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  LA 
                POESIA DI PAUL CELAN   
 Antonello 
                Piana
 Prima voce: Paul Antschel - Celan sarà uno pseudonimo adottato 
                agli esordi letterari e ricavato da un'anagramma del cognome - 
                nasce a Czernowitz (oggi Cernovcy), il capoluogo della Bukovina, 
                nel 1920.
 Seconda 
                voce: In ebraico la parola che indica il "nome", 
                "Davar", significa a un tempo anche la "cosa": 
                se davvero nel nome si cela la sostanza delle cose, colui che 
                le nomina compie un doppio atto di creazione: il poeta acquista 
                forse in tal modo virtú ultraprofetiche, simildivine? Prima 
                voce: La questione dell'identità rappresenta una cifra 
                ineludibile della sua poesia, oltre a un ineguagliabile esempio 
                delle spinte e degli attriti che pregnano la Mitteleuropa, trasformandola 
                nel nostro caso in una sorta di kafkiana Sentenza pendente sul 
                poeta per il corso di un'esistenza, e differita fino al punto 
                in cui non resta possibilità di appello.  Seconda 
                voce: La stessa città di Czernowitz è un esempio 
                di quei baloccamenti tragici della Storia sulla pelle dell'individuo: 
                appartenente all'impero austro-ungarico fino alla Grande Guerra, 
                restò in mani prima rumene e poi sovietiche fino all'occupazione 
                nazista, per poi essere nuovamente annessa all'Unione Sovietica. 
                Dopo il tracollo dell'URSS si trova oggi in Ucraina, ma chiunque 
                vi si trovi di passaggio potrà ancora facilmente intercettare 
                brandelli di conversazioni in almeno una mezza dozzina di lingue. 
                 Prima 
                voce: Al tempo degli Absburgo un terzo degli abitanti della 
                città erano ebrei di lingua tedesca. In una di queste famiglie 
                nacque Paul Celan. Sotto gli Absburgo la situazione della comunità 
                ebraica, in confronto alle altre, era quasi invidiabile: la casa 
                imperiale concedeva agli ebrei di Czernowitz, in quanto portatori 
                della lingua e della cultura tedesca, diritti e privilegi inauditi 
                e invidiati, per esempio, dalla comunità rumena. Con la 
                fine dell'impero austriaco la situazione della minoranza ebraica 
                peggiorò notevolmente. La lingua tedesca venne bandita 
                dall'ufficialità a vantaggio della rumena, e molti ebrei 
                vennero sollevati da posizioni prestigiose e non, fino al punto 
                di restare disoccupati. L'antisemitismo aveva fatto ufficialmente 
                il suo ingresso nella città. Seconda 
                voce: La generazione del giovane Paul si era nettamente distaccata 
                dalle tradizioni dei padri, intendeva aprirsi all'Europa e all'Occidente, 
                guardava a Parigi e Vienna e coltivava idee progressiste, in antitesi 
                con il sionismo conservatore e nazionalista che predicava il ritorno 
                in Palestina. Quella generazione che si stava formando, in altre 
                parole, si poteva definire in fase avanzata di laicizzazione, 
                al punto che lo stesso Paul aveva probabilmente piú confidenza 
                con la liturgia cristiana che con quella ebraica, col marxismo 
                piú che col sionismo, col francese piú che con l'ebraico. Prima 
                voce: Con l'occupazione tedesca del 1941 e l'istituzione del 
                Ghetto, il giovane Paul, come tutti i suoi coetanei giudei, dovette 
                interrompere ufficialmente gli studi e sottomettersi ai lavori 
                forzati. Esistono da sempre differenti versioni sulle circostanze 
                attraverso cui il futuro poeta scampò alla deportazione. 
                La piú attendibile vuole che, avuto sentore dell'imminente 
                arresto, il giovane avesse trovato rifugio per sé e per 
                i genitori in casa di un'amica; la madre però respinse 
                l'idea di abbandonare la propria casa, e si rassegnò piuttosto 
                ad essere prelevata dai tedeschi, ignorando, come molti altri, 
                quel che nella deportazione l'attendeva. Convinto ancora che prima 
                o poi avrebbe fatto cambiare idea ai genitori, il giovane Paul, 
                un giorno che era passato a trovarli, trovò i sigilli sulla 
                porta di casa, capí che erano stati prelevati e si affrettò 
                ad allontanarsi in preda alla disperazione. Non li avrebbe piú 
                rivisti. Seconda 
                voce: La realtà per il poeta non è data a priori, 
                essa va piuttosto conquistata a tastoni, con la fatica delle mani. 
