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  L'ISLAM E L'OCCIDENTE   
 
  Arnold Toynbee 
 
 
 (...) 
                Nel primo capitolo si erano precisati due punti sullo scontro 
                fra Russia e Occidente: il primo è che la Russia ha potuto 
                tener testa all'Occidente adottando armi occidentali, il secondo 
                è che una di queste armi occidentali adottate dalla Russia 
                consisteva in un credo ideologico, e che adottando l'ideologia 
                occidentale del comunismo la Russia ha potuto passare alla controffensiva 
                che tante preoccupazioni desta oggi in noi dell'Occidente. Questa 
                vicenda attuale dei rapporti fra la Russia e la nostra società 
                ripete in alcuni punti una vicenda più antica, in cui la 
                parte dell'odierna civiltà occidentale fu sostenuta dalla 
                civiltà greco-romana che la precedette, e la parte della 
                Russia dall'Islam.
 Il comunismo è stato chiamato un'eresia cristiana, e la 
                stessa definizione vale anche per l'Islam. L'Islam, come il comunismo, 
                si fece strada come programma di riforme mirante a eliminare gli 
                abusi insorti nella prassi del cristianesimo di allora. E il successo 
                conseguito dall'Islam nei primissimi tempi dimostra la potenza 
                del richiamo che un'eresia riformatrice può esercitare 
                quando l'ortodossia da essa attaccata esiti a correggere i propri 
                sbagli. Nel secolo settimo dell'era cristiana gli arabi musulmani 
                liberarono dalla dominazione greco-romana una collana di paesi 
                orientali - dalla Siria alla Spagna attraverso il nord Africa 
                - che a tale dominazione era ormai soggetta dai mille anni, cioè 
                da quando Alessandro Magno aveva conquistato l'impero persiano 
                e i romani avevano abbattuto Cartagine. Dopodiché, fra 
                il secolo undicesimo e il sedicesimo, i musulmani passarono a 
                conquistare via via quasi tutta l'India, e la loro religione si 
                diffuse ancor più lontano con mezzi pacifici: in Indonesia 
                e Cina a est, nell''Africa tropicale a sud-ovest. Anche la Russia, 
                come abbiamo visto, conobbe nel basso medioevo una temporanea 
                soggezione ai tartari convertitisi all'Islam, e tutto il resto 
                della cristianità ortodossa orientale, in Asia Minore e 
                nell'Europa sud-orientale, fu conquistato nei secoli quattordicesimo 
                e quindicesimo dai turchi ottomani, di fede musulmana. Vienna 
                fu assediata dai turchi per la seconda volta nel 1682-83, cioè 
                in epoca non molto remota; e sebbene il fallimento di quell'assedio 
                segnasse l'inizio di un cambiamento di fortuna a favore dell'Occidente 
                nel suo scontro con l'aggressivo Impero ottomano, la bandiera 
                della mezzaluna guariva ancora nel 1912 sulla costa orientale 
                dell'Adriatico, dirimpetto al tallone d'Italia.
 Quei tremendi successi militari e politici che arrisero l'Islam 
                nei primi capitoli della sua storia spiegano perché i turchi 
                e altri popoli musulmani fossero così restii a seguire 
                la politica di Pietro il Grande: resistere all'occidente adottando 
                armi, arnesi, istituzioni e idee occidentali. L'occidentalizzazione 
                tecnologica della Russia da parte di Pietro il Grande iniziò 
                a meno di cent'anni dall'occupazione occidentale di Mosca, che 
                i russi si erano visti infliggere dagli invasori polacchi nel 
                1610-12. Invece ci vollero più di cent'anni dopo il disastro 
                turco di Vienna del 1683 perché un sultano turco facesse 
                il primo passo riguardo all'addestramento della fanteria turca 
                su modello occidentale, e ce ne vollero ben 236 perché 
                uno statista turco convincesse i suoi compatrioti ad adottare 
                di tutto cuore e senza riserve il modo di vivere occidentale.
