Pedro Pietri e la metropoli intestina

Francesco Giusti


 

Il 2 marzo 2004, mentre sorvolava su un piccolo jet il Texas di ritorno alla sua casa di Manhattan dalla clinica messicana in cui aveva cercato cure alternative per il suo tumore allo stomaco, ormai incurabile per la medicina ufficiale, è morto a cinquantanove anni il poeta Pedro Pietri, e la comunità portoricana di New York ha perso una delle sua voci più grandi, la voce che l'aveva cantata e talvolta rimproverata e che, forse più delle altre, aveva contribuito a renderla famosa. Era stato il successo di una colletta pubblica tra i suoi amici e tra coloro che apprezzavano il suo lavoro e la sua poesia, gli amici del Nuyorican Poets' Café, a raccogliere i trentamila dollari per questo ultimo viaggio.
La poesia di Pedro Pietri si trova tutta nella Voce, nel suo appartenere alla dimensione del "dicibile" più che a quella del "pensabile" che domina la poesia contemporanea. E la Voce è quella di un uomo profondamente legato al suo spazio, allo spazio occupato dal suo corpo. E questi sono tre elementi fondamentali, anzi fondativi della poesia di Pedri: la Voce, lo Spazio e il Corpo. Tre elementi strettamente legati all'uomo e a ciò che gli appartiene, senza nulla di metafisico che non sia la stranezza stessa della realtà.
Pedro Pietri appartiene al gruppo di poeti che negli anni Settanta si autodenomina Nuyorican, termine che designa, come dice Sandra María Esteves, - l'esperienza portoricana come esiste negli Stati Uniti -. Fondendo insieme new di New York, centro principale e città simbolo dell'emigrazione portoricana negli Stati Uniti che si identifica per con la totalità del paese, e rican di Puerto Rican, il termine (coniato sull'isola per indicare con intento dispregiativo i portoricani emigrati) esprime il carattere fondamentalmente biculturale e bilinguistico del movimento. Il gruppo - Pietri insieme a Miguel Algarín, Miguel Piñero, Lucky CienFuegos, Tato Laviera, Sandra María Esteves, Bimbo Rivas - si raccoglie intorno al Nuyorican Poets' Café e contribuisce, con maggiore raffinatezza estetica e coscienza di sé rispetto agli autori precedenti, a definire le caratteristiche dell'esperienza letteraria Neorican per gli osservatori esterni. Situato a Manhattan sulla East 6th Street tra Avenue A e B (oggi rinato sulla East 3rd Street tra Avenue B e C) il Nuyorican Poets' Café era un crogiuolo di musica, teatro, poesia spesso legati a manifesti politici e sociali, un centro di raccolta della performance che nasceva spontanea nelle strade e nei locali dei ghetti in una continua e pirotecnica ibridazione di lingue e di codici diversi. Per le strade si parla delle strade mescolando spagnolo caraibico ed inglese americano, si parla della realtà latina e dei latini trapiantati a New York come esperienza collettiva di cui il poeta si fa portavoce rimanendo comunque una voce interna a quella comunità.
La prima raccolta pubblicata Puerto Rican Obituary (1973) con il suo grido di nuyoricanità, con le accuse e le forti dichiarazioni di identità, è poesia della ribellione al disagio degli immigrati portoricani, ma anche al loro stesso disperato tentativo di migliorare la propria condizione facendo di tutto per credere e aderire fino in fondo all'American Dream, per omologarsi ai "bianchi" delle classi medie. Qui i portoricani sono indicati come scarafaggi, l'insetto diffuso e nascosto che domina la dimensione orizzontale del suolo e dell'immediato sottosuolo e che ben conosce chi ha vissuto a New York.
Out of orders (2001) non appartiene alla fase più arrabbiata e politicamente impegnata di Pedro Pietri, quella di cui è appunto manifesto Puerto Rican Obituary (1973), ma rientra in una dimensione sempre più visionaria e surrealista che si viene a creare con il tempo, come testimoniano le poesie di Traffic Violation (1983), e porta anche un modo di leggere la realtà con la modalità dell'invenzione, della provocazione, del paradosso, della voce di un "folle" contemporaneo immerso completamente nella metropoli New York. Come per la figura tradizionale del "folle" l'ironia, il ribaltamento, l'illogico, l'assurdo diventano modi efficacissimi per rendere ancor più evidente la realtà e le sue intime contraddizioni. Nelle cabine telefoniche di Out of orders la voce del poeta, così vicina alla voce popolare e quotidiana, si prende gioco del lettore, di se stessa e di ciò che la circonda. In un gioco di sottomissione e di resistenza alla realtà espresso per sensi plurimi, capovolgimenti di significato e dialettica tra superficie verbale e contenuto profondo. I poeti nuyorican possono accrescere questo senso di lucidissima confusione sfruttando i passaggi improvvisi di lingua, dallo spagnolo all'inglese e viceversa, perché entrambe appartengono al loro complesso sistema culturale.
Come afferma Mario Maffi nella prefazione a Out of order nella Voce di Petri si mescolano influenze letterarie, culturali e politiche diverse: il surrealismo alla Alfred Jarry, il retroterra magico-vicsionario dei Carabi e di Latinamerica, il rock degli anni '50, la cultura africana e americana, la poesia beat di Allen Ginsberg e di Gregory Corso, le visioni notturne corrosive a pulsanti alla Bob Dylan e alla Tom Waits.
I portoricani al di là della loro provenienza geografica negli Stati Uniti sono sempre stati associati alla popolazione afroamericana per il colore della pelle (ai margini a New York perché di colore ai margini sull'isola perché sono andati via), con loro hanno vissuto e vivono gomito a gomito nei ghetti (Spanish Harlem "El Barrio", Lower East Side "Loisada", Upper West Side) e con loro hanno condiviso alcuni aspetti culturali popolari come le sfide verbali fatte in strada che raccolgono tutta l'angoscia, la rabbia, la forza espressiva e il rituale degli abitanti dei quartieri neri e immigrati. Anche questo è in Pietri e nella sua Voce, nella sua Voce legata ai Luoghi e ai Corpi, immersa fino al collo nella realtà, in quella specifica realtà.