                La poesia si pone al servizio di tale missione, essa ambisce a 
                conquistarsi realtà di fronte ai capricci dell'assurdo, 
                ed offre riparo, identità e senso di fronte alle torsioni 
                surreali della storia. Anche in virtú di ciò il 
                poeta afferma di non scorgere differenza di principio tra un poema 
                e una stretta di mani. Prima 
                voce: Arrestatesi le deportazioni, gli uomini in forze vennero 
                nuovamente inquadrati al lavoro coatto, e le cose non cambiarono 
                molto neanche quando l'Armata Rossa riconquistò la città. 
                Per i sovietici l'intera cittadinanza, ebrei compresi, si era 
                compromessa con l'invasore tedesco-rumeno, e della cordialità 
                russa della prima occupazione, ancora viva nel ricordo, non era 
                sopravvissuto nulla. Paul Celan prestò lavoro coatto sotto 
                diversi occupanti e ininterrottamente per tre anni, fino al 1944, 
                dapprima in ambito edilizio, e da ultimo, in virtú di brevi 
                studi di medicina interrotti dalla guerra, in qualità di 
                aiutante medico in un manicomio. Seconda 
                voce: A quel tempo, in conseguenza delle traversie subìte 
                dalla propria razza, risale la sua revisione ideologica nei confronti 
                dell'ebraismo. Davanti ad amici recita favole di Steinbarg e canta 
                melodie sinagogali, nonché sottolinea per la prima volta 
                la bellezza della lingua ebraica; poco piú tardi comincia 
                a leggere sistematicamente l'opera di Martin Buber, il padre del 
                Cassidismo moderno. Ma il suo avvicinamento all'ebraismo non è 
                di natura religiosa: Paul Celan non frequenta sinanoghe, né 
                legge la Talmud o la Torah; il suo approccio è di natura 
                privata e puramente culturale. Da questo momento in poi, l'ebraismo 
                diverrà uno dei tratti costitutivi della sua identità, 
                e influenzerà non di meno la sua poesia. Prima 
                voce: Il silenzio non è solo l'assenza del suono, ma 
                rappresenta la condizione precedente al movimento e alla parola, 
                quell'humus, anzi, in cui la musica e la parola possono fermentare. 
                Theodor Adorno aveva prescritto ai poeti, dopo Auschwitz, il silenzio. 
                Come il grande critico Giuseppe Bevilacqua ha con acutezza riconosciuto, 
                nel Meridiano Celan gli replica sottolineando una differenza 
                tra l'Arte autoreferenziale, quella sí può ammutolire, 
                e la Poesia, quella che è "antiparola", un grido 
                emesso "dall'angolo d'incidenza della propria esistenza", 
                vale a dire dalla prospettiva delle personali date fatidiche, 
                dei propri "20 gennaio" - simbolicamente, la data del 
                1942 in cui venne varata ufficialmente la "soluzione finale". 
                Una certa arte muore, ma la poesia sopravvive dove c'è 
                l'uomo. Auschwitz ha anche questo effetto collaterale: i percorsi 
                dell'arte e della poesia si separano definitivamente, la postmodernità 
                può inforcare la sua parabola. Seconda 
                voce: Finita la guerra, Paul Celan si trasferisce a Bucarest, 
                dove un amico poeta lo raccomanda ad una casa editrice filosovietica, 
                per la quale lavorerà per un paio d'anni in qualità 
                di lettore e traduttore. In questo periodo entra in contatto con 
                il surrealismo rumeno, una corrente del movimento tarda ma feconda, 
                si professa comunista e pubblica su una rivista vicina al surrealismo 
                le sue prime liriche. Malgrado nessuna delle sue poesie possa 
                definirsi espressamente surrealista, una certa influenza dell'avanguardia 
                è evidente anche nelle opere della maturità - in 
                particolare, la riflessione sulla relazione dialettica tra memoria 
                e oblío, ritrovata poi in Mandel'tam, affonda palesemente 
                le radici nel surrealismo rumeno. Tuttavia, da ciò ad affermare che Paul Celan sia stato 
                un tardo surrealista, come è stato sostenuto da certa critica 
                a lungo e ostinatamente, corre un abisso. Durante la sua carriera 
                di poeta e traduttore Paul Celan dovette ripetutamente difendersi 
                da accuse faziose di estetismo, ermetismo e addirittura di plagio, 
                espressioni di un latente tono antisemita sopravvissuto, in virtú 
                anche del clima restaurativo degli anni cinquanta, in una parte 
                considerevole della società bundesrepubblicana.
