ARTE E GLOBALIZZAZIONE: IMPERIALISMO, BRANDING E ANTIBRANDING

Jorge Capelán


In un mondo in cui la concentrazione del potere economico e politico acquista delle dimensioni che non hanno precedenti nella storia e in cui il controllo sui grandi mezzi di comunicazione si concentra su pochi megamonopoli, tra i quali troviamo Walt Disney, Turner, Mtv e il magnate australiano Murdoch, i meccanismi del manufatto del consenso (1) si trasformano in un elemento centrale che modella il nostro modo di immaginare il mondo secondo determinati interessi.

Da questa prospettiva, ogni discussione estetica che non sia basata su una analisi delle relazioni di potere e delle posizioni dei diversi soggetti, è condannata a risultare un mero esercizio accademico, a sua volta suscettibile di essere utilizzato dai centri di potere. Le stesse categorie di analisi sono, a loro volta, immerse in intenzioni che è necessario analizzare e il cui fine, molte volte, è quello di nascondere il vero ruolo di tali strutture di dominazione.

Nello stesso tempo in cui ci vediamo inondati da immagini, films, suoni e testi provenienti dall'onnipresente apparato mediale, osserviamo una penetrazione, ogni volta più totalitaria, dei meccanismi del mercato nella produzione culturale nella quale, man mano, si fa più difficile separare le simboliche strategie di funzionamento del capitale dai modi di produzione simbolica che prima appartenevano a domini come quello "dell'arte e della cultura".

Dall'altro lato, un crescente movimento su scala globale reagisce davanti allo stato dei fatti vigenti e difende lo sviluppo di una società in funzione di altri tipi di valori. Questo movimento, che funziona all'interno del sistema, sviluppa le proprie elaborazioni simboliche da diverse prospettive.

L'oggetto di questo lavoro è quello di, per prima cosa, fare una sommaria revisione critica del concetto di globalizzazione come ideologia razionalizzatrice degli interessi della dominazione regnante. Poi, introdurremo il concetto di branding come strategia simbolica di dominazione e funzionamento del capitale. Per ultimo, a partire da una descrizione a grandi tratti del movimento globale di resistenza a queste strategie, cercheremo di dare alcuni esempi del suo agire.


GLOBALIZZAZIONE

Secondo il discorso ufficiale, ci troviamo in un'era caratterizzata dalla "globalizzazione" (2) in ogni campo dell'attività umana, e ne abbiamo numerosi esempi: abitanti del Camerun, tutte le domeniche, attaccati alla televisione per tifare la loro squadra preferita, come il Real Madrid o il Milan. Le canzoni dei Back Street Boys canticchiate dagli adolescenti di tutto il Terzo Mondo, che a loro volta bevono Sprite. Allo stesso tempo, un impiegato di Rio de Janeiro dipende dai risultati delle elezioni in Indonesia, che potrebbero danneggiare lo sviluppo della borsa, che, di conseguenza, potrebbe danneggiare il futuro valore dei suoi risparmi per la pensione, ecc., ecc.,ecc.

Questo stesso discorso ci spiega che nell'abbattere le frontiere, che gli stati nazionali fino ad oggi avevano posto per il libero flusso dei capitali, si può parlare di una vera interdipendenza di ogni attività umana: lo svolazzare di una farfalla a Bangladesh può produrre uragani a Wall Street. Inoltre un requisito indispensabile per questo libero flusso è la debilitazione di ogni tipo di sussidio alla produzione e ai servizi che ostacolano la libera competenza. Un requisito necessario per il libero flusso dei capitali è l'adozione di un determinato sistema politico spesso denominato come "democrazia senza nome", che implica l'adozione di un sistema politico pluripartigiano con elezioni periodiche, integrato a sua volta in un sistema internazionale sempre più dominato dalle prescrizioni politiche economiche del Fondo Monetario Internazionale e della Organizzazione Mondiale del Commercio, che porrebbero limiti alle competenze degli stati nazionali nella sfera economica. Sul terreno delle idee, questa globalizzazione unirebbe la pluralità delle identità sotto la costruzione di un io altamente competitivo, informato, flessibile, pluralista, collegato, rispettoso delle leggi e dei contratti, orientato all'azione, e inoltre, profondamente "umano". La storia nell'era della globalizzazione prometterebbe, in cambio di sforzi e rischi attuali, un futuro luminoso grazie alla scienza, quella che avrebbe nelle sue mani le soluzioni a tutti i problemi che dagli albori della storia hanno assillato l'essere umano. Questo progresso della scienza è un fatto della natura, e non può essere fermato dalla mera volontà umana. In quanto al passato, la battaglia decisiva liberata durante il secolo ventesimo tra il modernismo capitalista e i modi arcaici di produzione, rappresentati in breve dal comunismo, avrebbe dato come vincitore il primo, in conseguenza del quale, essendo la storia arrivata alla sua fine, in futuro continueremo ad essere testimoni dei più svariati scandali e dei fatti più o meno commoventi, ma senza arrivare a mettere in dubbio le basi di un ordine sociale, la cui caratteristica sarebbe data dal modo stesso del mondo di funzionare. Ossia, che da ora in avanti, "il mondo sarà più noioso"? Tuttavia, lo stesso discorso ufficiale ci avverte - e spiega- che i rantoli di questa forza, che si oppongono all'inesorabile passo del progresso e della libertà, sono oscuri e mortiferi: il terrorismo fondamentalista e fanatico.

Questo è il discorso ufficiale. E come ogni discorso ufficiale è, a dir poco, problematico:


In primo luogo, si dovrebbe fare l'osservazione che questa teoria della globalizzazione ci dà una visione clinica di come siamo arrivati a questo stato di cose in cui, ipoteticamente, ci troviamo. La "genesi" della globalizzazione si dovrebbe trovare in uno sviluppo "postindustriale" del capitalismo che avrebbe superato, in capacità produttiva, il comunismo sovietico e tutte le altre forme di intervento statale nell'economia. Non facciamo riferimento alle dittature, promosse e ampiamente finanziate, del terzo mondo per ottenere l'imposizione del sistema neoliberale, né ai conflitti di "bassa" intensità che formarono parte della politica estera statunitense durante l'ultimo terzo del secolo XX. Non si presta neppure sufficiente attenzione al fatto che i due governi emblematici di questa "vittoria del mercato", quello di Ronald Regan in USA e quello di Margaret Thatcher in Gran Bretagna, hanno avuto una spesa pubblica maggiore di quella dei loro predecessori, poiché la grande differenza era che le risorse dello stato sono state rivolte alla sovvenzione dei capitalisti, così come del settore militare-industriale e finanziario.