 Le riforme militari inaugurate dal sultano Selim III, che salì 
                al trono nel 1789, furono una ripercussione della sconfitta che 
                la Russia aveva inflitto alla Turchia nella grande guerra del 
                1768-74. Fino allora, i turchi avevano considerato i russi come 
                cugini campagnoli dei propri spregiati sudditi cristiano-ortodossi 
                orientali, di nazionalità greca e bulgara; ed ora i Turchi 
                avevano patito una disfatta schiacciante per mano di questi rustici 
                russi perché i russi si erano impossessati della tecnica 
                militare occidentale. In quanto al movimento occidentalizzante 
                integrale, varato da Mustafà Kemal Ataturk nel 1919, è 
                dubbio che, pur con tutta la sua divinazione immaginosa e demoniaca 
                potenza motrice, Atatturk sarebbe riuscito a scuotere o turchi 
                dal loro secolare conservatorismo se, dopo la prima guerra mondiale, 
                essi non si fossero trovati al bivio ineludibile fra l'occidentalizzazione 
                totale e la completa estinzione. Il fatto è che il contrattacco 
                al mondo islamico, che dopo lo scacco turco di Vienna del 1683 
                doveva venire prima o poi, fu ritardato da antiche memorie occidentali 
                della storica prodezza militare turca e musulmana in genere. La 
                rappresaglia occidentale alla conquista turca della cristianità 
                ortodossa orientale, avvenuta nei secoli XIV e XV, si era concretata 
                non già in un nuovo attacco frontale al mondo islamico, 
                che i disastrosi insuccessi delle Crociate sconsigliavano senz'altro, 
                ma in un accerchiamento dell'Islam mediante la conquista dell'Oceano. 
                La circumnavigazione dell'Africa aveva portato i marinai occidentali 
                di nazionalità portoghese alla costa occidentale dell'India 
                qualche anno prima che i Mughal i quali costituivano l'ultima 
                ondata dell'invasione musulmana in quel paese, vi entrassero per 
                via di terra dall'Asia centrale. Il transito dell'Oceano Atlantico 
                e del Pacifico, attuato dagli spagnoli attraverso il Messico, 
                eresse nelle isole Filippine una nuova frontiera asiatica dell'Est 
                fra una cristianità occidentale e un Islam che finora confinavano 
                soltanto agli antipodi: nella valle del Danubio e nel Mediterraneo 
                occidentale. Anzi, prima della fine del secolo sedicesimo l'Occidente, 
                grazie alla conquista dell'Oceano, era riuscito a gettare un lazo 
                al collo dell'Islam; ma fu soltanto nel secolo diciannovesimo 
                che l'Occidente osò stringere il nodo. Fino allora, durevoli 
                ricordi dell'antica prodezza militare musulmana, da entrambe le 
                parti, tennero gli occidentali in uno stato di cautela e i musulmani 
                di autocompatimento.
 L'esperienza che lentamente ruppe l'incanto di questo autocompiacimento 
                musulmano fu il ripetersi delle sconfitte militari che all'impero 
                ottomano e ad altre potenze musulmane inflissero i nemici che 
                disponevano di armi occidentali e della tecnologia e scienza che 
                sono il nerbo della moderna arte bellica occidentale, e la reazione 
                musulmana a quest'eperienza fu identica a quella russa.
 In Turchia dal 1789 al 1919, come in Russia dal 1699 al 1825 il 
                tipico occidentalizzatore rivoluzionario fu un giovane ufficiale 
                dell'esercito o della marina; e per la mente di un occidentale 
                ciò è sorprendente, perché nei paesi occidentali 
                il corpo degli ufficiali di carriera tende ad essere non già 
                un focolaio di rivoluzione ma una roccaforte del conservatorismo. 
                Eppure i fatti sono indiscutibili. In Russia, gli agenti più 
                efficaci del programma rivoluzionario attuato dallo zar occidentalizzatore 
                Pietro il Grande furono i giovani ufficiali della sua Guardia; 
                e più di cent'anni dopo Pietro, gli ideatori della rivoluzione 
                fallita del 1825 contro lo zar conservatore Nicola I furono, ancora 
                una volta, ufficiali dell'esercito, infettati dalle idee politiche 
                occidentali dell'epoca nel 1814, quando militavano nell'esercito 
                internazionale di occupazione in Francia. Nel secolo diciannovesimo 
                la carriera tipica del profeta o capo rivoluzionario russo era 
                spesso questa: nascere da un agiato proprietario terriero, entrare 
                nel servizio militare o civile, pubblicare articoli filosofeggianti 
                in una rivista letteraria, ritirarsi in età giovanile dal 
                servizio imperiale, e passare il resto della vita campando di 
                rendita a servire la causa della riforma politica e sociale in 
                Russia sullo stampo occidentalizzante. In Turchia fu sostanzialmente 
                la stessa storia. Il pioniere fallito dall'occidentalizzazione, 
                sultano Selim III, e il suo più fortunato successore Mahmud 
                II, esordirono entrambi costituendo reparti militari addestrati 
                all'occidentale; e nella rivoluzione turca del 1908, che corrispose 
                alla sfortunata rivoluzione russa del 1825 ma fu coronata dal 
                successo, gli spiriti animatori erano giovani ufficiali dell'esercito.