Dove è New York nella poesia di Pietri? È ovunque, nella forma come nel contenuto. È nelle cabine telefoniche di Out of order (Pietri ne scrive oltre mille e Maffi ne seleziona 330 per pubblicarle in volume). La cabina telefonica ha una doppia valenza di conversazione in absentia e di luogo fisico ambiguo tra interno ed esterno, tra pubblico e privato, tra voce e silenzio. È il luogo in cui si esprime la verità col nonsenso - long live nonsense -, con i giochi di parole e con le parole quotidiane velate d'intelligenza più o meno logica, lontano da ogni effusività lirica ma anche dalla rigidità della prosa. Anche la città può arrivare a prendere voce per curiosi effetti di decontestualizzazione, cartelli della metropolitana riportati nelle due lingue inglese e spagnolo parlano direttamente al lettore con la loro voce impersonale.
Anche nella convivenza a stretto contatto con gli altri uomini c'è in questi versi una distanza infinita che separa, che rende difficile la comunicazione e c'è una volontà oscillante tra il desiderio viscerale di gettarsi in strada e parlare alla gente e il desiderio di ritrarsi e di chiudere ogni contatto con la meccanicità di una realtà inconcepibile.
Le interazioni con le persone sono occasionali e quasi sempre gratuite, le motivazioni profonde non appartengono a questa realtà. Sono fondate sull'incomprensione e sull'impossibilità dei desideri di coincidere sia qualitativamente sia cronologicamente. Si desiderano cose diverse oppure, se si desiderano le stesse cose, lo si fa in momenti diversi, perciò il risultato non cambia. C'è sempre una ribellione di fondo ai codici, alle convenzioni della società umana. Le leggi e la loro violazione. È un susseguirsi di cose che non ci sono o che non sono mai successe, incontri che non hanno mai avuto luogo e mai davvero voluti, ricerche che non hanno esito e spesso nemmeno un oggetto, tutto si risolve in una non azione, un non conoscersi, nessuna comunicazione.
Le brevi composizioni dalla sintassi elementare, quasi completamente priva di congiunzioni e punteggiatura, quasi da vera conversazione telefonica, anzi telegrafica e sentenziosa, restituiscono una percezione per frammenti della vita e della realtà nel cuore della metropoli New York.
Ma New York non è solo in Out of order, la ritroviamo in tutti i versi di Pietri sia come specifici luoghi (Queens, Brooklyn, Greenwich Village, Times Square, Staten Island, le Streets e le Avenues), sia come entità ineludibile con cui ci si deve continuamente confrontare. L'unica possibilità per conoscere le cose è il lasciarsi confondere da esse, esporci alla realtà e al suo disordine, non rispettare le regole, trasgredire l'ordine. La realtà e le sue relazioni entrano nei cortocircuiti della mente in una poetica delle discontinuità, del fuori posto. Pietri è un poeta di strada perciò le strade sono essenziali, fermarsi ad un angolo e declamare ai passanti poesie che sono veri work in progress, per una poesia vissuta ed elaborata in questo modo è impensabile che la strada non si faccia sentire, non entri nei versi come entra nell'autore e nella sua esperienza quotidiana ed esistenziale.
Costante è la tensione tra l'umano paradiso perduto dell'isla, luogo dell'unità originaria, e l'urbe enigmatica, schiacciante e reificata, tra un prima di piena identità e un dopo di perdita e ricerca dell'identità. La Voce si muove in cerca di destinatari, ma spesso sente se stessa girare a vuoto.
In Puerto Rican Obituary, e soprattutto nel grande canto di consapevolezza che dà il titolo alla raccolta, si scaglia contro la vita vissuta non in comunione con la vita, ma aspettando la morte, anzi con la morte che permea la vita stessa, tutto è morte, cimitero, suicidio, c'è l'ossessione del lavoro e il lavoro ossessionante alla cui ricerca si è spinti dal voler inserirsi nel sistema, e questa corsa verso il sistema allontana la sua gente, li separa anche fra loro, dall'originario sogno che li univa sono arrivati all'invidia reciproca, ma dopo tutto sono riuniti dall'unica morte, che non ha visto reali cambiamenti, e alla fine non rimane che un se solo… per tutto quello che avrebbero potuto fare e che non hanno fatto, cioè in fondo rimanere se stessi, rimanere legati all'isola, alla propria lingua e alle proprie radici. Contro la sua gente che non deve cercare se stessa in "America" o nel sogno dell'America perchè ha già dentro di sé la sua identità, contro l'inglese come lingua imposta e sradicante, contro la televisione ipnotizzante, contro la scuola come tentativo di uniformarli. Nella raccolta Traffic Violations si trova la splendida dichiarazione di poetica che è Traffic Misdirector, parola intraducibile in italiano che indica colui che da volontariamente informazioni stradali sbagliate, dove parla del poeta portoricano Jorge Brandon come del più grande poeta vivente di New York City e descrive al contempo un preciso modo di vivere e di fare poesia che è quello del poeta bagger, che va in giro per Manhattan con il suo mondo dentro buste della spesa in un carrello d'acciaio da supermercato e recita le sue poesie a chi vuole ascoltarlo tenendo in mente le palme e le parole di Portorico, sugli angoli delle strade, sui gradini d'entrata degli edifici, sulle scale antincendio, nei bar e nei parchi, nelle stazioni della metropolitana, nelle bodegas, ovunque porta la sua poesia. E non è un perdersi, sempre ordinati, nel traffico della città, ma anzi un far perdere il traffico stesso. In questa raccolta compaiono titoli alienanti e disorientanti che mostrano subito evidente l'acuirsi dell'aspetto di provocazione più sottile alla ragione e alla logica, abbandonando, come già detto, la polemica esplicitamente politica. Si scopre al lettore una surreale waste land metropolitana di morti e becchini, solitudine e separatezza, in cui domina una sensazione palpabile di inesistenza, di inautenticità.
Le tre raccolte individuano anche le tre fasi in cui si articola l'evoluzione poetica di Pietri, fasi che corrispondono più o meno a tre decenni: anni Sessanta, anni Settanta e anni Ottanta. Interessante è notare che nelle tre fasi subisce variazioni anche lo statuto della voce d'autore nei confronti della comunità. La prima fase, cui appartiene Puerto Rican Obituary, come già visto è la fase della rabbia, dell'aperta polemica politica e qui la voce si pone fuori dal mondo narrato, ad un maggiore grado di consapevolezza, questo le dà la possibilità di criticare e di ammonire, di porsi in qualche modo come guida. La seconda fase, quella di Traffic Violations, è di transizione, rimane la polemica, che conosce degli allargamenti, si fa più contro la città come area di intensa urbanizzazione, contro l'impossibilità di immaginazione, lo svilimento e la perdita della dignità umana, una città priva di senso, popolata di presenze che sono quasi fantasmi. Sa fa più forte l'aspetto onirico-visionario e la voce si colloca in uno spazio incerto tra interno ed esterno al mondo rappresentato, in questo modo si indebolisce leggermente anche il carattere di manifesto politico, il poeta parla anche di se stesso, della "propria" ribellione e del proprio fare poetico. L'aspetto onirico giunge a maturazione nella terza fase e in Out of Order, in cui la voce è definitivamente dentro il mondo di cui parla, si accorge che è impossibile collocarsi al di fuori di esso, abbandona ogni tipo di illusione e di utopia, assume la posizione di parte di una minoranza non assimilata come condizione che non può essere modificata. Allora la ribellione non diventa più tanto l'azione, il senso esplicito, l'incitamento, quanto la lingua stessa, la scrittura. Una scrittura allucinata, ironica, demistificatrice, assurda, apertamente contraddittoria e antifrastica rappresenta la mimesi, la presa di coscienza e la denuncia del mondo cui inevitabilmente si appartiene. La resistenza si fa interna al testo poetico.
In tutto questo, in tutto il corso della sua scrittura poetica, e non solo poetica, Pedro Pietri non smette mai di parlare dei Portoricani e per i Portoricani, ed in modo particolare, naturalmente, dei Portoricani a New York.