In secondo luogo, è necessario chiarire che il libero flusso dei capitali non è su un doppio binario, ma si tratta di abolire i mezzi protezionisti dei paesi poveri, mentre i rapporti doganali dei paesi ricchi rimangono intatti. In maniera analoga, il flusso dei corpi di periferia, ossia delle persone, verso i paesi ricchi si fa man mano più restrinto. Lì le barriere diventano fisiche.

In terzo luogo, così come lo spiegano le analisi di James Petras, il discorso della globalizzazione, parlando di un "capitale globale", perde di vista la "struttura del capitale": per esempio, se consideriamo le Corporazioni Multinazionali che si trovano nella cuspide del potere mondiale, troveremo che in gran parte appartengono a capitali nordamericani e europei, e in numero abbastanza minore, giapponesi. La rappresentazione delle economie "emergenti" del Terzo Mondo è praticamente inesistente. Non si può nemmeno dire che queste corporazioni siano veramente "globali": se veramente è sicuro che la tendenza è verso un'espansione di una parte considerevole delle loro attività più in là delle loro frontiere, specialmente verso i paesi con mano d'opera più economica, esiste anche la tendenza a concentrare le attività strategiche, come la ricerca, lo sviluppo di nuovi prodotti e le decisioni di investimenti, nei paesi d'origine.

In quarto luogo, né il FMI (3), né la OMC (4) sono organizzazioni meramente tecnocratiche: il potere di decisione è concentrato nelle mani dei 7 paesi più ricchi, specialmente gli USA.

In quinto luogo, la predominanza della NATO a livello militare e la supremazia statunitense al suo interno, così come la sua tendenza ogni volta più crescente all'azione unilaterale, indicano che in questa dominazione ci sono interessi geopolitici concreti e potenzialmente conflittuali.(5)

In riassunto come dice James Petras: " E' difficile discutere la natura imperialista delle relazioni internazionali, e anche più difficile negare l'ascesa degli USA nel sistema imperialista. Per continuare a negare le realtà economiche e militari tramite la relazione continua dell'economia alla "natura globale", è necessario convertirsi, in parte, alla confusione dei fautori principali e dei beneficiari dello stesso sistema." (6)


BRANDING


Oggi un topico di discussione nel mondo dell'arte è il fenomeno della fondazione Guggenheim, con la sua rete globale di musei a New York (2), Bilbao, Venezia, Berlino e Las Vegas (2), questa multinazionale dell'arte ci offre un accesso totale alla Guggenheim Experience, ossia in via privata, sotto previo pagamento di un'entrata che oscilla tra gli 8 e i 12 dollari a persona, o in gruppo, grazie alle sue numerose concessioni di patronato e collaborazione, che vanno dai 50.000 dollari all'anno (46.000 Dollari deducibili dalle tasse) fino ai 2.500 dollari all'anno (1.476 dollari deducibili dalle tasse).

Guggenheim ci offre, a noi cittadini del paese, l'accesso globale a tutte le espressioni significative dell'arte del secolo XX, nelle loro più svariate sfumature, secondo il museo che andremo a visitare: per esempio, la Peggy Guggenheim Collection, a Venezia, ubicata in un bel palazzo del XVIII secolo, ci offre l'Arte Cubista, Astratta e Surrealista, mentre altre succursali della fondazione si orientano verso rami come la fotografia o la Pop Art, eccetera. I locali stessi sono opere d'arte. Per esempio i due musei Guggenheim di Las Vegas (il Guggenheim Las Vegas e il Guggenheim Heritage Museum) si trovano nel complesso del Venetian Resort-Hotel-Casino, disegnato dal famoso architetto Rem Koolhas, senza tralasciare il già famoso Guggenheim Museum di New York, disegnato dallo stesso Frank Lloyd Wright.

Oltre alla contemplazione delle opere d'arte della collezione della Fondazione e delle mostre organizzate dalla stessa, l'esperienza Guggenheim comprende dalla gastronomia, in qualsiasi dei suoi diversi caffè e ristoranti, fino a tutta una parafernalia di oggetti collezionabili per la casa e l'ufficio. Così, per esempio, possiamo acquistare un telefono portatile stile Calder o un gioco domino Picasso per la modica somma di 75.000 dollari, oltre a libri e perfino a diversi atti autografati da personalità mondiali.

Tuttavia, l'offerta della fondazione Guggenheim non si limita a ciò che ha da offrire al singolo visitatore. Per esempio, i programmi del patrocinio corporativo, disegnato da Guggenheim, includono tutta una gamma di attività a disposizione delle imprese patrocinanti, che vanno dall'organizzazione di esposizioni vincolate ai loro prodotti e la presenza del logo della corporazione patrocinatrice, fino alle opportunità di familiarizzare con artisti e specialisti dell'arte durante cene private nei locali stessi della Fondazione.

Nel caso della strategia Guggenheim, non c'è stato alcun apporto del mondo dell'arte al funzionamento capitalista. Guggenheim piuttosto è figlio del processo conosciuto come branding, per mezzo del quale la produzione di oggetti è sempre più sostituita dalla produzione di simboli. Questo modo di operare sullo spazio pubblico e privato degli esseri umani, ha funzionato negli ultimi 15 anni per mezzo di corporazioni così famose come Nike, Apple, Benetton e la catena di caffè Strabucks, tra le altre cose, e ha contribuito al passare dalla produzione primaria di articoli di consumo con una -forte- componente di mercato alla produzione di concetti di modi di vita che poi si plasmano in svariati prodotti, in ciò che potremmo denominare come una specie di appropriazione dell'arte concettuale per il funzionamento del sistema capitalista.

Secondo Naomi Klein, nel suo lavoro No Logo (7), negli ultimi 15 anni, la crescita della ricchezza materiale e l'influenza culturale delle corporazioni multinazionali può essere riscontrata, probabilmente, nello sviluppo, nel mezzo degli anni 80, dell'idea che le corporazioni con successo devono, prima di tutto, produrre marche al posto dei prodotti. Durante la maggior parte della sua storia, il capitalismo era basato sulla fabbricazione di cose, in quanto la pubblicità era un mezzo per la promozione di oggetti- merce- con determinate qualità.

Negli anni 80, all'inizio di una decade di recessione economica, segnata , tra le altre cose, dalla crisi del petrolio e dalle economie, allora emergenti, del sudest asiatico, alcuni dei giganti manifatturieri del mondo cominciarono a sentire il peso della crisi: troppi costi di produzione, troppi impiegati, troppi uffici, troppe squadre lavorative, troppe cose. Dall'altro lato, imprese emergenti, come Nike, Microsoft, Tommy Hillfigers e Intel, lanciarono la coraggiosa impostazione per la quale la produzione della merce era solamente una parte incidentale della loro attività, e che grazie a recenti vittorie nella liberalizzazione dei mercati e nella mancanza di regolarità dei mercati lavorativi nei paesi del Terzo Mondo, erano capaci di lasciare la produzione nelle mani di subimpresari a costi molto più bassi che se loro stessi si fossero fatti carico della produzione diretta. Ciò che, in primo luogo, queste compagnie producevano non erano cose, ma immagini delle loro firme. Il loro vero lavoro non consisteva nella produzione, ma nel negozio. Si dovevano liberare dal "peso morto" degli oggetti e produrre concetti. Come dice Klein, si tratta di compagnie che sembrano enormi per le somme milionarie che maneggiano, ma che ogni volta hanno meno cose. Si tratta di spopolare il mondo di oggetti. Queste compagnie sono attaccate al "perenne compito di cercare nuove forme creative di costruire e rafforzare le loro stesse immagini."