 Prima 
                voce: Nel 1947 Celan si trasferisce a Vienna, dove resterà 
                pochi mesi, e infine a Parigi, la città in cui stabilirà 
                la sua residenza definitiva. Qui inizia il suo percorso di poeta 
                e di traduttore di poesia. Le due attività si intrecceranno 
                per tutta la sua vita in modo indissolubile, oseremmo dire interdipendente, 
                - un caso senza precedenti nella storia della letteratura per 
                la sistematicità e la qualità degli esiti. Paul 
                Celan traduce da sette lingue, soprattutto dal francese, dal russo 
                e dall'inglese, ma anche per esempio Ungaretti dall'italiano e 
                Pessoa dal portoghese. L'attività traduttiva di Celan è 
                straordinariamente meritoria. Si può citare esemplarmente 
                il fatto che abbia tradotto tre poemi di Fernando Pessoa nei primi 
                anni cinquanta, in un epoca in cui il poeta portoghese era poco 
                conosciuto in patria, e men che meno all'estero. Ciò nonostante 
                anche le traduzioni sono state oggetto di polemica per la libertà 
                dell'approccio al testo di partenza. Seconda 
                voce: La relazione dialettica di silenzio e parola è 
                caratteristica di molti autori del Moderno, alcuni dei quali sono 
                dei punti di riferimento poetici per Celan, come Hölderlin, 
                Rilke, e sopra tutti il venerato Osip Mandel'tam. Per il 
                poeta pietroburghese la poesia non è una rappresentazione 
                mimetica della realtà, ma ha piuttosto un carattere fenomenico 
                autonomo. Essa risiede, musicalmente, sulla superficie delle labbra 
                che la invocano: la poesia è suono precedente alla parola, 
                e il poeta in quest'ambito funge da cassa di risonanza, quasi 
                da medium involontario per la sua trasmissione. Prima 
                voce: Il colmo per la letteratura tedesca è che il 
                suo più grande poeta del dopoguerra sia un ebreo, uno dei 
                pochi scampati alla macellazione. Oggi la mole critica che si 
                impegna a confrontarsi con la poesia di Celan (siamo nell'ordine 
                di migliaia di contributi) trova forse l'uguale nella letteratura 
                tedesca moderna solo nel caso Kafka. Il critico George Steiner 
                non ha esitato a definirlo il più grande poeta europeo 
                del secondo Novecento, ma la popolarità di Celan, malgrado 
                le sue poesie siano facilmente reperibili, resta limitata ad un 
                gruppo di selezionati ammiratori. Occorre fatica per penetrare 
                questi poemi che trasudano fratture sintattiche e decostruzioni 
                lessicali. Ma occorre ancor prima immedesimarsi in un ebreo della 
                Bucovina che scrive in lingua tedesca: la lingua della madre tanto 
                amata, quindi letteralmente madre-lingua, ma anche e soprattutto 
                la lingua dei suoi assassini. La decostruzione delle strutture 
                linguistiche, sistematicamente perseguita dal poeta, mira a scardinare 
                il legame scellerato tra il passato e il presente, che si riflette 
                nel linguaggio in modo esemplarmente mimetico.  Seconda 
                voce: Tra tutti gli autori tradotti, la relazione più 
                suggestiva e feconda è certamente quella con Osip Mandel'tam. 
