa resistenza. Il suo corpo sembra galvanizzato (senza giochi di parole, non mi diverte più quello che sta succedendo) da una forza insospettata. Sono necessari tre Fratelli per soggiogarlo. Alla fine è trasportato in infermeria.
So che sarò punito per esser stato trovato nel cubicolo di Baldomero. Ma pazienza. Quello che mi deprime è averlo preso in giro. Piango dal rimorso. So che il mio pianto copioso è un altro sintomo della vecchiaia. Sono infelice, ho paura e sento un'insopportabile voglia di mangiare cioccolato, che mi fa venire l'acquolina in bocca. Senza smettere di piangere mi guardo il viso, lacrimoso e bavoso, nello specchio del cubicolo: una figura ridicola e repellente al tempo stesso. Sono proprio io? E' per questo che ho vissuto tanto?


La merenda è solo una tazza di caffè con un pezzo di pane. Viene servita alle diciassette. Se per qualunque motivo mi dilungo nel sonno (cosa per altro rara) la fame diventa insopportabile e sogno la colazione che è servita alle sei del mattino. Caffè puro con pane.
Il Fratello con il carrello del caffè passa al mattino di fronte alla mia porta e non si ferma. Ho voglia di corrergli dietro e chiedere un pezzo di pane. Ma mi contengo. Basta con le briciole, con la degradazione. Sento rabbia, chi sente rabbia non ha bisogno di bere caffè, né di mangiare pane.
Il Direttore mi chiama nel suo ufficio. All'apparenza è la persona paziente di sempre, è la sua maschera. Eppure so che mi detesta, è una percezione sottile, che penetra la sua finzione. Baldomero è morto. Un attacco cardiaco, dice il Direttore.
Sono obbligato a dirle che crediamo lei abbia contribuito alla crisi fatale, dice il Direttore.
Contribuito come?
Baldomero era una persona eccitabile. La sua visita, ad un'ora inopportuna, deve avergli fatto male, la sua salute era precaria. Devo dirle che il suo comportamento irregolare ci sta preoccupando.
Baldomero stava morendo di fame e di tristezza come tutti noi qui, gli dico.
Fame? E' bene che lei sappia che la nazione spende una parte considerevole delle sue risorse per anziani inattivi. Se volessimo mantenere tutti i pensionati grassi e felici, attraverso costosi programmi di medicina preventiva, di terapia occupazionale, di divertimento e tempo libero, tutte le entrate del paese sarebbero consumate per questo scopo. Lei non sa che il paese attraversa una crisi economica delle più gravi in tutta la sua storia? Siamo già stati un paese di giovani e a poco a poco stiamo diventando un paese di vecchi.
I giovani invecchiano, dico io. Anche lei invecchierà un bel giorno.
Il Direttore mi guarda per un po'. Il suo interesse nei miei confronti sembra essere cessato, come se fossi un caso perso.
Si comporti bene, dice, affabile, ma disinteressato, congedandomi con un gesto vago.
Hanno avvisato la figlia di Baldomero?, chiedo mentre esco.
La figlia? Oh sì, dice il Direttore, distratto.
Per pranzo ho preso una minestrina. Anche così ho la diarrea. Chiedo una medicina a un Fratello. Ci mette un bel po', ma alla fine mi porta una capsula e se ne va dopo aver appurato che l'avessi ingerita.
Vedrai che adesso ti passa, mi ha detto.
La capsula che mi ha portato è diversa dalle pillole che prendo di solito. Per questo ho finto di mandarla giù, tenendola nascosta nella mano.
Mostro la capsula a Pharoux. Gli chiedo se ne aveva già vista una simile, tra le medicine che ci danno.
Non risponde. Dice che vuole rimanere solo. Noi, vecchi, abbiamo la tendenza alla misantropia. Inoltre, Pharoux è diffidente, sospetta di me.
Cerco Cortines. Come al solito, sta facendo ginnastica. Cortines apre con cura la capsula. Dentro c'è una polverina bianca. Ne mette una quantità molto piccola sulla punta della lingua.
Per me, è veleno, dice Cortines.
Come fai a saperlo?
Cortines non lo sa. Lo sospetta.
Sotto il letto, Cortines nasconde del pane e formaggio. Ne mangiamo un poco insieme. Non mi vuol dire dove trova le provviste. Deve rubarle. Mentre mangiamo, Cortines sta vicino alla porta, per vigilare sui Fratelli.
Attento eccone uno.