Lo scaturire delle firme è associato allo scaturire della febbrile produzione di massa di beni di consumo, verso la fine del XIX secolo. Con sempre più produzione di articoli più o meno indistinguibili dai diversi capitalisti, era necessario dare loro una identità speciale che li associasse nella mente dei consumatori con una qualità determinata, sia che si trattasse delle Zuppe Campbell, come dei sottaceti Heinz o dell' Avena Quaker.

Con il passare dei decenni, questi meccanismi si sono andati raffinando e approfondendo, associandosi alle ultime scoperte della scienza umana e del mondo dell'arte, così come dei mezzi di comunicazione di massa. Alla fine degli anni 40 nasce la coscienza che una firma è molto più una illustrazione o di una frase contagiosa, o di un'etichetta, "la compagnia nel suo insieme doveva avere un'identità di firma". Dice Klein:

La ricerca del vero significato delle firme- o l'"essenza della firma", come spesso si chiama- ha allontanato gradualmente le agenzie di pubblicità dei prodotti individuali e i loro attributi, verso un esame psicologico-antropologico del significato delle firme per la cultura e la vita della gente."(Klein:7)

Per un lungo tempo si è mantenuta l'idea che la produzione di oggetti era lo scopo centrale, essendo la pubblicità un additivo importantissimo, ma subordinato. Tutto ciò sarebbe cambiato, come dicevamo sopra, negli anni 80.

Così, nel 1988, Phillip Morris ha comprato l'azienda Kraft per la somma di 12.600 milioni di dollari (6 volte di più di ciò che la compagnia valeva su carta!): la differenza stava nel valore contenuto nella parola "Kraft". Questo è solamente un fatto indicativo del crescente ruolo del "branding" (la costruzione e l'istituzione di una firma) nella vita economica: mentre nel 1979, la spesa totale in pubblicità negli USA ammontava a 50.000 milioni di dollari, nel 1989 sarebbe arrivata a 120.000 milioni, e nel 1998 a 200.000 milioni di dollari.

Nel 1993 ci fu un avvenimento che all'inizio, fece temere per il futuro della pubblicità. In questo periodo, lo scaturire di una generazione di consumatori più coscienti del prezzo dei prodotti scosse certe firme stabilite da decenni nel mercato statunitense come la Heinz, Quaker Oats, Coke e Pepsi: la cosiddetta generazione x comprava in grandi catene a basso costo come Wall Mat, prodotti di marca meno conosciuti e più economici, in un fenomeno che si iniziò a chiamare "brand blindness" (cecità di firme). Dall'altro lato, il mercato di computer si vide inondato da cloni a buon mercato dell' "aristocrazia" IBM-PC.

Tuttavia, questo fatto non fece altro che rinforzare il potere del concetto sull'oggetto. Al tempo stesso che Phillips Morris, Pepsi, IBM e altre grandi aziende guardavano con preoccupazione l'avvicinarsi della fine delle firme, altre aziende, che basavano la loro strategia sulla pura produzione di simboli invece che la produzione di oggetti, vedevano salire il valore delle loro azioni: aziende come Apple, Benetton, Disney, Calvin Klein, Levi's e la catena di caffès Starbucks si ritrovavano in pieno vigore. Erano le aziende che "avevano sempre optato per il branding al posto della creazione di valore." Come lo spiega Klein:

"Per queste compagnie il prodotto tangibile non era altro che un mero ripieno per la vera produzione: quella della firma."(Klein:16)

E più avanti, segue:

"Per gli osservatori esterni, sembrava un misto tra una fraternità, un culto religioso e una casa di cura. Tutto era una pubblicità per la firma: strani gerghi per denominare gli impiegati (soci, baristi, giocatori di calcio, membri di equipaggio), canti della compagnia, amministratori generali superstar, un'attenzione fanatica alla consistenza del disegno, un'inclinazione alla costruzione di monumenti e di dichiarazioni di principi inspirati alla New Age. A differenza dei classici nomi di firma di articoli domestici tali come Tide e Malboro, questi loghi non stavano perdendo valore, stavano sorpassando tutti i records del mondo della pubblicità, trasformandosi in accessori culturali e in filosofi di stili di vita."(Klein:16)

Invece di cercare di fare buoni affari con i prezzi, si trattava di disegnare prodotti ogni volta più nuovi e più cari che materializzassero uno stile di vita. Dall'altro lato, gli annunci della Benetton e di Calvin Klein "mostravano a malapena i vestiti, e a prezzi molto più bassi" nei loro giganti poster di estetica postmoderna. La vodka Absolut si accontentava di mettere la silhouette vuota della sua bottiglia a disposizione del contenuto e dell'orientazione delle pubblicazioni in cui pubblicizzava. I "veterani dell'immagine", aziende come la Coke, MacDonald's; Burger King e Disney, che dall'inizio avevano capito che l'immagine era tutto e il prodotto niente, furono difficilmente toccate dalla crisi.

Questa "materializzazione" delle merci, a sua volta, è radicata in processi piuttosto materiali: lo sviluppo delle tecniche di produzione che fanno sì che ogni volta sia più difficile distinguere un prodotto dall'altro, secondo le loro qualità intrinseche e che , dall'altro lato, devono essere trasformate in "portatrici di significato", e il brutale sfruttamento a cui sono sottomesse le donne, uomini e bambini in tutto il terzo mondo, attraverso il sistema delle "zone del libero commercio" o sweatshops in cui sono prodotti gli articoli dell'era del branding, dalle scarpe della Nike fino all'assemblaggio di riproduttori di compact disc, passando dai giochini che fanno parte di un happy meal. Questo sfruttamento ha anche il suo voltafaccia a livello di consumo: i prodotti "di firma" sono molto più cari degli altri, sebbene siano stati prodotti nella stessa fabbrica a dagli stessi operai. Nei paesi del centro, questo sistema alimenta la "smaterializzazione" dei luoghi di lavoro, nel trasferimento della produzione ai paesi di periferia.