                Paul Celan entra in contatto col poeta russo più impegnativo 
                del suo tempo quasi per caso, ma il primo abboccamento dà 
                luogo immediatamente a un'esperienza epifanica che nel giro di 
                pochi anni si concretizzerà in una serie di approcci ed 
                esiti proteiformi: dalla traduzione propriamente detta alla relazione 
                intertestuale privilegiata, passando per una ripresa sistematica 
                di elementi di poetica, vale a dire di un aspetto tra i più 
                privati e personali in un'artista. Un'affinità elettiva 
                intensissima e sofferta che culmina nella rappresentazione di 
                un incontro effettivo col poeta russo sul terreno ideale del poema. Prima 
                voce: Cosí il poema è per Celan, sulla scorta 
                di Mandel'tam, un tentativo di dialogo, un messaggio nella 
                bottiglia rivolto a un interlocutore sconosciuto. Nel Meridiano 
                scrive: "Il poema tende a un Altro, esso ha bisogno di un 
                interlocutore; lo va cercando e vi si dedica. Ogni oggetto, ogni 
                essere umano, per il poema che è proteso verso l'Altro, 
                è figura di questo altro". Il dialogo con l'Altro 
                è fondato sulla relazione tra due prospettive analoghe 
                e a un tempo divergenti: identità nel suo doppio significato, 
                ricerca della propria identità per mezzo dell'identità 
                con l'altro. Seconda 
                voce: Del 1963 è la sua raccolta poetica forse più 
                significativa, Die Niemandsrose (La Rosa di Nessuno). Attraverso 
                il dialogo con una gilda di poeti che sulla propria pelle hanno 
                osato levare la loro antiparola contro l'epoca, ma senza prescindere 
                dall'epoca, Celan si mette alla ricerca del luogo della poesia 
                nella realtà. È' un viaggio alla volta dell'oriente 
                slavo ed ebraico definitivamente perduto, un po' la Sarmazia di 
                Bobrowski, un po' il piccolo mondo interiore di Chagall, quel 
                che Celan così definisce: "Il paesaggio dal quale 
                io - per quali vie traverse! Ma poi esistono: vie traverse? - 
                il paesaggio dal quale io giungo fino a Loro è probabilmente 
                sconosciuto alla maggior parte di Loro. È il paesaggio 
                in cui stava di casa una parte non trascurabile di quelle storie 
                cassidiche che Martin Buber ha rinarrato in tedesco a tutti noi. 
                Era, se posso ancora aggiungere a questo schizzo topografico qualcosa 
                che adesso, da tanto lontano, mi si ripresenta agli occhi, - era 
                una contrada in cui vivevano uomini e libri".  Prima 
                voce: Il poeta sviluppa delle affinità elettive fondate 
                su due principi: da una parte nel segno della poesia come "antiparola" 
                che si dibatte contro la corrente della storia, e dall'altra nel 
                segno dell'identificazione con i poeti e con gli ebrei costretti 
                all'esilio e perseguitati dal loro tempo - parliamo non solo di 
                Mandel'tam, ma anche di Heine, Hölderlin, Sachs, Villon, 
                Kafka o Cvetaeva (proprio quella medesima Marina Cvetaeva che 
                aveva detto: "i poeti sono giudei"). Si tratta evidentemente 
                di un canone alternativo a Goethe, Shakespeare, Virgilio o Mallarmé. 