 Nel caso turco, la ragione della parte cospicua avuta dai giovani 
                ufficiali nel movimento occidentalizzante è ovvia. Scopo 
                della rivoluzione turca del 1908 era quello di ristabilire l'occidentalizzante 
                costituzione parlamentare turca del 1876, che era stata quasi 
                subito messa in disparte dal sultano reazionario 'Abd-al-Hamid 
                II. La strategia politica seguita da 'Abd-al-Hamid durante i suoi 
                trent'anni di governo assoluto, per accertarsi che il liberismo 
                occidentale non alzasse mai più la testa in Turchia, si 
                era risolta nella repressione di tutte le forme di "pensiero 
                pericoloso". Sotto il suo regime si ebbe una severa censura 
                ai libri e un rigido controllo dell'istruzione; ma l'unica eccezione 
                alla norma sistematicamente oscurantista di 'Abd-al-Hamid fu l'istruzione 
                dei cadetti destinati alla carriera militare. 'Abd-al-Hamid aveva 
                una paura morbosa della rivoluzione, ma al tempo stesso il cuore 
                gli diceva che avrebbe perduto il suo impero in un altro modo 
                - soggiacendo alla conquista di qualche potenza straniera militarmente 
                capace - se avesse reso impossibile ai cadetti militari turchi 
                di seguire il progresso della scienza militare occidentale. Egli 
                naturalmente tentò di mantenere l'istruzione occidentale 
                dei suoi cadetti entro i più ristretti limiti professionale; 
                ma una volta che questi giovani turchi ebbero avuto il permesso 
                di imparare le lingue occidentali per studiare i testi d'Occidente, 
                risultò impossibile precludere alle loro menti il contagio 
                delle idee politiche occidentali. I cadetti militari furono così 
                la sola classe della Turchia hamidiana che potesse tenere aperta 
                una finestra mentale agli influssi d'Occidente; ed ecco perché 
                nel 1908, dopo trent'anni di regime dispotico oscurantista, l'avanguardia 
                era costituita dall'elemento juniore del corpo ufficiali.
 La necessità di occidentalizzare l'esercito turco, ammessa 
                così perfino da un reazionario estremo come il sultano 
                'Abd-al-Hamid II era stata riconosciuta cent'anni prima, come 
                si è detto, dal suo sfortunato predecessore Selim III, 
                di idee liberali. Ma in questo capitolo della vicenda anche gli 
                occidentalizzatori convinti, in Turchia, non nutrivano in cuor 
                loro alcun amore per l'estranea civiltà occidentale che 
                andavano a ragion veduta introducendo. La loro intenzione era 
                solo di prendere quella dose minima di cultura occidentale che 
                bastasse a tenere in vita il "malato d'Europa"; e questo 
                spirito avaro fece abortire l'una dopo l'altra in Turchia varie 
                fasi di riforme occidentalizzanti. Il verdetto della storia su 
                questa vecchia scuola di occidentalizzatori turchi è: "ogni 
                volta troppo poco e troppo tardi". Essi speravano di abilitare 
                la Turchia a tenere degnamente il campo nelle guerre con potenze 
                occidentali come l'Austria, o occidentalizzanti come la Russia, 
                solo vestendo di uniforme occidentale i soldati turchi e armandoli 
                di armi occidentali, e dando agli ufficiali turchi un addestramento 
                professionale occidentale. Volevano mantenere tutto il resto della 
                vita turca sulla tradizionale base islamica. La ragione per cui 
                questa politica di occidentalizzazione in dose minima fallì, 
                e doveva fallire, era che urtava in modo flagrante contro una 
                verità a cui questi primi riformatori turchi militari furono 
                ciechi. benché Pietro il Grande avesse mostrato il suo 
                genio intuendola. Ecco questa verità: che ogni civiltà, 
                ogni modo di vita è un tutto indivisibile in cui tutte 
                le parti coesistono in un rapporto di interdipendenza.