Pedro Pietri è nato a Ponce (Portorico) nel 1944 da una famiglia di origini corse. Si trasferisce a New York giovanissimo. Dopo aver lavorato brevemente in una fabbrica di abbigliamento, viene arruolato e inviato in Vietnam, dove viene ferito e rimpatriato nel 1968. Lavora per un certo periodo presso la biblioteca della Columbia University che lo mette in contatto con i circoli poetici beat e africani americani. A quegli anni risale "Puerto Rican Obituary" pubblicata in origine su "Palante", organo del gruppo portoricano militante degli Young Lords. Alla prima raccolta intitolata appunto Puerto Rican Obituary (1973) seguono il testo in prosa Lost in the Museum of Natural History (1981) e la seconda raccolta di versi Traffic Violations (1983). Attore e autore anche di vari testi teatrali molto apprezzati da celebri registi: LewLulu (1975), The Livingroom (1975), Sell the Bell, or Go Straight to Hell (1980), No More Bingo at the Wake (1982), Getting the Message Across (1983), The Masses Are Asses (1984), Happy Birthday (1990). Ha inciso anche due dischi di poesia. È stato tra i promotori e organizzatori della "Primiera Conferencia de Poetas y Escritores Puertorriqueños en Nueva York" nel 1988 e tra i protagonisti della serie di serate di poesia in diversi locali di New York "Poets in the Bars" nel 1989. Malato di tumore allo stomaco, Pietri è morto il 2 marzo 2004 mentre tornava dal Messico alla sua casa di New York.