                Il poeta esclude a priori qualsiasi possibilità di sintonia 
                continuativa con il classico, poiché il passato resta in 
                modo onnipresente ed esclusivo la fonte del sommo dolore, che 
                diviene un motivo conduttore in molte liriche di Celan attraverso 
                la metafora ricorrente della "mandorla": il frutto che 
                simbolizza le masse senza nome a cui il poeta vuole offrire uno 
                spazio di testimonianza; il frutto presente nel nome che è 
                sinonimo di poesia nel segno dell'umano - Mandel'tam/Mandelstamm 
                in tedesco significa "schiatta del mandorlo" -, ma che 
                è, non da ultimo, anche il frutto dal cui seme si distillava 
                il Zyklon-B, il famigerato gas delle docce di Auschwitz.  Seconda 
                voce: La poetica del meridiano quale linea ultrageografica, 
                che affratella nel segno della poesia i punti che vi convergono, 
                non è una forma di resistenza, né tantomeno una 
                strada per la rivolta. Essa è piuttosto la testimonianza 
                di un solidale avvicinamento all'altrui, che ha l'effetto di fornire 
                un effimero ma consolatorio senso di appartenenza. La parabola 
                esistenziale ciò nondimeno troppo presto precipita. Negli 
                anni sessanta si manifestano le prime crisi di nervi, il poeta 
                si separa dalla moglie, per un certo periodo dorme nello studio 
                in cui lavora, presso la prestigiosa Scuola Normale parigina, 
                poi si trasferisce in un appartamento cosí piccolo da non 
                poterci portare neanche i suoi libri. Intanto si sottopone a cure 
                psichiatriche, tra l'altro anche ad elettroschock, e sperimenta 
                con gli stupefacenti. I suoi versi si fanno sempre più 
                impenetrabili, una stele imponente e indecifrabile sopra cui la 
                critica si scervellerà ancora e forse per sempre. Ci troviamo 
                di fronte a un'autentica discesa nell'abisso perseguita con coerenza 
                e fino alle estreme conseguenze. Cosa il poeta abbia incontrato 
                sul fondo dell'abisso resterà una questione senza risposte.In un giorno di primavera del 1970, non ancora cinquantenne, il 
                poeta Paul Celan, ultimo rantolo del Moderno, si getta nei gorghi 
                della Senna dal ponte Mirabeau, quello stesso cantato da Apollinaire 
                nella sua celebre poesia d'amore.
 Quattro 
                poemi per Osip Mandel'tam.
 IN UNO
 Tredici 
                di febbraio. Nella bocca del cuoreSi ridesta Schibboleth. Con te
 Peuple
 De Paris. No pasaràn.
 Pecorella 
                alla sinistra: lui, Abadias,il vegliardo di Huesca, arrivò coi cani
 attraverso il campo, nell'esilio,
 bianca, una nuvola
 di umana nobiltà, ci parlò
 nella mano la parola di cui avevamo bisogno, vi era
 lo spagnolo dei pastori, dentro
 nella 
                luce algida dell'incrociatore "Aurora":la mano fraterna, agitata insieme alla benda
 tolta dagli occhi grossi come parole - Pietropoli, la
 Città Peregrina dei non dimenticati stette
 anche a te, toscanamente, a cuore.
 Pace 
                alle baracche! UNA ROMANZA DA RIBALDO E MANIGOLDO
 CANTATA IN PARIGI EMPRÈS PONTOISE
 DA PAUL CELAN
 DI CZERNOWITZ PRESSO SADAGORA
  
                Talvolta soltanto, in tempi oscuriHeinrich Heine, A Edom
 A 
                quel tempo, quando c'erano ancora forche,quaggiú, non è vero, c'era
 un insù.
 Dov'è 
                finita la mia barba, vento, dovela mia macchia di ebreo, dove
 la mia barba, che tu strappi?
 Torto 
                era il cammino che intrapresiTorto era, sì,
 poiché era,
 sì, diritto.
 Heia. Torto, 
                così sarà il mio naso.Naso.
 E 
                ci muoviamo anche alla volta del Friuli.Là avremmo, là avremmo.
 Poiché fioriva il Mandorlo.
 Albero del mandorlo, Obero del malandro.
 Sogno 
                del mandorlo, Mogno del sandorlo.E anche albero del ginepro.
 Candelalbero.
 Heia.Lber.
 Envoi. Però,però si inalbera, l'albero. Esso,
 anch'esso
 si erge contro
 la peste.
 POMERIGGIO CON CIRCO E CITTADELLA
 A 
                Brest, davanti ai cerchi di fuoco,nella tenda, in cui la tigre saltava,
 là ti ho sentito, finitezza, cantare,
 là ti ho visto, Mandel'tam.
 Il 
                cielo si librava sopra la rada,sopra la gru si librava il gabbiano.
 Il finito cantava, il perenne, -
 e tu, cannoniera, il tuo nome è "Baobab".
 Io 
                ho salutato il tricolorecon una parola russa -
 il Perduto era Non-perduto,
 il cuore, un luogo fortificato.
 TUTTO È DIVERSO
 Tutto 
                è diverso da come te lo immagini, da come me lo immagino,la bandiera sventola ancora,
 i piccoli segreti sono ancora tra sé,
 gettano ancora ombre, di cui
 tu vivi, vivo io, viviamo.