Si può parlare anche di sfruttamento a livello culturale e simbolico: in primo luogo, queste aziende, che si definiscono portatrici di valori (Apple= "Pensa diversamente-creatività-antipotere", Nike="Gioco- Onesto- Decisione- Just Do It", Microsoft= "Dove vuoi andare oggi?"-Libertà- efficacia-diversità", Benetton="Colori Uniti- multiculturalità- pietà") non sono in fondo interessate a prendere sul serio questi valori, ma ad aumentare i loro guadagni. In secondo luogo, molte di loro si nutrono dei simboli e dei codici elaborati dalle classi popolari per poi vendere beni di consumo a prezzi accessibili alle classi capaci di consumarli. Poiché si tratta di "stili di vita", i cui messaggi sono costantemente ripetuti e amplificati attraverso l'apparato mediale, il loro potere di influenza si estende a tutta la società e a tutti gli angoli del pianeta, fino ad arrivare a plasmarsi nei corpi stessi: il tatuaggio più utilizzato negli Stati Uniti fino agli attentati terroristici dell'11 settembre del 2001 era, precisamente, lo swoosh o "virgola inclinata" della Nike. Questo fenomeno impone tipi di consumo non realisti nelle classi popolari visto che al tempo stesso le manipola ideologicamente, dato che l'obiettivo di queste firme non è quello di lottare seriamente per le idee che dicono di rappresentare, ma quello di incrementare le loro vendite.

Il ruolo di corporazioni come MTV è doppiamente singolare: dal momento che sono in se stesse una firma con un concetto estetico definito, sono a loro volta motori nello sforzo di branding orientate verso determinati settori in scala globale, in questo caso, verso i giovani. MTV è la piattaforma privilegiata per il lancio di firme come Nike, 7Up, Virgin e molte altre, attraverso annunci, concerti, feste e tutta una gamma di meccanismi comunicativi intorno all'idea del cool giovanile. L'azienda realizza visite sistematiche tra i suoi ascoltatori per, con l'aiuto di diversi specialisti, conversare con i giovani riguardo la loro vita, i loro interessi, le loro aspirazioni e i loro gusti. Entrano nelle case dei giovani, vedono i loro guardaroba, li accompagnano nelle loro attività e documentano queste visite in televisione. Queste pellicole sono poi analizzate dagli uffici centrali di MTV per essere prese come input nel disegno del contenuto, della forma e della struttura della sua programmazione. Il risultato di tutto ciò è un processo di costante retroalimentazione di una cultura che tende a rinforzare e approfondire il vincolo tra la massa dei consumatori e della firma. Non si tratta, intendiamoci bene, di processi di generazione di significati o di un interesse per la situazione dei giovani, ma di aumentare i rating di ascoltatori dell'emittente, così come della sua capacità di branding delle corporazioni patrocinatrici di MTV. I giovani consumano i programmi di MTV, imitando e trasformando i segni culturali della corporazione, quelli che a loro volta saranno utilizzati come materia prima per nuovi programmi e icone in nuovi sforzi di branding.


ANTIBRANDING

Il postmodernismo come attitudine intellettuale è oggigiorno l'ideologia dell'era del lento capitalismo degli inizi del secolo XXI. Il fondamentalismo del testo-mercato si impone in una maniera "naturale". L'"adattabilità" ideologica del testo postmoderno alle necessità di legittimazione ideologica delle politiche imperiali lo trasformano in uno strumento prezioso a disposizione di tali interessi: la sua riduzione linguistica si converte in una metafora del capitale speculativo. La sua dominazione del libero gioco dei segni si tramuta in una metafora assolutizzatrice dei mercati. La sua decontrazione del soggetto, lontano dal trasformarsi in una rivendicazione della differenza, si traduce in una passività del soggetto (i movimenti sociali). La sua apologia della volontà del potere nietcheiano si traduce in una legittimazione della volontà del potere di fatto dell'impero. Il suo stile intellettuale polemico centrato sul deconstruzionismo, senza presentare un fronte fisso, è una tattica affine alla guerra di bassa intensità.

Ma non dobbiamo dimenticare che il postmodernismo è solo una metafora razionalizzatrice del sistema capitalista e un insieme di tattiche che rafforzano la dominazione dei centri imperiali. Lo sviluppo delle proprie contraddizioni del sistema comincia a mostrare crepe sulla strada del "pensiero unico" che gli intellettuali postmoderni non riescono a spiegare: non solamente il sorgere, ma lo sviluppo di un movimento mondiale che si è nominato "antiglobalizzazione". (8) Questo movimento, che parte da diverse prospettive (medioambientalisti, di genere, socialisti, religiosi?) ha avuto un'espressione visibile in numerose e popolari mobilitazioni per le riunioni di organismi internazionali come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale e quelle del gruppo dei G-8 in città come Seattle, Washington, Montreal e Genova. Inoltre, di queste mobilitazioni si sono sollecitate un'infinità di istanze di discussione e di formulazione di un'alternativa all'ordine economico e politico vigente in scala internazionale, tali come il Foro Sociale Mondiale e la fondazione del movimento ATTAC per la tassazione delle operazioni finanziarie a beneficio della lotta alla povertà e la soluzione dei problemi medioambientali. Questo movimento su scala planetaria ha la sua controparte e la sua fonte di ispirazione nel sorgere di potenti movimenti sociali che, tramite diversi mezzi, discutono la "globalizzazione" e i suoi effetti nei paesi poveri. Per esempio, nel caso dell'America Latina abbiamo le guerriglie zapatiste e colombiane, il Movimento senza Terra del Brasile e la Confederazione Nazionale di Associazioni Indigene (CONAIE) in Equador. Altri movimenti come Le Madri di Plaza de Mayo in Argentina(9), nonostante la loro ridotta grandezza, si trasformano in catalizzatori della protesta sociale e in inevitabile punto di riferimento della critica verso il sistema.

E' sicuro che non esiste un consenso di questo movimento riguardo alle alternative, che vanno da una focalizzazione a livello popolare e locale, fino ai cambiamenti nei regimi di proprietà, passando da alternative in cui lo stato gioca un ruolo centrale, ma la dinamica generale, tanto a livello dei gruppi di sinistra come agli ambientalisti e ai religiosi è ogni volta più anticapitalista, e l'emergenza di coalizioni e fori di discussione vanno verso la convergenza. Ancora più importante, l'emergenza di un crescente internazionalismo non subordinato ai lineamenti di questi o quelli oracoli della rivoluzione o "centri rivoluzionari"(10), che si materializza in innumerevoli azioni congiunte e in cui i diversi gruppi di attivisti si sforzano per raggiungere proprie elaborazioni teoriche, è un segno della profondità potenziale di questo movimento in paragone a esperienze storiche anteriori.