Bibliografia

- Juan Flores, Divided Borders: Essays on Puerto Rican Identity, Arte Público, Houston 1993.
- Francesco Giusti, Out of Order/Fuori Servizio, in "Hebenon", anno X - vol. 3, maggio 2005.
- Mario Maffi, Nel mosaico della città: differenze etniche e nuove culture in un quartiere di New York, Feltrinelli, Milano 1992.
- Mario Maffi, New York. L'isola delle colline, il Saggiatore, Milano 1995
- Pedro Pietri, Puerto Rican Obituary, Monthly Review Press, New York 1973.
- Pedro Pietri, Traffic Violations, Waterfront Press, Maplewood, N.J. 1983.
- Pedro Pietri, Scarafaggi metropolitani e altre poesie, a cura di Mario Maffi, Baldini&Castoldi, Milano 1993.
- Pedro Pietri, Out of order, a cura di Mario Maffi, CUEC, Cagliari 2001.
- Alessandro Portelli, Il testo e la voce. Oralità, letteratura e democrazia in America, Manifestolibri, Roma 1992.
- Anna Scannavini, Letteratura portoricana, in Voci dagli Stati Uniti, a cura di C. Ricciardi e V.M. De Angelis, Semar 2000, pagg. 687-697.
- Anna Scannavini, Per una poetica del bilinguismo: lo spagnolo nella letteratura portoricana in inglese, Bulzoni, Roma 1994.



Francesco Giusti si è laureato in Letterature Europee all'Università dell'Aquila, dove adesso è specializzando in Studi Comparatistici. Si interessa di letterature medievali di area germanica, della loro ricezione nelle letterature contemporanee e di poesia italiana, inglese e americana del secondo Novecento. Ha pubblicato interventi critici e poesie in numerose riviste italiane e straniere e due raccolte di versi: Luci rubate (2002) e A un passo da Cézanne (2004). Ha tradotto per riviste Charles Reznikoff, Heather McHugh, Wallace Stevens.



.
.
         Precedente           Copertina.