 La 
                moneta d'argento si scioglie sulla tua lingua,sa di Domani, di Sempre, un cammino
 verso la Russa ti monta al cuore,
 la betulla carelia
 è
 in attesa,
 il nome Osip ti viene incontro, tu gli racconti
 quel che già sa, lui te lo prende, te lo riprende, con 
                le mani,
 tu gli sciogli il braccio dalla spalla, il destro, il sinistro,
 gli leghi i tuoi al loro posto, con le mani, le dita, le linee,
 - 
                quel che viene strappato ricresce nuovamente -eccoteli, prendi, eccoteli entrambi,
 il nome, il nome, la mano, la mano,
 prenditeli in pegno,
 e lui si prende anche quello, e tu hai
 di nuovo quel che è tuo, quel che era suo,
 mulini 
                a vento premono 
                l'aria nel polmone, tu remiattraverso i canali, le lagune e i navigli,
 al chiar di parola,
 a poppa nessun perché, a prora nessun dove, un corno d'ariete 
                ti solleva
 - Tekiah! -
 come uno squillo di trombone attraverso le notti e via nel giorno, 
                gli àuguri
 si scannano tra loro, l'uomo
 ha la sua pace, l'iddio
 ha la propria, l'amore
 ritorna nelle alcove, il crine
 delle donne cresce nuovamente,
 e la gemma sul loro seno
 richiusa all'indentro
 viene nuovamente alla luce, la linea
 della vita, del cuore, ti si risveglia
 nella mano che si arrampica sui lombi, -
 come 
                si chiama, il tuo paesedietro al monte, dietro all'anno?
 Io so come si chiama.
 Come la fiaba d'inverno, così si chiama,
 si chiama come la fiaba d'estate,
 la terra dei tre anni di tua madre, quella era,
 quella è,
 vaga dappertutto, come la lingua,
 gettala via, gettala via,
 così la riavrai indietro, come
 il ciottolo
 dell'avvallamento Moravo
 che portò il tuo pensiero a Praga,
 sulla fossa, sulle fosse, nella vita,
 da 
                tempose n'è andato, come le lettere, e tutte
 le lanterne, di nuovo
 lo devi cercare, è laggiù,
 è piccolo, e bianco,
 dietro l'angolo, là giace lui,
 presso Normandia-Njemen - in Boemia,
 dietro la casa, davanti alla casa,
 bianco è lui, bianco, dice:
 Oggi - è valido.
 Bianco è lui, bianco, un raggio
 d'acqua penetra, un raggio del cuore,
 un fiume,
 tu conosci il suo nome, le sponde
 traboccano il pieno giorno, come il nome,
 tu lo puoi palpare, con la mano:
 Alba.
 (Traduzione 
                di Antonello Piana) I 
                poemi originali IN 
                EINS Dreizehnter 
                feber. Im Herzmunderwachtes Schibboleth. Mit dir,
 Peuple
 de Paris. No pasaràn.
 Schäfchen 
                zur Linken: er, Abadias,der greis aus Huesca, kam mit den Hunden
 über das Feld, im Exil
 stand weiß eine Wolke
 menschlichen Adels, er sprach
 uns das Wort in die Hand, das wir brauchten, es war
 Hirten-Spanisch, darin,
 im 
                Eislicht des Kreuzers "Aurora":die Bruderhand, winkend mit der
 von den wortgroßen Augen
 genommenen Binde - Petropolis, der
 Unvergessenen Wanderstadt lag
 Auch dir toskanisch zu Herzen
 Friede 
                den Hütten! EINE 
                GAUNER- UND GANOVENWEISEGESUNGEN ZU PARIS EMPRÈS PONTOISE
 VON PAUL CELAN
 AUS CZERNOWITZ BEI SADAGORA
  
                Manchmal nur, in dunleln ZeitenHeinrich Heine, An Edom
 Damals, 
                als es noch Galgen gab,da, nicht wahr, gab es
 ein Oben.
 Wo 
                bleibt mein Bart, Wind, womein Judenfleck, wo
 mein Bart, den du raufst?
 Krumm 
                war der Weg, den ich ging,krumm war er, ja,
 denn, ja,
 er war gerade.
 Heia. Krumm, 
                so wird meine Nase.Nase.
 Und 
                wir zogen auch nach Friaul.Da hätten wir, da hätten wir.
 Denn es blühte der Mandelbaum.