 Per esempio, il segreto della superiorità di cui godette 
                l'Occidente rispetto al resto del mondo nell'arte della guerra 
                dal secolo diciassettesimo in poi non va cercato solo nelle sue 
                armi, o nel suo sistema di esercizio e addestramento militare. 
                Non lo si troverà nemmeno nella tecnologia civile che fornisce 
                l'equipaggiamento militare. Non lo si può capire senza 
                tener conto anche di tutta la mente e l'anima della società 
                occidentale dell'epoca; e la verità è che l'arte 
                bellica occidentale è sempre stata una faccia del modo 
                di vita occidentale. Quindi una società straniera che tentasse 
                di acquistare quell'arte senza cercare di vivere quella vita doveva 
                fallire nell'intento di padroneggiare l'arte; mentre per converso 
                l'ufficiale russo, turco o comunque non occidentale che riuscisse 
                nella sua professione fino a raggiungere il livello canonico dell'occidente 
                poteva farlo solo assimilando, della civiltà occidentale, 
                molti più elementi che non si trovassero nel libro di testo 
                o sulla piazza d'armi. Infatti la soluzione minima della sempre 
                più insistente "questione occidentale" della 
                Turchia, per quanto così a lungo cercata, non era affatto 
                una soluzione, e la vicenda poteva concludersi in pratica solo 
                nell'uno o nell'altro di due modi: alla fine, i turchi, avrebbero 
                pagato l'errore di prendere la civiltà occidentale a dosi 
                minime soccombendo, oppure si sarebbero salvati dall'estinzione 
                occidentalizzandosi con tutto il cuore, la mente, l'anima e la 
                forza. Dopo essersi portati sull'orlo della distruzione imboccando 
                la prima delle due strade, si salvarono appena appena buttandosi, 
                prima che fosse troppo tardi, a un'occidentalizzazione illimitata 
                sotto la guida di Mustafà Kemal Atatturk.
 Mustafà Kemal era uno di quei giovani ufficiali che si 
                erano imbevuti di idee occidentali attraverso l'istruzione professionale 
                ricevuta negli ultimi giorni del regime hamidiano; e poi aveva 
                preso parte attiva alla rivoluzione del 1908. L'occasione buona 
                venne per Mustafà Kemal quando la Turchia era a terra, 
                accasciata dalla sconfitta che aveva condiviso con l'alleata Germania 
                nella prima guerra mondiale. Kemal ebbe l'intuito di accorgersi 
                che le mezze misure di occidentalizzazione, se finora erano state 
                sempre disastrose per la Turchia, adesso le sarebbero riuscite 
                fatali; ed ebbe anche la forza d'animo di indurre i compatrioti 
                a seguire il suo indirizzo. La politica di Mustafà Kemal 
                puntò sulla conversione integrale della Turchia al modo 
                di vita occidentale; e negli anni fra il 1920 e il 1930 egli attuò 
                in Turchia quello che era forse il programma più rivoluzionario 
                deliberatamente e sistematicamente realizzato in qualsiasi Paese 
                in tempo così breve. Era come se, nel nostro mondo occidentale, 
                Rinascimento, Riforma, rivoluzione mentale scientifica di stampo 
                secolare avvenuta alla fine del Seicento, Rivoluzione francese 
                e Rivoluzione industriale si fossero tutte concentrate nello spazio 
                di una vita umana e rese obbligatorie per legge. In Turchia l'emancipazione 
                delle donne, la rimozione dell'Islamismo dalla sua posizione ufficiale 
                di privilegio, e la sostituzione dell'alfabeto latino all'alfabeto 
                arabo come veicolo grafico della lingua turca si effettuarono 
                fra il 1922 e il 1928.
 Questa rivoluzione fu compiuta da un dittatore che operava mediante 
                un singolo partito investito di un monopolio del potere, e probabilmente 
                non si sarebbe potuto fare tanto in tempo così breve con 
                metodi meno drastici. Nel decennio posteriore al 1920 la Turchia 
                doveva cambiare la propria vita radicalmente dall'interno o perire, 
                e il popolo turco prescelse di sopravvivere a tutti i costi. Fra 
                questi costi vi fu un periodo di sottomissione a un regime di 
                tipo fascista-nazista-comunista, sebbene in Turchia l'istituzione 
                dittatoriale del governo monoparititico non giungesse mai ad estremi 
                totalitari. Però il seguito è cospicuo e promettente. 
