UN BIGLIETTO

Flannery O'Connor a Elisabeth Bishop


il 2 agosto 1959


Finalmente ho permesso al mio romanzo di uscire di casa e prendere un treno e ancora non mi sono impegnata in niente di serio [...]. Dopo che hai lavorato a una cosa per sette anni ti è ancora troppo vocina per vederla nitidamente. I racconti li vedo con molta più chiarezza perché quando li finisco non mi lasciano tanto stremata [...]. Il libro parla di un ragazzino allevato dal prozio in mezzo ai boschi con l'intento di farne un profeta. Il libro parla della sua lotta per non diventare profeta: e della sua sconfitta. Sono rassegnata all'idea che la più grande ammiratrice del libro sarà la sottoscritta [...].
Ieri ho venduto un paio di [pavoni], non era mai successo. Si sono presentati due tizi su una lunga macchina bianca, la donna con un paio di calzoncini microscopici. Si capiva subito che avevano un mucchio di quattrini e non c'erano abituati. Lei ha dichiarato di guidare un monoplano Piper e di avere due procioni e quello che chiamava un bracco di "Weimeraw". Lui si sta lanciando nell'allevamento di fagiani, pavoni e rane toro. Sono entrati, e dopo aver ammirato la casa lei fa: "Siamo stati a Macon a cercare qualche mobile rustico francese. Mi voglio fare un bel divanetto". Lui è ingegnere edile. Ha detto di avere un amico scrittore nel Mississippi e io gli ho chiesto chi fosse. E lui: "Si chiama Bill Faulkner. Se è bravo non lo so, ma è un gran simpaticone". Gli ho detto che era bravo eccome [...].
Facci sapere se vieni da queste parti. Potremmo venirti a prendere a Savannah e portarti qui [...].


(Tratto da Sola a presidiare la fortezza, (lettere), a cura di Ottavio Fatica, traduzione di Giovanna Granato, Einaudi editore, Torino, 2001)



 

Flannery O'Connor (a sinistra) e Elisabeth Bishop (a destra)


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