Fratello: Che cosa ci fai qui?
Io: Guardo la televisione.
Fratello (molto affabile): Ah, molto bene, è così che si fa. La televisione è una cosa molto bella, distrae, educa, io se potessi, la guarderei tutto il giorno, come voi. Com'è che ti chiami?
Io: José.
Fratello: Guarda José, dovresti guardare la televisione nel tuo alloggio, sei qui da tanto?
Io: No.
Fratello: Ma se ti ho cercato mezz'ora fa e non ti ho trovato.
Io: Ero in cortile a guardare gli alberi.
Fratello: Ottimo, ottimo, gli alberi sono cose belle da vedere e da ammirare. Abbiamo più di dieci alberi nel cortile e ne siamo molto orgogliosi.
Per tutto il tempo avevo tenuto i resti della capsula in mano.
Fratello: E l'intestino, è migliorato?
Io: Sì, sto già meglio.
Fratello: Ma non devi sospendere il trattamento. Nella tua scheda c'è scritto che hai queste crisi di diarrea con frequenza.
Il Fratello estrae da una scatolina una capsula uguale a quella che tenevo nascosta in mano. Mette dell'acqua nella tazza di Cortines e me la porge insieme alla capsula. Ne ho già una in mano, la cosa mi fa tremare, non riuscirò a ingannarlo. Mi osserva, attento.
Fratello: Andiamo, andiamo, non ti farà male.
Non mi resta altro che prendere la pillola. Se è un veleno deve avere un effetto rallentato e cumulativo, altrimenti non me ne darebbero tante da prendere. Una sola non mi avrebbe ammazzato.
Ingollo la pillola di fronte allo sguardo impaurito di Cortines.
Il Fratello mi accompagna al mio cubicolo.
So che perderò la merenda. Ma, per il momento non morirò.


E' stata un'assurdità l'avermi mandato in pensione. E' successo tutto così in fretta. Avrei potuto insegnare ancora tanti anni. I miei ragazzi erano, in maggioranza, imbecilli patentati, ma ce n'erano sempre un paio per classe, per cui valeva la pena lo sforzo di preparare e dare la lezione. Non ho mai capito perché erano così pochi quelli che si interessavano alla storia. E' vero che alla maggioranza non gliene importava un fico secco di nessuna materia, anche i miei colleghi delle altre discipline si lamentavano della stessa apatia. Ma la colpa, è chiaro, non era solo degli alunni, condizionati e spersonalizzati. Ieri ho sognato che stavo facendo lezione e nel sogno discutevo su ciò che era Bene e ciò che era Male per l'Umanità. Dicevo che il Bene era il Potere e il Male, era la Debolezza, i deboli dovevano essere aiutati a morire. Ma improvvisamente non ero più in un'aula, c'era una guerra, nella quale i vecchi, i malati, erano uccisi e bruciati in un forno e il comignolo del forno era uguale a quello del Pensionato Undici Maggio. Un incubo nietzschiano.


Fino a questo momento la capsula non mi ha fatto male. Ma non ha nemmeno curato la mia diarrea. Voglio pensare con logica e imparzialità. So che dopo quasi sei mesi rinchiuso qui, inerte, pigro e annoiato, alimentato male, solitario e melanconico, devo stare molto attento ai miei pensieri. L'essere umano ha bisogno di sicurezza, dignità, benessere e rispetto, ma qui esiste solo miseria e degradazione. Mi sento peggio che se fossi un pazzo in camicia di forza e i miei pensieri devono risentirne. Deduco che la capsula non mi ha fatto male perché non era veleno. In questo caso sarebbe davvero un farmaco per la diarrea e io avrei dovuto migliorare, cosa che non è successa. In questo preciso istante sono seduto sul vaso, per la terza volta oggi, e le mie feci sono un'acqua sporca, che odora di salmastro. Ehi, ehi, dico al vaso, attento con la falsa logica di questo tuo raziocinio. E' tanto più corretto e semplice concludere, su base di evidenze esistenti, che io non sono in condizioni di dire se la capsula sia, o non sia, un veleno ad effetto cumulativo, come ho supposto sin dall'inizio. Attendo, preoccupato, nuovi risvolti.