Questo ampio movimento- tra l'altro- ha luogo in uno spazio di lotta semiotica e medievale, che va dalle pratiche culturali più tradizionali fino a quelle più innovative. Da intellettuali di fama mondiale come Galeano, Saramago o Salgano, fino a figure della musica pop come Manu Chao e il gruppo Rage Against the Machine, passando da estese pratiche di attivismo formatosi dalle idee di teorici dell'informazione come, tra cui, Noam Chomsky e Edward Herman, e da correnti estetiche come il situazionismo e l'arte concettuale. E' un movimento che non presenta una fonte di dogmi estetico-politici né una serie di scuole viste come portatrici di espressioni "pure", sebbene vi si possa indovinare diverse pratiche e stili. Penso che in questo movimento ci sono quattro dimensioni da individuare: Quella del culture jamming(11) o dell'interferenza culturale, la lotta per la differenza contro l'istituzione delle differenze, l'unione tra la produzione intellettuale e l'attivismo concreto, e il recupero della memoria critica.


CULTURE JAMMING


Questo insieme di pratiche, che ha i suoi antecedenti nel situazionismo e nell'arte concettuale, ma che tende a prestare elementi di correnti estetiche come il surrealismo e il Dadaismo, consiste nella parodia dei messaggi culturali dominanti alterando, a sua volta, radicalmente il suo contenuto, in una specie di demolizione della cultura corporativa(12). [Vedere le figure 1e 2]

Artisti come Jorge Rodríguez de Gerada a New York e il Fronte di Liberazione dei Cartelli Pubblicitari di San Francisco si dedicano al compito di alterare gli annunci di propaganda che coprono la città, creando a loro volta, immagini che scoprono gli aspetti occulti del messaggio:

"Così nel togliere un lato di un cartellone pubblicitario di Levis (il più grande di San Francisco) di 10 metri per 30, e appiccicare la faccia del serial killer Charles Manson sopra l'immagine, un gruppo di jammers cerca di lasciare un messaggio dissonante riguardo le pratiche lavorative utilizzate per fabbricare i pantaloni Levi's. In un comunicato lasciato sul posto, il Fronte di Liberazione dei Cartelli Pubblicitari dice che hanno scelto la faccia di Manson perché i pantaloni da vaquero erano "assemblati da prigionieri in China e venduti a istituzioni penali Nordamericane."(13)

Altro aspetto culturale del jamming è quello conosciuto come hacktivismo, e consiste nel "ratto" dei siti web di governi e di aziende multinazionali per guastarli e per pubblicare messaggi che denunciano le loro pratiche contrarie ai diritti umani, lavorativi o del medio ambiente.

I mezzi utilizzati dal jamming culturale vanno dall'uso avanzato di programmi di disegno grafico come Photoshop [vedi figure 3 e 4] nei quali il mimetismo tra il messaggio originale e il jamming è così perfetto che il suo impatto si amplifica come se si trattasse di una specie di virus visuale, fino all'uso di semplici marcatori che con poche righe trasformano le fazioni demarcate di un modello Hennez & Mauritz in un teschio. In questo ultimo caso, l'economia dei mezzi serve anche come fattore di amplificazione dell'effetto comunicativo, al tempo stesso che il suo basso costo e la facilità di esecuzione, hanno reso comune questo tipo di pratiche a livello di campagne di attivismo di base.

All'inizio di questa separazione poniamo le radici di questa pratica di jamming culturale nella decade degli anni sessanta, nel situazionismo e nell'arte concettuale e, per estensione, nel maggio francese del 1968. Tuttavia, così come lo afferma Klein(14):

"Se i messaggi culturali dei jammers sono più adeguatamente politici che quelli dei loro predecessori, può essere perché quelli che senza dubbio erano messaggi sovversivi negli anni sessanta- "Niente lavoro", "Proibito proibire", "Considera i tuoi desideri come reali"- ora suonano più come slogans della Sprite o della Nike: Just feel it (sentilo, semplicemente). E le "situazioni" o gli "eventi" dei burloni politici del 1968, sebbene genuinamente scioccanti e distruttivi per il loro tempo, sono l'annuncio della vodka Absolut del 1998"

e

"Sebbene il jamming culturale sia una corrente sotterranea che non si secca mai completamente, non c'è dubbio che negli ultimi cinque anni è stato in pieno risorgimento, più centrato nella politica che nel gioco ." (Klein: 283/84)

Tuttavia, non si tratta di un movimento ideologicamente coesivo, ma di un insieme di pratiche simboliche destinate a mettere in questione i discorsi del potere. Secondo Klein,

"L'unica ideologia che abbraccia tutto lo spettro del jamming culturale è quella di credere che la libertà d'espressione manca di significato se la cacofonia commerciale si è alzata a un punto tale in cui nessuno può ascoltarti."(Klein: 284)

Gli intenti da parte delle corporazioni di cooptare alla generazione del jamming culturale e di integrare questo tipo di espressione alle dinamiche stesse del branding non si sono fatti aspettare, sebbene le loro prospettive di successo siano dubbiose: così, per esempio, in un annuncio della Nike del 2001, si vede un gruppo di attivisti dietro una barricata che gridano ordini contro la polizia. Nel sottofondo, si sente l'impatto di oggetti solidi contro gli scudi usati dalle forze dell'ordine. Poi, un lento panning ci lascia vedere che si tratta di un giovane con una racchetta da tennis che lancia palline alla polizia, mentre si sovraimprime il logo dell'azienda: just do it. Questa specie di commenti pubblicitari hanno sul movimento un impatto più controproducente di quello sperato, poiché il carattere stesso delle questioni trattate non è suscettibile di essere integrato nel discorso pubblicitario, e, in realtà, tende ad una radicalizzazione dei messaggi e delle azioni dei jammers culturali. Così, in Svezia, una compagnia di batterie lanciò una campagna pubblicitaria attraverso una serie di dittici stradali di 1,50 x 4,00 metri. Su una delle facce si può leggere il testo "Power to the People" su uno sfondo nero, mentre nelle altre si fa propaganda alla batteria in questione. Gruppi di attivisti dipinsero con spray argentato la falce e il martello sotto il testo menzionato, mentre strapparono il foglio dell'annuncio delle batterie e dipinsero direttamente sul supporto dell'immagine un invito alla dimostrazione antifascista. [vedere figura 5]


LA LOTTA PER LA DIFFERENZA

Intorno alla situazione delle comunità indigene nel Chiapas, il loro comandante zapatista Marcos spiega che: "Sono loro (gli indigeni) che dobbiamo togliere da qui perché non concepiscono la terra come la concepisce il neoliberalismo. Per il neoliberalismo tutto è una merce che si vende e che si sfrutta. E questi indigeni dicono di no, che la terra è la madre, è la depositaria della cultura, che da lei viene la storia, che da lei vengono i morti."(15)


L'offensiva neoliberale sfociata negli ultimi 20 anni verso tutti gli angoli del pianeta, ha significato, per milioni di contadini e di indigeni, in tutto il mondo, la sottomissione ad una logica capitalista contro strategie basate sulla sopravvivenza e il soddisfacimento di necessità sulla riproduzione del capitale. Quei gruppi meno "affittabili" si sono visti obbligati a vendere le loro terre o ne sono stati direttamente espropriati, mentre le condizioni, sempre più dure, di accesso al credito e ai servizi minacciano coloro che tuttavia resistono nell'abbandonare la campagna. Parallelamente, anche il processo di immigrazione verso la città si è accelerato in maniera drammatica.

