PERICOLO
- Due poesie tratte dal nuovo libro Pericolo

Carlo Bordini

 

POESIA DEMENTE

Il mondo fu fatto
in pochissimo tempo,
tra grandi litigate,
e solo all’ultimo
momento fu deciso,
per sfiducia,
di istituire la morte e di dividere i sessi.
Dio era molto geloso
dei suoi quattro o cinque colleghi e per ripicca
disse:
Ma tanto in pochi anni saranno tutti rotti, chi senza
un braccio, chi senza una gamba, tanto vale
farli morire!
E un altro gli disse:
E quelli nuovi come li fai?
Non li faccio io, li fanno
loro! Bella roba. E così,
all’ultimo momento,
in pochi minuti, inventarono l’istinto sessuale,
e l’infanzia. Quasi vennero alle mani.
E uno disse: ma non vedi
che così sarà pieno di guai?
Chi se ne frega – disse Dio.
– Tanto questo mondo non mi piace.
È venuto male. Bella roba –
interloquì un altro. – Cosa pretendevi, con l’idea che tutti devono mangiarsi
l’uno con l’altro? È logico che si sarebbero
consumati. E allora? Tu che avresti fatto?
Quasi
vennero alle mani.



FINE DELLA TRAGEDIA

Ero con un’amica intento a preparare
uno spettacolo in onore di un nostro amico,
quando sapemmo
che il festeggiato, da tempo malato,
aveva tentato il suicidio. Dopo una serie di affannose
consultazioni l’amica chiamò la guardia medica e
ci precipitammo da lui. L’amico ci accolse con baci ed abbracci. La casa
era piena di amici. Sembrava una festa, Tutte le luci
erano accese. Il suicida, in pigiama, parlava con tutti, seduto sul divano del
salotto. Invitava cortesemente il poliziotto
che accompagnava la guardia medica a sedersi,
cosa che il poliziotto rifiutò. Poi l’amico spiegò lucidamente perché voleva morire.
In corridoio
lo psichiatra diceva alla moglie: sono sempre problemi affettivi.
Ci fu una breve polemica
su questo. L’amico andò con sua moglie a vestirsi. Il medico
che fungeva da guardia medica psichiatrica ci confidò con vergogna
di essere un ortopedico. L’amica gli chiese un consiglio per un dolore
alla rotula.

Il suicida era vestito, e la folla, piano piano, con molte macchine,
si trasferì all’ospedale dove l’amico sarebbe stato internato. Lì (erano
ormai le due di notte) l’amico ebbe un colloquio
con uno psichiatra con l’aspetto di un prete. Al suo fianco
c’era la moglie. Dietro, seduti e in piedi,
il figlio e gli amici. Il mio amico spiegò lucidamente le ragioni per cui
aveva voluto morire: la lunga malattia, le difficoltà nel lavoro, le difficoltà
economiche, la preoccupazione di pesare a lungo
sulla moglie. Noi, gli amici, intervenivamo
ogni tanto. Lo psichiatra, poi, parlò a lungo.
L’amico e la moglie si baciarono.
Ci fu un breve scambio di battute tra il pubblico e il suicida sull’amicizia
e il senso della vita. Poi ci separammo, con baci e abbracci,
promettendo di rivederci domani. Accompagnai con la macchina la
moglie e il figlio, e per la strada
ci fermammo a bere una birra.


(Poesie tratte dal libro Pericolo, Manni editori, Lecce, 2004)

Carlo Bordini è ricercatore presso il Dipartamento di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Roma “ La Sapienza”. Ha già pubblicato libri di prosa e di poesia. Collabora a “L’Unità”.

 


        
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