Ho voglia di vedere Pharoux e Cortines. Ma ho paura di uscire dal mio cubicolo. Ho perso la colazione, ma non mi hanno tolto la merenda. Perché?
Verso sera il Fratello viene con il caffè, il pane e il farmaco. Avevo già notato che il caffè del pomeriggio sapeva di caffè riscaldato. I Fratelli avevano ammesso che il caffè veniva fatto solo una volta al giorno, al mattino. Ma quel gusto era proprio di caffè vecchio? Perché insistevano che lo prendessi?
Quando il Fratello si allontana, sputo il caffè e la capsula nel vaso, in cui finisce pure il resto della tazza.
Non mi lascio avvelenare.
Questa notte non sono dominato, come sempre, da un sogno turbolento. Sono già sdraiato, a guardare quella maledetta televisione da più di due ore, e non mi viene sonno. Il gusto strano del caffè della sera è di qualche narcotico, concludo eccitato. Da tanto non mi sentivo così bene. Sto sconfiggendo i Fratelli!
Ho bisogno di parlare con Pharoux e Cortines. Possono aiutarmi. La sorveglianza di notte deve diminuire, probabilmente suppongono che siamo tutti narcotizzati nei nostri letti. Sgattaiolo per il corridoio, con in mano il vaso pieno. Se mi scoprono dirò che sto andando a vuotare il vaso nella latrina che è in fondo al corridoio. Passo dal cubicolo che prima era occupato da Baldomero. Poiché i cubicoli non hanno porta, vedo, immediatamente, illuminato dalla fioca lampada gialla del soffitto e dal riflesso blu della TV, un uomo magro, sdraiato nel letto, con i capelli bianchi lunghi e radi. Quando mi vede, si alza dal letto, il corpo tremante, e inizia una danza grottesca: batte con i piedi sul pavimento, scuote le braccia e nitrisce come fosse un cavallo.
Ho paura che il rumore richiami l'attenzione dei Fratelli. Tappo la bocca al vecchio con le mie mani. Si quieta docilmente e si mette a grattare le gengive nelle mie mani, mi ciuccia le dita. La sua saliva è vischiosa e puzzolente. Mi fa schifo, pulisco le mani alla parete. Emette dei piccoli suoni fini come se fosse una cornetta in sordina, e continua a fare il tip tap, ma non così rumorosamente.
Soffro di una malattia rara, dice. Mi chiamo Caio, ma puoi chiamarmi Sapateador (4), è con questo nome che tutti mi conoscevano.
La mente senile fa brutti scherzi; quasi mi dimenticavo di Pharoux. Metto il ballerino nel letto, gli dico che rimanga buono, suonando pianino la sua cornetta. Mi dà l'impressione che pianga, sono abituato al pianto di un vecchio e ho di meglio da fare.
I corridoi sono vuoti. Ma, anche così, cammino con la maggior cautela fino ad arrivare al cubicolo di Pharoux.
Pharoux dorme a bocca aperta. La benda dell'occhio svuotato è uscita di posto e nell'orbita vuota c'è un tessuto rosso scuro, come una crosta di una ferita non del tutto cicatrizzata.
Tocco la spalla di Pharoux delicatamente. Pharoux, Pharoux, gli dico molto vicino all'orecchio peloso e puzzolente. Lo scuoto con forza. Senza svegliarsi, mi da un cazzotto, che mi prende di striscio. E' inutile. E' narcotizzato, non c'è dubbio. Deve essere lo stesso per Cortines.
Torno al mio cubicolo. Non mi sono mai sentito così bene in vita mia. Penso proprio che la mia diarrea sia finita. Sono più intelligente di loro. Ora lo so perché nessuno dura più di sei mesi qui dentro. Se uno non muore di stenti ed umiliazioni, di disperazione e solitudine, lo uccidono avvelenandolo. Il comignolo! Quell'odore è di carne bruciata! Noi non valiamo il cibo che ci danno, né una sepoltura decente. Non riesco a sopire la mia allegria. Non sento paura, ne orrore, per queste scoperte atroci. Sono vivo, sono sfuggito, con le mie proprie forze, al destino torpe che mi avevano organizzato, e questo mi riempie di gioia. La mia mente è piena di ricordi e reminiscenze storiche dei grandi uomini che hanno lottato contro l'oppressione, l'iniquità e l'oscurantismo.
Se ci uniremo, tutti i vecchi del mondo, potremo cambiare questa situazione. Possiamo compensare la nostra fragilità fisica con l'astuzia. So come sono state fatte tutte le rivoluzioni.
Trascorsi la notte con questi dolci pensieri.