Dall'altra parte, mentre il neoliberalismo promuove un individualismo a oltranza e lo sviluppo di necessità ogni volta più "esclusive", lo fa integrandoli tutti in una stessa dinamica: quella della legge del valore. La misura del "successo" delle "identità emergenti" sarebbe data, allora, dalla sua capacità di integrazione alle dinamiche del mercato: quanti generali dell'esercito Statunitense sono negri, quanti primi ministri sono donne, quanti dirigenti di aziende sono omosessuali, eccetera, mentre le condizioni reali di vita della popolazione conducono alla segregazione, alla formazione di ghetti, alla criminalità e all'esclusione dei diversi. Così, secondo Marcos (16), "…si consumano le separazioni, le differenze, gli stati nazionali e il mondo si trasforma in ciò che si chiama, con verosimiglianza, il paese globale?", ma il paradosso sarebbe che al posto di "globalizzarsi" il mondo si frammenta, ossia che "…spariscono sempre di più i diversi."

In questo senso, il movimento detto "antiglobalizzazione" adotta una visione di rivendicazione del diritto di essere diverso, non incorniciato in una logica di mercato che considera la differenza come il mezzo per profilare una identità-merciaria, ma come il diritto a essere uno identico, non come individuo "atomico" (separato dall'altro (17) ma come individualità e/o identità collettiva in un contesto storico e culturale. E' come se proprio attraverso la lotta per essere se stessi (e se stesse) i diversi scoprono che le possibilità di realizzazione delle loro identità sono intimamente legate alle possibilità di realizzazione dell'Altro (e degli Altri e delle Altre). Questo implica a sua volta un approfondimento di quello che dagli anni ottanta si è fatto chiamare la "politica di identità" e la sua riconciliazione con una prospettiva che include il concetto di classe sociale in sua analisi.

Una caratteristica del movimento "antiglobalizzazione" è l'assenza di una fissazione negli aspetti esteriori, come il vestiario o il gusto musicale, accompagnata da una coscienza, sempre più crescente e profonda, della relazione tra forma e contenuto. Non si tratta nemmeno di una difficile convivenza, in cui diverse identità tatticamente cedono determinati spazi all'Altro, ma di una tendenza verso l'accettazione dell'Altro e di una comprensione dell'Altro, che a sua volta, porta ad una più profonda comprensione dell'Io.

Per esempio, prendiamo il caso delle Madri della Plaza de Mayo, in Argentina. Il discorso e la pratica dell'organizzazione sono, come abbiamo visto prima, di carattere veramente radicale. Tuttavia, sono un gruppo di signore che si aggirano intorno ai settanta anni, e il loro aspetto esteriore è piuttosto quello di un gruppo di assidue aiutanti di messa che nessuno, alla semplice vista, sospetterebbero che abbiano contatti regolari con leader politici, sindacalisti, contadini, guerriglieri fino ai punks di Buenos Aires. Perfino l'immancabile fazzoletto bianco con il quale si coprono la testa (unica icona che le identifica), serve a rafforzare questa impressione(18). Una volta, Hebe Bonafini (19) ci spiegava che una preoccupazione delle Madri era l'apparente apatia dei giovani verso la politica in Argentina. Loro sapevano, da un punto di vista teorico, che questo si doveva alla totale mancanza di prospettive che la società offre ai giovani, alla profonda corruzione che ricorre in tutto l'apparato statale e alla mancanza di fiducia nelle possibilità di fare qualcosa a riguardo. Tuttavia, hanno deciso di conoscere più da vicino la realtà dei giovani e le loro preoccupazioni. "Volevamo sapere che cosa c'è nella musica rock che piace alla gioventù, dal momento che a noi non piace il rock, volevamo sapere che cosa aveva questa musica. E allora abbiamo scoperto che i testi della musica rock avevano un contenuto politico interessantissimo. E' stato da allora che abbiamo deciso di organizzare concerti rock per i giovani e dopo il concerto, a coloro che volevano rimanere, la possibilità di partecipare ad una discussione sulla situazione del paese." Molti giovani decisero di partecipare alle discussioni che si svolgevano dopo i concerti, e questo portò allo sviluppo di una università popolare per i giovani, nella quale si combinano le conoscenze di tipo tecniche con l'analisi politica e culturale della realtà del paese. Musicisti così popolari in Argentina, come León Riecco e altri, hanno forti legami con le Madri, e il movimento mondiale Hijos (Figli dei Detenuti e dei Desaparecidos contro la Dimenticanza e il Silenzio) le considerano come i loro più validi referenti. Non si tratta del fatto che le Madri si siano trasformate in rockettare dalla sera alla mattina, né di un uso opportunistico con fini di manipolazione politica delle espressioni culturali dei giovani, ma, in primo luogo, di una identificazione delle Madri con la lotta e i valori rivoluzionari dei loro figli desaparecidos per la dittatura argentina e, per esteso, il riconoscimento profondo che tra i giovani di oggigiorno nell'Argentina abita lo stesso germe di ribellione che i loro figli un giorno espressero e per il quale pagarono con la loro vita.

L'UNITA' TRA IL MESSAGGIO E L'AZIONE

Nell'isola di Porto Rico, l'artista cileno Elías Adasme(20) ci racconta che: "La mattina del 28 agosto del 2000, penetrammo - un gruppo di scultori e di attori di teatro - nei terreni limitati dell'Armata Statunitense nell'isola portoricana di Viesques, luogo che per più di sessanta anni è stato utilizzato come campo da tiro e allenamento militare. Con la nostra azione di disobbedienza civile, cercavamo di rendere drammatica all'opinione pubblica mondiale, la situazione degli abitanti, sottoposti a decenni di continui bombardamenti che hanno lasciato come sequela una alta incidenza di cancro tra la popolazione, terreni altamente contaminati e un denigrante sottosviluppo economico e sociale. In fondo, una flagrante violazione dei Diritti Umani. Così, siamo stati arrestati e condotti davanti a un Tribunale Federale, accusati come criminali e dopo posti in libertà sotto cauzione in attesa di giudizio. In realtà, questo era quello che cercavamo, poiché questa azione, ha delle valide motivazioni e proiezioni della politica contingente, l'abbiamo concepita sin dall'inizio come un' "azione d'arte". Di fatto, al momento dell'ingresso, vestivamo dei bermuda disegnati con uno scorcio del paesaggio dell'isola. Paesaggio che si sgretolava quando i soldati arrestandoci ci separavano, come hanno fatto per sessanta anni! Qui, come in ogni opera d'arte, l'elemento base di "rappresentatività" era presente nella "incarnazione" per ogni artista, del paesaggio violentato."