 Mandelbaum, Bandelmaum.
 Mandeltraum, 
                Trandelmaum.Und auch der Machandelbaum.
 Chandelbaum.
 Heia.Aum.
 Envoi Aber,aber er bäumt sich, der Baum. Er,
 auch er
 steht gegen
 die Pest.
 NACHMITTAG MIT ZIRKUS UND ZITADELLE
 In 
                Brest, vor den Flammenringen,im Zelt, wo der Tiger sprang,
 da hört ich dich, Endlichkeit, singen,
 da sah ich dich, Mandelstamm.
 Der 
                Himmel hing über der Reede,die Möwe hing über dem Kran.
 Das Endliche sang, das Stete, -
 Du, Kanonenboot, heißt "Baobab".
 Ich 
                grüßte die TrikoloreMit einem russischen Wort -
 Verloren war Unverloren,
 das Herz ein befestigter Ort.
 ES IST ALLES ANDERS
 Es 
                ist alles anders, als du es dir denkst, als ich es mir denke,die Fahne weht noch,
 die kleinen Geheimnisse sind noch bei sich,
 sie werfen noch Schatten, davon
 lebst du, leb ich, leben wir.
 Die 
                Silbermünze auf deiner Zunge schmilzt,sie schmeckt nach Morgen, nach Immer, ein Weg
 nach Rußland steigt dir ins Herz,
 die karelische Birke
 hat
 gewartet,
 der name Ossip kommt auf dich zu, du erzählst ihm,
 was er schon weiß, er nimmt es, er nimmt es dir ab, mit 
                Händen
 du löst ihm den Arm von der Schulter, den rechten, den linken,
 du heftest die deinen an ihre Stelle, mit Händen, mit Fingern, 
                mit Linien,
 - 
                was abriß, wächst wieder zusammen -da hast du sie, da nimm sie dir, da hast du alle beide,
 den Namen, den Namen, die Hand, die Hand,
 da nimm sie dir zum Unterpfand,
 er nimmt auch das, und du hast
 wieder, was dein ist, was sein war,
 Windmühlen
 Stoßen 
                dir Luft in die Lunge, du ruderstdurch die Kanäle, Lagunen und Grachten,
 bei Wortschein,
 Am 
                Heck kein Warum, am Bug kein Wohin, ein Widderhorn hebt dich  
                - Tekiah! -wie ein Posaunenschall über die Nächte hinweg in den 
                Tag, die Auguren
 zerfleischen einander, der Mensch
 hat seinen Frieden, der Gott
 hat den seinen, die Liebe
 kehrt in die Betten zurück, das Haar
 der Frauen wächst wieder,
 die nach innen gestülpte
 Knospe an ihrer Brust
 tritt wieder zutag, lebens-,
 herzlinienhin erwacht sie
 dir in der Hand, die den Lendenweg hochklomm, -
 wie 
                heißt es, dein Landhinterm Berg, hinterm Jahr?
 Ich weiß, wie es heißt.
 Wie das Wintermärchen, so heißt es,
 es heißt wie das Sommermärchen,
 das Dreijahreland deiner Mutter, das war es,
 das ists,
 es wandert überallhin, wie die Sprache,
 wirf sie weg, wirf sie weg,
 dann hast du sie wieder, wie ihn,
 den Kieselstein aus
 der Mährischen Senke,
 den dein Gedanke nach Prag trug,
 aufs Grab, auf die Gräber, ins Leben,
 längstist er fort, wie die Briefe, die alle
 Laternen, wieder
 Mußt du ihn suchen, da ist er,
 klein ist er, weiß,
 um die Ecke, da liegt er,
 bei Normandie-Njemen - in Böhmen,
 da, da, da,
 hinterm Haus, vor dem Haus,
 weiß st er, weiß, er sagt:
 Heute - es gilt.
 Weiß ist er, weiß, ein Wasser-
 Strahl findet hindurch, ein Herzstrahl,
 ein Fluß,
 du kennst seinen Namen, die Ufer
 hängen voll Tag, wie der Name,
 du tastest ihn ab, mit der Hand:
 Alba.
   
 Antonello 
                Piana (1974) ha discusso di recente una tesi di laurea sulla relazione 
                dialogica Celan-Mandel'tam.. 
 
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