Gli internati che lo vogliono, e sono pochi, possono stare nel cortile a prendere il sole, un'ora al giorno. Nel cortile siamo supervigilati dai Fratelli. Ogni volta che si accorgono che stiamo conversando su qualche panchina si avvicinano con un pretesto qualsiasi, come informarsi sulla nostra salute, o parlare del tempo, in realtà il loro obiettivo è scoprire di cosa stiamo parlando. Conoscendoli già, mi sedetti vicino a Pharoux e finsi di sonnecchiare, girando il corpo da un lato, in modo che il Fratello che stava nel cortile non vedesse la mia bocca.
Non mi guardare, che il Fratello ci sta controllando, dico a Pharoux.
Pharoux è rimasto impassibile, ma so che ha un udito quasi perfetto. Non può parlare, il suo volto è ben visibile. Per dimostrare che mi ascolta apre e chiude la mano che tiene sopra la gamba, varie volte, a intervalli irregolari.
Racconto a Pharoux tutti i miei sospetti. Gli dico della mia visita al suo cubicolo di notte e del suo stato di torpore, della capsula avvelenata e del forno crematorio. Gli chiedo di non bere il caffè della sera e gli dico che andrò a fargli visita. Volevo parlargli di più, però Pharoux si alza e se ne va prima che finisca. Forse lo aveva fatto per evitare sospetti, gli avevo già detto l'essenziale. Forse andava a denunciarmi, è un'altra ipotesi. Dopotutto era stato un poliziotto, addestrato a difendere l'autorità costituita, come un cane da guardia. Avrei dovuto cercare Cortines e non Pharoux. In verità Pharoux mi metteva paura, mi dava l'impressione di essere capace di commettere tutte le malvagità e i tradimenti possibili.


Aspetto la sera in uno stato di eccitazione e allegria che da tempo non provavo.
Dov'è andato a finire quel vecchio che ero? La mia pelle continua ad essere un tessuto secco staccato dalle ossa, il mio pene un cicciolo arido e vuoto, il mio sfintere non funziona, la mia memoria ricorda solo ciò che vuole, non ho denti, né capelli, né fiato, né forza. E' questo il mio corpo, ma non sono più quel piagnone vergognoso, spaventato e triste, il cui unico desiderio nella vita era mangiare un cioccolatino. Quell'essere vecchio mi è stato imposto da una società corrotta e feroce, da un sistema iniquo che forza milioni di esseri umani a una vita parassitaria, di stenti e miserabile. Rifiuto questo supplizio mostruoso. Aspetterò la morte con più dignità.
Pharoux è sveglio nel suo cubicolo, in piedi, nervoso.
Hai ragione. Ci narcotizzano tutte le sere. Ho avvisato anche Cortines di non bere il caffè. Andiamo a vedere se anche lui è sveglio.
Andiamo al cubicolo di Cortines. E' seduto sul letto, facendo flesso-estensioni del braccio.
Dobbiamo fare qualcosa, dico.
Quel forno è per bruciare i morti, non ho dubbi, dice Cortines.
E perché non i vivi? Quelli che ci impiegano troppo a morire?, dice Pharoux.
Discutiamo irritati, per un momento, se i Fratelli brucino o meno i corpi ancora in vita degli internati. Difendo la tesi che il forno è usato solamente per cremare i morti. A dire il vero non ne sono troppo convinto. Può darsi che il forno sia anche per i vivi, o solo per la spazzatura.
So cosa fare, dice Pharoux. Una sommossa. Noi qui non siamo che dei carcerati, e i carcerati quando vogliono migliorare le loro condizioni, si rivoltano, si procurano degli ostaggi e fanno un gran casino.
L'idea mi piace. La storia insegna che tutti i diritti sono stati conquistati con la forza. La debolezza genera l'oppressione. Ma siamo solo tre vecchi. No! Devo dimenticare che sono vecchio. Eccomi di nuovo, ad accettare i condizionamenti che mi sono stati imposti.
Siamo tre esseri umani! grido.
Pharoux mi fa cenno di abbassare la voce. Il suo piano è semplice. Sa dove si trova l'appartamento del Direttore. La porta è facile da aprire, ha una serratura antiquata. Il direttore sarà nostro ostaggio e il nostro asso nella manica durante la negoziazione.