Adasme considera che "L'arte del terzo millennio è sulla via di sviluppo verso una gerarchizzazione orizzontale di ogni attività umana", in cui si sgorbiano i limiti tra la "rappresentazione", l'azione sociale e la riflessione su suddetta azione." " In altre parole, un arte essenzialmente umanista nel senso più altruista del termine".


Questa forma di intendere l'arte e la relazione dell'artista con i processi di trasformazione sociale - o viceversa, i processi di trasformazione sociale e i loro agenti con le loro dimensioni simboliche - è qualcosa che, in una certa maniera, ricorre tutto il movimento di reazione alla globalizzazione imperiale: Gruppo di attivisti sovvertono e minacciano il linguaggio del potere mentre creano il proprio linguaggio, e artisti che, discutendo i limiti dell'estetico arrivano a discutere i limiti del sociale. Ma non confondiamoci: qui il peso si centra sulla distruzione della dominazione sfruttatrice sugli esseri umani e sul medio ambiente e sulla costruzione delle alternative a suddetta dominazione, nella lotta simbolica, essendo così solo un aspetto di molti altri fronti e modalità di lotta.


Questo fenomeno è qualcosa che trascende l' "artista compromesso" degli anni sessanta e settanta. Non si tratta solo di creare un'opera con un messaggio che metta in questione il potere imperante, ma anche di partecipare come un' attivista in più. Così, il musicista algerino-franco-spagnolo, mondialmente conosciuto, Manu Chao, sulla propria pagina web ha uno spazio nel quale i naviganti possono stabilire contatti e pubblicare i propri testi, immagini e suoni. Lì possono entrare in contatto da semplici fans fino ad attivisti di tutto il mondo e condividere esperienze e sogni. Evidentemente, questa partecipazione, dal punto di vista dell'artista, non può essere orizzontale né riuscire a liberarsi dei meccanismi dell'industria culturale. Gli stessi attivisti che ascoltano la musica di Manu Chao e di Rage Against the Machine sono i primi a criticare la loro associazione con le imprese discografiche, ciò che a sua volta ha inciso affinché molti artisti si prefiggessero come meta il riuscire a sviluppare forme alternative per poter vivere grazie alla loro arte, per esempio, creando le proprie imprese. In ogni caso, e lasciando da parte gli idealismi "puristi", possiamo dire che il movimento "antiglobalizzazione" è il primo ad essere cosciente dei condizionamenti socioeconomici dell'attività culturale, e che l'esistenza stessa di una permanente discussione e riflessione intorno a tutto ciò segna una grande distanza con rispetto all'adorazione ingenua di cui furono oggetto gli artisti dei movimenti sociali anteriori.

IL RECUPERO DELLA MEMORIA CRITICA

L'artista cileno Victor Manuel Pávez(21) ci descrive un'opera realizzata durante un'esposizione svoltasi a Santiago del Chile, nel mese di Settembre(22) del 1998 sotto il titolo Nicchie di emergenza: "Un'opera che consta di tre unità che investono, in prima istanza, i generi o i temi classici della pittura su cavalletto: la natura morta, il ritratto e il paesaggio. Nel primo modulo ho incorniciato una torcia rossa, come quelle che usano i pompieri; il secondo modulo è un vestito di tela del tipo che usano i burocrati in ogni parte del mondo ma con la disposizione cromatica dell'emblema nazionale cileno, con incluso la stella e della taglia di un bimbo di due anni di età; l'ultimo modulo contiene una tela dipinta di rosso e impressa in serigrafia con un piano di Santiago al posto in cui si trova lo Stadio Nazionale(23). Per uno spettatore nazionale le relazioni tra il colore rosso, la nozione di emergenza e l'emblematica nazionale e sportiva, insieme al luogo scelto come referenza di paesaggio, sono state abbastanza evidenti, ma la moltiplicazione del significato si è fatta un tanto drammatica quando mi sono accorto che questo stesso mese, quello della patria, l'ex-generale e in questo momento senatore a vita, Augusto Pinochet era stato posto sotto arresto in una clinica di Londra per una serie di denuncie di violazioni ai diritti umani sotto l'amministrazione del potere che ha esercitato per diciassette anni. La sorpresa e lo stupore si sono impossessati di me come del resto dei cileni. Quello che non hanno potuto fare i tribunali in due governi democraticamente eletti dal popolo cileno lo ha fatto un giudice spagnolo in territorio inglese."

La necessità, che esprime l'artista, di trovare un senso al suo paese che incorpori nella propria identità i fatti che la storia ufficiale vuole tacere, è una necessità condivisa con milioni di cileni. Nel caso di Pinochet, questi, nel ritornare in Cile e dopo un lungo processo per determinare la sua capacità psichica e fisica di intendere davanti i tribunali, è stato lasciato in pace, sebbene spogliato dei suoi fori senatoriali. Sicuramente, l'artista, insieme a molti altri cileni, continua ad essere più o meno preso dalla "sorpresa e lo stupore" di prima.

Il caso del Cile non è l'unico. La storia ufficiale ha cancellato (e ancora cancella) anche il milione di vite soffocate per imporre in Indonesia il regime neoliberale di Suharto, i 30.000 desaparecidos per "globalizzare" l'Argentina e le decine di migliaia di morti che hanno "modernizzato" il Centroamerica, per darne solo alcuni esempi.

"A meno che la violenza, la discontinuità, siano ricordate di una o di un'altra forma [?] una comprensione storica degna di meritare questo nome si rende impossibile, e la storia culturale corre il rischio di trasformarsi in un comodo esercizio intellettuale", dicono gli storici culturali W. Rowe e V. Schelling. (24)


Per tutti quelli che, di una forma o di un'altra, partecipano a questo movimento globale di resistenza all'avanzare saccheggiatore della dominazione imperiale, la necessità di dotare la storia di un senso si trasforma in una questione di vita o di morte. I padroni dell'economia globale hanno bisogno di popolazioni "flessibili" e dimentiche, ossia, disposte ad accettare i livelli più degradanti dello sfruttamento, e al tempo stesso, la maggiore docilità nel momento di cedere i loro reclami dell'essere utilizzati secondo il desiderio delle Corporazioni Multinazionali e gli Stati Imperiali. Tutti gli altri dovranno essere relegati nei ghetti, convenientemente disarmati e suscettibili di trasformarsi in materia nutritiva del sistema del branding imperiale, sia per la promozione di padroni di consumo o come produzione di eroi popolari al servizio dell'impero. Quelle espressioni che non sono suscettibili di essere cooptate o integrate dovranno essere combattute, demonizzate, trasferite e infine, sterminate.