                Nelle elezioni generali del 1950 la Turchia passò dal regime 
                monopartitico a un regime bipartitico per consenso, senza violenza 
                o spargimento di sangue. Il partito che così a lungo aveva 
                detenuto il monopolio del potere accettò adesso la volontà 
                degli elettori, prima lasciandoli votare liberamente, e poi prendendo 
                il voto contrario come segno e spunto per un ritiro del partito 
                dominante dai seggi del Governo e un rientro dell'opposizione; 
                e l'opposizione, da parte sua, mostrò lo stesso spirito 
                costituzionale. Quando si trovò al potere, non ne abusò 
                prendendo misure vendicative contro avversai che avevano rispettato 
                i risultati di una libera elezione cedendo volontariamente il 
                campo ai vincitori proclamati dalle urne.
 Pare che in Turchia, dopo tanti infruttuosi tentativi di statisti 
                che di generazione in generazione volevano "far bastare" 
                l'arte occidentale della guerra, l'istituzione occidentale del 
                governo parlamentare costituzionale, tanto più vicina dell'arte 
                bellica al cuore della nostra civiltà, abbia ora messo 
                salde radici. Se così è, registriamo qui un notevole 
                trionfo di quel senso di equità e moderazione in politica 
                che secondo noi occidentali è uno dei doni benefici che 
                l'occidente può fare al mondo. A partire dal 1917 abbiamo 
                visto molti popoli parzialmente o nominalmente democratici cadere 
                in varie forme di governo tirannico e alcuni di questi popoli- 
                per esempio l'italiano e il tedesco- erano non già proseliti 
                recenti della nostra civiltà occidentale, ma membri di 
                nascita della nostra famiglia. La vittoria dello spirito costituzionale 
                d'Occidente nelle elezioni turche del 1950 è dunque una 
                pietra militare che potrebbe finanche indicare una svolta nell'andamento 
                politico della storia mondiale.
 Manco a dirlo, ci sono altre idee e istituzioni occidentali che 
                costituiscono dubbi regali; e tra essi vi è il nostro nazionalismo. 
                I turchi, e con loro molti altri popoli islamici, si sono fortemente 
                infettati di nazionalismo oltreché di altre idee occidentali, 
                salutari o perniciose che fossero. E noi dobbiamo domandarci quale 
                sarà la conseguenza dell'intrusione di questo gretto ideale 
                politico occidentale in un mondo di islamici che ha per tradizione 
                avita la fratellanza di tutti i musulmani in virtù della 
                religione comune, ad onta delle differenze di razza, lingua e 
                dimora. Adesso, in un mondo in cui la distanza è stata 
                "annientata" dal progresso della tecnologia occidentale, 
                e in cui il modo di vivere occidentale deve contendere a quello 
                russo l'adesione dell'umanità intera, la tradizione islamica 
                della fratellanza umana parrebbe un ideale migliore, per sopperire 
                alle esigenze sociali dei tempi, che non la tradizione occidentale 
                dell'indipendenza sovrana per dozzine di azioni separate. Nella 
                nuova situazione in cui si trova la comunità occidentale 
                dopo la seconda guerra mondiale, la sua partizione interna in 
                una quarantina di stati nazionali sovrani e indipendenti minaccia 
                di provocare la caduta di una casa scissa contro se stessa. Eppure 
                il prestigio dell'Occidente nel mondo è ancora tanto alto 
                da rendere pur sempre contagioso il virus occidentale del nazionalismo. 
                C'è da sperare che, almeno nel mondo islamico, la diffusione 
                di questo morbo politico occidentale possa essere arrestata dalla 
                forza di un tradizionale senso islamico di unità. Una unità 
                politica e sociale di portata mondiale è necessaria a noi 
                uomini e alla nostra salvzza nell'era atomica in cui siamo oggi 
                entrati, con urgenza ben maggiore che non in passato.
 Il popolo turco, sotto l'ispirazione di Ataturk, ha reso certo 
                un servigio a tutto il mondo islamico tentando i risolvere una 
                comune "questione occidentale" in l'adozione del moderno 
                sistema di vita occidentale senza riserve, nazionalismo compreso 
                e tutto il resto. Ma non è detto che gli altri paesi islamici 
                debbano seguire necessariamente la pista tracciata da questi pionieri 
                turchi.