Io, Pharoux e Cortines, usciamo dai corridoi scuri del Pensionato Undici Maggio. Pharoux ha con sé il punteruolo. Il suo unico occhio brilla forte; è teso ma ha l'aria professionale di chi sa il fatto suo. Andiamo nell'altra ala, saliamo un piano. Il Pensionato è tranquillo, ma si sente il suono dei televisori accesi. Saliamo una scaletta. E' la torre del Direttore. Arriviamo a una porta.
E' qui, dice Pharoux.
Pharoux tira fuori un filo di rame dalla tasca, si inginocchia. Per un bel po' infila e toglie il rame dal buco della serratura. Si sente il rumore della linguetta che scorre nella toppa.
Pharoux sorride. Entriamo. Ma la porta non si apre. Deve essere chiusa dal di dentro.
D'impulso busso alla porta, con forza.
Non succede niente.
Busso di nuovo.
Dal di dentro sentiamo la voce irritata del Direttore.
Che c'è?
Signor Direttore, dico con la voce camuffata, un'emergenza.
Il Direttore apre la porta. Pharoux lo immobilizza, Cortines lo tiene per il collo. Pharoux fora con il punteruolo il viso del direttore, facendogli uscire una goccia di sangue.
Stai buono, grasso maiale, dice Pharoux.
Il Direttore guarda impaurito Pharoux. Penso che sia la prima volta che provi paura in vita sua.
Calma, per favore, calma, dice il Direttore.
Lo trasciniamo dentro.
Con la cintola della vestaglia del Direttore, Cortines gli lega le mani. Pharoux gli ordina di sdraiarsi a terra.
Siamo nel salotto dell'appartamento. Quando arriviamo in camera, abbiamo una sorpresa. Nel letto, grande, matrimoniale, c'è una donna che dorme. E' una giovane, con le braccia e le gambe lunghe, interamente nuda. Non riesco a ricordare quando è stata l'ultima volta che ho visto una donna nuda.
La donna si sveglia. Si siede sul letto. Ci chiede chi siamo.
Edmondo!, dice la donna. Allora è questo il nome del Direttore.
Stai buona e non ti succederà niente, dico.
E meglio legare anche lei, dice Cortines.
Con strisce ricavate dal lenzuolo, Cortines lega le braccia e le gambe della ragazza. Si sottomette docilmente. Non sono solo i vecchi che diventano codardi e inerti di fronte alle minacce. Se quella donna lottasse contro me e Cortines, forse riuscirebbe persino a fuggire. Ma suppone che siamo due vecchi pazzi e la miglior strategia è non contrariarci.
La lasciamo sul letto, legata. Cortines strappa a strisce il lenzuolo per legare il Direttore. E' girato sul pavimento a pancia in giù, e Pharoux gli tiene il punteruolo accostato alla pelle. Se si muove, gli fora il collo.
Si chiama Edmondo, dico a Pharoux.
Edmondo, l'immondo, dice Pharoux. Sento che l'azione ha risvegliato in Pharoux istinti distruttivi repressi. Vedo segni di piccole sforacchiature nel collo del Direttore.
Gli leghiamo anche i piedi e facciamo nuovi nodi, stringendogli ancora di più le mani.
L'appartamento è composto da salotto, camera, cucina e bagno. C'è solo un accesso, la porta da cui siamo entrati. E' una porta di legno massiccio, la serratura è vecchia, ma ci sono due paletti di ferro. Siamo al sicuro.
Guarda un po' che frigorifero, dice Pharoux.
Birra, uova, prosciutto, burro. Il frigo è pieno.
Cortines e Pharoux sono andati in cucina a friggere le uova.
Adesso mangiano le uova con il prosciutto e bevono birra. La cosa che piace di più ai vecchi è mangiare. E Pharoux e Cortines sono felici e soddisfatti come se lo scopo della nostra rivolta fosse stato mangiare uova al prosciutto. Forse, in senso stretto, si può dire così, che lo scopo finale di tutte le rivoluzioni è più cibo per tutti. Ma stavamo in quel momento solo saccheggiando il frigorifero del Direttore di un ospizio per vecchi, denominato Pensionato dall'ipocrisia ufficiale.
Mangio appena un pezzo di pane. Mi piacerebbe passare una mano sul corpo di quella donna, ma lei certamente sentirebbe ripugnanza e questo mi rovinerebbe il piacere.
Comincio a sentire una gran stanchezza. Mi distendo nel divano del salotto... Credo che posso dormire un pochino, le trattative forse si protrarranno... Devo controllare Pharoux perché non faccia nessuna stupidaggine, è molto violento... Credo che stiamo iniziando una rivoluzione... ma è necessario che il nostro gesto esca da questa torre e faccia pensare anche gli altri... Dio mio! come sono stanco... Prima di dormire devo parlare con Pharoux e Cortines. Sono in cucina, che mangiano rumorosamente... Dobbiamo definire i nostri piani...