Il sistema di dominazione imperiale ha bisogno di sopprimere o, in ogni caso, canalizzare la costruzione della storia che fanno i soggetti emergenti. Ha bisogno di distruggere le relazioni che questi soggetti stabiliscono tra le loro stesse storie. In riassunto, ha bisogno di distruggere il significato della storia.


E' per questo che una parte considerevole della pratica dei movimenti popolari di oggi si concentra, giustamente, in questo sforzo di ricupero di una memoria storica. Dai movimenti come quello delle Madri della Plaza de Mayo e quello dei Figli, fino agli zapatisti nel Chiapas, dai movimenti indigeni dell'Equador fino al Movimento Boliviano in Venezuela. Si tratta di recuperare le diverse storie, viste come processi di resistenza e di sopravvivenza. Si tratta di recuperare i miti e le esperienze sotto questa luce.

IMMAGINI

Fig. 1:Lo Swoosh della Nike utilizzato per illustrare la differenza tra il consumo e la produzione. (immagine: www.radikala-arkivet.net)

Fig. 2:Significati alternativi del concetto "Mc Donald's": Mc. Malattia, Mc. Guadagno, Mc. Mortifero, Mc. Fame, Mc. Furto, Mc. Tortura, Mc. Sperpero, Mc. Sporcizia (immagine: www.radikala-arkivet.net)

Fig. 3:A semplice vista, si tratta più di un annuncio di Microsoft Windows (immagine: www.radikala-arkivet.net)

Fig. 4: Sovversione del messaggio della Nike "Just do it"(immagine: "www.radikala-arkivet.net)

Fig. 5: Il messaggio dei jammers culturali non è suscettibile di essere "integrato"(Fotografia: Jorge Capelán)

NOTE

(1) Il termine è stato coniato da Noam Chomsky per riferirsi ai meccanismi che formano l' "opinione pubblica" nelle società democratiche d'accordo agli interessi dei gruppi di potere, senza necessità di ricorrere all'uso della repressione fisica, e che vanno dalle diverse attività professionali, definendo l'agenda dei dibattiti che ostentano gli interessi del potere e pertanto, lasciando da parte le interpretazioni "scomode", senza che per questo la gente abbia l'impressione di essere oggetto di manipolazioni e coesioni.
(2) La figura retorica e l'immagine ideologica della globalizzazione è stata elaborata, tra gli altri, da autori come Fukuyama, Toffler, Castells e, ultimamente e da un'ottica politica opposta, da Negri e Hardt.
(3) Fondo Monetario Internazionale
(4) Organizzazione Mondiale del Commercio
(5) Per esempio, il tema dell'espansione della NATO verso l'est Europa, così come lo Scudo Antimissili promosso dagli USA, ma rifiutato dalle altre potenze
(6) Petras, James "Globalizzazione e cittadinanza"
(7) Klein, Naomi. No Logo.Ed. Flamingo, 2001. Per una discussione più profonda del fenomeno del branding, leggere la parte I NO Space e la parte II No Choice. E' necessario segnalare che in questo lavoro non si utilizza il concetto di branding come un fenomeno totalitario dell'economia del capitalismo attuale: il monopolio dell'indagine e i manifesti, così come le lotte per i mercati e le fonti di materie prime continuano ad essere più presenti che mai.
(8) Il termine "antiglobalizzazione" è criticato da molti degli appartenenti al movimento e, in ogni caso, si tratta di una denominazione che non deriva da quest'ultimo, ma dai mezzi di comunicazione.
(9) Le Madri, che da più di 20 anni si riuniscono ogni giovedì nella Plaza de Mayo in Buenos Aires, per richiamare l'attenzione sull'impunità dei militari argentini che fecero sparire 30.000 persone durante la dittatura. In queste dimostrazioni danno spazio alle domande di tutti i settori che sono oggetto della repressione poliziesca attuale, così come coloro che denunciano l'ordine neoliberale imposto dai successivi governi del paese. Ugualmente, sono promotrici del movimento piquetero nel quale gli abitanti dei settori più poveri del paese utilizzano il blocco delle strade come metodo di lotta. Le Madri, un'organizzazione di circa 500 membri, hanno organizzato un'Università Popolare dove i giovani del paese possono seguire diversi corsi con l'aspettativa che queste conoscenze più tardi siano impartite agli abitanti delle zone più povere. Per ultimo, i forti legami internazionali di questa organizzazione con altri movimenti in America Latina, così come i loro regolari viaggi in tutto il mondo, le trasforma in un referente del dibattito antiglobalizzazione mondiale.
(10) Petras, James: Appunti per capire la Politica Rivoluzionaria Attuale, 2001.
Pubblicato da www.rebelion.org
(11) Klein, Naomi. No Logo p. 279
(12) Secondo Klein " [Un buon Jam [ ] è una radiografia del subconscio di una campagna, che non scopre il significato opposto, ma la verità profonda che si nasconde dietro le tende degli eufemismi pubblicitari." ] ibid. p. 282
(13) Klein, Naomi. Ibid. p.281
(14) Klein, Naomi. Ibid. p.283
(15)Sottocomandante Marcos: La IV Guerra Mondiale (trascrizione di una chiacchierata), 2001. Pubblicato da www.rebelion.org
(16) Sottocomandante Marcos, Ibid
(17) Utilizzo qui dei concetti dell'Altro e dell'Io nella loro connotazione antropologica.
(18) Le Madri della Plaza de Mayo non si considerano femministe. Pensano- e di ciò ne hanno dato la prova in molte interviste- che l'uomo e la donna si liberino insieme.
(19) Presidentessa delle Madri della Plaza de Mayo.
(20) Adasme, Elías: "Azioni d'Arte in una frontiera di Identità", Heterogénesis Num. 35, Aprile 2001.
(21) Pavez, Victor Manuel: "Tassonomia in gioco." Heterogénesis Num.35, Aprile 2001.
(22) Settembre, in Cile, è sia il mese in cui si commemora l'idipendenza del paese, così come quello del brutale golpe fascista di Pinochet.
(23) Lo stadio Nazionale è la principale arena sportiva del paese e ,al tempo stesso, fu trasformato in un campo di concentramento, di tortura e di esecuzione nelle settimane dopo il golpe di stato del 1973.
(24) Rowe, William & Schelling, Vivian. "Memory and Modernità-Popular Culture in Latin America.", 1991, Ed. Verso.


(Traduzione dallo spagnolo di Samanta Catastini)





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