 Ci sono per esempio i Paesi musulmani di lingua araba, dove si 
                parla una lingua comune in dialetti diversi ma la si scrive in 
                una sola forma letteraria canonica, dalla costa atlantica del 
                Marocco ai confini occidentali della Persia, e da Aleppo a Mossul 
                nel nord fino a Khartum, Aden, Masksat e Zanzibar nel sud. Libri 
                e giornali pubblicati al Cairo, a Damasco e Beirut, circolano 
                per tutta questa vasta area linguisticamente araba e anche oltre 
                - perché l'arabo la lingua della religione anche in Paesi 
                islamici dove non è la lingua della vita quotidiana. E' 
                proprio necessario che il mondo di lingua araba si frantumi- come 
                purtroppo si è frantumato l'ex impero spagnolo d'America- 
                in una ventina di stati nazionali indipendenti e rassegnati a 
                vivere in altrettanti compartimenti stagni sul modello occidentale? 
                E' questo un lato manchevole della nostra civiltà occidentale, 
                e sarebbe cero un peccato per i popoli di lingua araba copiarlo 
                a puntino.
 E poi, su tutti i confini del mondo islamico- Africa tropicale, 
                India, Cina e Unione Sovietica- ci sono minoranze musulmane, sparpagliate 
                tra maggioranze non musulmane, che non potranno mai raccogliere 
                tutti i loro membri in blocchi geograficamente compatti suscettibili 
                di formare altrettanti stati sovrani indipendenti. Queste disperse 
                comunità musulmane- che in tutto ammontano a molti milioni 
                di persone- non sono, come vedremo, le sole del loro genere; e 
                per comunità sparse come queste, il vangelo del nazionalismo 
                occidentale non è una chiamata a nuova vita, come vedremo, 
                ma una condanna a morte. Prendiamo per esempio il caso della grande 
                comunità musulmana sparsa sulla faccia del sottocontinente 
                indiano. Nel 1947, quando la Gran Bretagna si ritirò dall'India, 
                lo spirito occidentale del nazionalismo purtroppo non seguì 
                il buon esempio dato dai rappresentanti della nazione occidentale 
                che aveva introdotto in India tale ideologia d'Occidente. Il nostro 
                nazionalismo occidentale perdurò in India dopo la partenza 
                degli ex-amministratori e governatori britannici, a scindere un 
                sottocontinente dianzi unito in due litigiosi stati successori 
                - l'Unione Indiana Indù e il musulmano Pakistan - e per 
                entrambi questa scissione è stata certo una disgrazia. 
                L'Unione Indiana è un po' meno di un India unita; il Pakistan 
                è un paese composto di due frammenti fra loro divisi dall'Unione 
                Indiana in tutta la sua larghezza; e anche dopo questo lavoro 
                di intarsio, milioni di Indù e musulmani indiani si sono 
                trovati a vivere dalla parte sbagliata delle nuove frontiere, 
                con l'alternativa crudele di lasciare le proprie dimore o cadere 
                sotto il dominio di un governo che non li ama.
 I Pakistani possiedono ora un loro stato nazionale, ed è 
                vasto e popoloso. Ma questi musulmani indiani han dovuto pagarlo 
                a prezzo più alto che non i turchi, e molto più 
                alto che non gli egiziani. Hanno scoperto a proprie spese costo 
                e svantaggi del nostro nazionalismo occidentale. Quindi i pakistani, 
                al pari dei turchi, hanno appreso lezioni politiche che saranno 
                preziose non solo per altri popoli islamici, ma anche per tutto 
                il mondo.
 
 (Questo 
                brano, tratto dal volume "Il mondo e l'Occidente", è 
                stato scritto da Toynbee nei primi anni '50). 
 
 Arnold 
                Toynbee (1889 / 1975), storico inglese, ha concepito una rinomata 
                Filosofia della Storia, basata sull'analisi dello sviluppo 
                ciclico e del declino delle civiltà. Il suo libro Il mondo 
                e l'Occidente, dal quale è stato tratto questo brano, è 
                stato pubblicato da Sellerio editore, Palermo, 1992, in traduzione 
                di Glauco Cambon. 
 
 
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