PANICO COLLETTIVO O INDIVIDUALE

Vladimiro D'Agostino


Raffaella Carrà canta: -Ma che musica, che musica…!-, il televisore CGE a colori cerca disperatamente di riprodurre la musica e le voci di canzonissima.
Le tende gialle e un po' stinte della finestra attutiscono i suoni. Oltre a questo gli unici suoni che si sentono sono quelli prodotti dai pneumatici che passano sull'asfalto umido.
E' strano! Avete mai notato che quando c'è la nebbia che bagna la strada non si sentono il rumore del traffico e gli altri frastuoni tipici di questa città, ma solo il fruscio delle gomme sul selciato della strada!
Ho sempre pensato che la nebbia, come la neve, rendesse il mondo speciale, magico. Ma mai, come stanotte, lo ho odiato. Per la prima volta in vita mia devo vedere, osservare, scrutare perfettamente e non lo posso fare.
Sono arrivato in viale Giannizzeri alle ore 01.00 di questo 15 novembre 2000, data del mio compleanno.
Voi direte: -Cosa kaiser ci fai in viale Giannizzeri all'una di notte?-
Lo so, sto facendo una cazzata.
Ma….sapete com'è. Sono geloso.
La storia è quanto di più banale poteste aspettarvi, ma ho paura che la mia donna mi tradisca. Quindi, stanotte ho deciso di aspettare il rientro. Voglio soltanto controllare, poi me ne vado.
Non ditemi che non è capitato anche a voi.
Ho parcheggiato l'auto in modo che non fosse visibile da casa di Clara.
Mi sono appostato dietro l'angolo, in modo da non essere visibile dal luogo dove parcheggia solitamente. Ho dovuto prendere l'ombrello perché pioviggina pure. L'ombrello è però una buona difesa dagli sguardi inopportuni, lo tengo quindi basso quasi a sfiorarmi i capelli. Lo so, sono ridicolo, ma vi ho detto è solo per stanotte. Non fatemela tanto lunga.
Ho fatto due rapidi giri intorno a casa, per controllare se l'auto è parcheggiata, la trovo regolarmente al solito posto, però le finestre di casa sono spente.
Quindi non è con la sua auto.
Ritorno all'angolo e decido di aspettare con l'ombrello ormai più simile ad un cappello.
Sento ringhiare alle mie spalle, mi giro, un barbone, nel senso di cane, mi fissa come avesse visto il diavolo. Lo allontano con un leggero calcio.
Passa poi una vecchietta, forse la padrona del cane, mi squadra, con disprezzo, e si allontana. Torno alla postazione di controllo, il cuore batte sempre più forte, la gelosia aumenta, non mi spiego questo suo ritardo.
Finalmente una Fiat uno bianca si accosta davanti a casa, cogliendomi alla sprovvista. Cerco di non farmi notare. Voglio vedere se lei scende e con chi è. Passano cinque minuti e non scende nessuno, l'auto ha spento il motore. Il mio cuore è ormai un martello pneumatico, sono in preda al panico. Non riesco a vedere all'interno dell'abitacolo. Decido di passarci davanti. Sono protetto dall'ombrello. Quando arrivo accanto alla portiera do uno sguardo fugace.
Non vedo nulla, i vetri sono appannati.
Cristo! Sto per sentirmi male. Ho visto solo due ombre scure. Non riesco a distinguerle. Faccio il giro dell'isolato. E decido di passare all'esterno dell'auto, magari l'altro vetro non è appannato!
La nebbia però è aumentata. In pratica corro a perdifiato, trascinandomi l'ombrello. Prima dell'ultimo angolo freno. Mi avvio a passo lento verso la portiera esterna. Le ombre si muovono velocemente nell'abitacolo. Ormai sento solo il rumore del mio cuore. Anche dal vetro esterno non vedo un cazzo. Proseguo verso un furgone parcheggiato più avanti. Spierò da lì. Oltre il furgone mi fermo e cerco di vedere la Uno dietro i vetri del Daily, che mi fa da scudo. Mentre sono praticamente sdraiato sul parabrezza del furgone con i piedi sul parafango mi sento osservare da dietro, il barbone e la vecchietta sono lì come due fantasmi. Finalmente si muovono, ripartendo.
-Maledetti drogati!- la sento bisbigliare.
Anche dal furgone non vedo nulla. Il mio cuore ormai sta intonando la traviata. Non sento neanche un tir, che mi passa accanto, inzuppandomi. Guardo meglio quella Fiat bianca e vedo che si muove, ma è spenta. Oddio! Questo no! Stanno per venirmi conati di vomito e nausea. Devo reagire.
Andarsene o colpire?
La Uno si muove come un vecchio galeone. Dondolando avanti e indietro. Vomito dietro al furgone. In quel momento si accosta una volante della polizia. -Tutto bene?- fa il poliziotto alla guida. -Si, ho solo bevuto un po' troppo, sto andando a dormire. -Bene, buonanotte, e beva meno magari!- la volante riparte.
Oddio! Dalla Uno mi avranno visto. Sudo freddo. Non riesco a stare più in piedi. Macché non si sono accorti di nulla e continuano la loro danza. Agisco. Parto. Stavolta la ammazzo. Arrivo di corsa, apro la portiera urlo- Clara vieni fuori!-
Paola, la sorella di Clara mi guarda inebetita mentre si riveste.
-Beh! Ciao!- le dico.
Corro alla mia auto. Il barbone sta pisciando sulla gomma destra anteriore.
Decido di schiacciarlo.
Entro in auto e sgommo.
Sento le urla della vecchia -Assassino! Drogato! Polizia!-.



Vladimiro D'Agostino è nato a Firenze il 3/1/68 e risiede a Prato. Esercita la professione di Ragioniere Professionista, revisore dei conti, curatore fallimentare. Appassionato di musica e letteratura, è socio delle associazioni "Bottega d'arte Comune" di Prato, e della "Sagarana" di Lucca.




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