IL PASSO DEL GAMBERO
- un brano del romanzo –

 

Günter Grass

 

 

(...)
Sotto il sole, fumando sulla neve crostosa. Ogni passo uno scricchiolio. Lunedì ci fu la visita della località. Su e giù per la passeggiata. Spettatore tra gli spettatori, senza farsi notare, di una partita di hockey su ghiaccio. Conversazioni disinvolte con ospiti del luogo di cura. Il fiato ristagnava bianco davanti alla bocca. Non suscitare sospetti. Non una parola di troppo. Nessuna precipitazione. Tutto era pronto. Con un revolver acquistato senza problemi si era esercitato al poligono di tiro di Ostermundigen, vicino a Berna, una cosa legale. Per quanto malandato di salute, la mano si era dimostrata ferma.
Martedì, ora direttamente sul posto, gli fu d'aiuto un segnavia resistente alle intemperie con la scritta WILHELM GUSTLOFF NSDAP: dalla passeggiata si diramava la strada Am Kurpark che conduceva alla casa con il numero 3. Un edificio dall'intonaco turchino col tetto piano, dalla cui grondaia pendevano i ghiaccioli. Pochi lampioni a combattere l'oscurità serale. Non nevicava.
Fin qui la veduta esterna. Altri particolari non acquistarono rilevanza. Sullo svolgimento del fatto, solo l'autore e la vedova furono poi in grado di deporre. Ho potuto esaminare l'interno della parte in questione dell'appartamento grazie a una foto che doveva illustrare il testo inserito nella sunnominata home page. Un'immagine evidentemente scattata dopo il fatto, perché tre mazzi di fiori freschi sui tavoli e sul cassettone e in più un vaso con pianta in fiore conferiscono alla stanza l'aspetto di un locale commemorativo.
Al suono del campanello Hedwig Gustloff andò ad aprire. Un giovane uomo, a proposito del quale la vedova avrebbe in seguito dichiarato che aveva gli occhi buoni, chiedeva di poter parlare con il Landesgruppenleiter. Questi si trovava in corridoio ed era al telefono con il camerata dottor Habermann della sezione di Thun. Passandogli accanto, Frankfurter sostiene di aver afferrato le parole “porci ebrei”, cosa che la signora Gustloff ha in seguito confutato: sebbene il marito considerasse improrogabile la soluzione del problema ebraico, quelle espressioni non rientravano nel suo vocabolario.
Condusse lei il visitatore nello studio, e lo invitò a sedersi. Nessun sospetto. Arrivavano spesso postulanti, senza preavviso, tra loro anche camerati in difficoltà.
Dalla poltrona nella quale era seduto in cappotto e cappello sulle ginocchia, lo studente in medicina vedeva la scrivania e sopra, appesi, l'orologio nella sua cassa di legno lievemente arcuata e il pugnale onorifico delle SA. Sopra ancora e a lato del pugnale, varie immagini del Führer e Cancelliere del Reich in ordine sparso costituivano la decorazione in bianco e nero e a colori della stanza. Non era reperibile nessuna raffigurazione del mentore Gregor Strasser, assassinato due anni prima. A fianco il modellino di un veliero, probabilmente il Gorch Fock.
Il visitatore in attesa, che aveva rinunciato alla sigaretta, avrebbe inoltre potuto vedere l'apparecchio radio su un cassettone accanto alla scrivania, e li vicino il busto del Führer, in bronzo o in un gesso la cui colorazione doveva simulare il bronzo. I fiori recisi sulla scrivania, quelli della foto, potrebbero aver riempito un vaso già prima dell'ora del delitto, amorevolmente disposti dalla signora Gustloff come saluto per il marito reduce dal viaggio impegnativo, e anche come tardivo omaggio di compleanno.
Sulla scrivania, cianfrusaglie e molte carte in disordine: forse relazioni dai cantoni da parte dei gruppi locali, certamente corrispondenza con uffici del Reich, probabilmente alcune lettere minatorie che negli ultimi tempierano spesso arrivate per posta; ma Gustloff aveva rifiutato la protezione della polizia.
Entrò nello studio senza la moglie. Dritto e sano, perché da anni al di là della sua tubercolosi, si diresse vestito in borghese verso il visitatore, che non si alzò dalla poltrona, ma sparò restando seduto, appena ebbe estratto il revolver dalla tasca del cappotto. Colpi mirati fecero quattro buchi nel petto, nel collo e nella testa del Landesgruppenleiter. Che crollò senza un grido davanti alle immagini incorniciate del suo Führer. La moglie si precipitò subito nella stanza, vide prima il revolver tenuto ancora in posizione di tiro, poi il marito a terra che, mentre lei si chinava sul suo corpo, cominciò a sanguinare da tutte le ferite.
David Frankfurter, il viaggiatore senza biglietto di ritorno, si mise il cappello in testa e, senza essere ostacolato dai coinquilini allarmati, abbandonò il luogo del suo atto premeditato, vagò per qualche tempo qua e là nella neve cadendo più volte, si accusò del delitto da una cabina telefonica (sapeva a memoria il numero delle chiamate d'emergenza), alla fine trovò il corpo di guardia più vicino e si consegnò alla polizia cantonale.
La frase seguente la fece dapprima mettere a verbale dal funzionario in servizio e più tardi, in tribunale, la ripeté senza variazioni: “Ho sparato perché sono ebreo. Sono perfettamente consapevole del mio atto e in nessun caso me ne pento”.
Dopodiché furono stampate montagne di carta. Ciò che per Wolfgang Diewerge equivaleva a un “vile assassinio”, per il romanziere Emil Ludwig si era risolto nella “lotta di Davide contro Golia”. A questi opposti giudizi si è rimasti fedeli fino all'epoca attuale, dove tutto è collegato in rete. Ben presto acquistò importanza tutto quel che accadde in seguito, lasciando molto indietro il colpevole e la vittima, processo compreso. All'eroe di taglio biblico, che con un atto dalle semplici motivazioni voleva esortare alla resistenza il suo popolo martoriato, si contrapponeva il martire del movimento nazionalsocialista. Entrambi dovevano entrare nel libro della storia in dimensioni superiori al naturale. Il colpevole però fini presto nel dimenticatoio; anche la mamma, quand'era una bambina e veniva chiamata Tulla, non ha mai sentito parlare del delitto e dell'assassino, ascoltava solo racconti favolosi di una nave che luccicava tutta bianca e che, carica di gente allegra, faceva viaggi in mare lunghi e brevi per un'associazione che si chiamava Kraft durch Freude 1
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Nota: 1 “Forza attraverso la gioia”, l'associazione nazista per il tempo libero.


(Brano tratto dal romanzo Il passo del gambero, Einaudi, Torino, 2004, traduzione di Claudio Groff.)
 

Günter Grass



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