NOTE
(1) Vargas, Getulio. Uomo politico brasiliano (São Borja 1882-Rio 1954). Dominò la politica brasiliana dalla rivoluzione del '30 di cui fu capo, fino al suicidio, nel '54 quando era presidente della Repubblica per la seconda volta, e cercava di fare una politica di carattere nazionalista andando contro i grandi interessi delle compagnie multinazionali del paese. Nel 1937, ispirato alle idee fasciste allora in auge, abolì la Costituzione e diventò dittatore, instaurando lo Estado Novo, il regime autoritario che durò fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nella quale, dopo grandi esitazioni, aveva schierato il Brasile a fianco degli Alleati.
(2) Don Pedro I. Figlio di Don João VI, giunse bambino in Brasile insieme alla famiglia reale nel 1808, scappata dal Portogallo a causa delle invasioni napoleoniche. Una volta finito il pericolo, Don João VI ritornò alla patria d' origine, ristabilendo capitale dell'impero Lisbona, e lasciò Don Pedro come Principe Reggente. Nel 1822, con l'appoggio dell'élite locale e dell'Inghilterra, egli dichiara l'indipendenza del Brasile e ne diventa il suo primo imperatore.
(3) Xavier, Joaquim José da Silva, detto TIRADENTES (cavadenti). Era Alfiere dell'esercito coloniale, quando partecipò alla "Inconfidência Mineira", un movimento clandestino indipendentista organizzato dall'élite intellettuale di Vila Rica (attuale Ouro Preto), nel 1789, che aveva preso a pretesto gli eccessivi tributi fiscali della Corona portoghese, per attuare l'indipendenza del Brasile, prendendo come modello la Costituzione americana e la Rivoluzione Francese. Traditi da un delatore, furono tutti arrestati e Tiradentes fu giustiziato. Diventò così il simbolo della lotta per l'indipendenza del Brasile.
(4) Ballerino di Tip Tap.



(Traduzione dal portoghese di Cristiana Sassetti)




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