PNB: NESTRA E SIDISTRA

Alexander Brener / Barbara Schurz

Se si parla di questioni politiche, occorre farlo in modo chiaro e concreto. Dunque, cos'è il PNB, il Partito Nazional-Bolscevico di Eduard Limonov? Si tratta del prodotto di uno scrittore e intellettuale rivolto massicciamente verso i mass-media attraverso un'estetica Soc-Art e a un tempo fondato su un'inconsapevole rinascita di miti pseudo-romantici, collettivistici e comunitari in una società atomizzata. Limonov, venuto fuori come poeta avanguardista non ufficiale che saccheggiava la tradizione poetica post-cubofuturista e post-primitivista, mutò piú tardi a prosatore nella tradizione di Gorkij. Il suo cammino si perfezionò attraverso la passione per autori come Louis-Ferdinand Céline, Ernst Jünger e Yukio Mishima. Assolutamente estraneo alla riflessione politica e allo spirito critico, Limonov si infiammò per il vergognoso sprofondamento ideologico verso destra dei suoi idoli, lodandone il culto della forza, dell'elezione, del nazional-sciovinismo. Ma fondamentalmente Limonov è sempre stato interessato solo alla gloria, intesa sia come successo mediale immediato che come ingresso nel "Libro d'oro" della letteratura russa e mondiale.
Nel caso concreto, successo mediale e gloria eterna si unirono in una ributtante accozzaglia accomunata dalla paura della morte. C'è una cosa che gli scrittori russi contemporanei temono piú della peste: una morte anonima. Perciò sono disposti a comparsate in qualsivoglia trasmissione televisiva.
Sia le ideologie oscurantiste dei suoi idoli che le proprie ambizioni piccolo-borghesi condussero Limonov a fondare il PNB, un esempio lampante dell'"estetizzazione della politica". Nell'orizzonte culturale dello scrittore non hanno mai trovato posto fenomeni critici come il LEF (il Fronte di Sinistra per l'Arte) o la diffidenza di Brecht verso l'élite culturale. La cecità politica ha condotto Limonov a un'ottusa e populistica miscela di destra e sinistra, che in verità non può essere definita altro che di destra. Nei suoi interventi cita spesso Debord, Malraux, Che Guevara accanto a Evola, D'Annunzio, Alain de Benoist, ma lo scrittore-politico e popstar-führer Limonov è dalla testa ai piedi di destra, autoritario, non sopporta alcun genere di critica, glorifica i suoi idoli, disprezza e plagia i suoi seguaci, costruisce beceri miti in materia di letteratura, Russia, politica e poetica. Quello che producono Limonov e i suoi seguaci in verità non rappresenta affatto un eccezione o un momento di disturbo nel galoppante processo di appiattimento in atto in Russia sia in campo politico che culturale. No, il PNB, sia detto una volte per tutte, non è altro che lo strepito dei media piú le teste ideologizzate e rimbambite dei ragazzi (e delle ragazze) che adorano e imitano Limonov.
A Limonov va riconosciuto di aver sottilmente riconosciuto e sfruttato il nuovo pseudoproblema "autoidentificazione dei Russi dopo il tracollo dell'Unione sovietica".
Mentre lo stato rispolverava come modelli l'aquila a due teste, la chiesa russo-ortodossa e un energico presidente-manager, Limonov proponeva come alternative d'identificazione alcuni simboli non meno fascistoidi: una miscela di bandiera sovietica, Grande Letteratura e giovani attivisti rasati e violenti, imbevuta di populismo e retorica di destra.
Per quanto possa suonare strano, esiste una diretta e disgustosa continuità tra l'insignificante "Nazional-Bolscevismo" odierno da una parte, e i reali Nazionalismi e Bolscevismi dall'altra. Essa si basa sulla manipolazione diretta e sfacciata: delle masse nel caso di Nazionalismo e Bolscevismo, dei gruppi giovanili - sia provenienti dall'intelligencija che dal lumpenproletariato - nel caso del PNB. Una simile manipolazione è possibile solo in una società repressiva e totalitaria, in cui proliferano i valori ultra-conservatori e reazionari tipici dei regimi: patria, famiglia, obbedienza, disciplina, ordine, sessismo, superiorità dei piú anziani, razzismo quotidiano. Questi valori hanno avuto sempre notevole importanza nel paese che ogni tanto si fa chiamare Unione sovietica e ogni tanto Russia, poiché si sono dimostrati l'espressione di una specifica tipologia culturale che ha conservato il paese allo stato di società arcaica, agricola e paleo-industriale. Nondimeno nel momento in cui vengono eletti a valori di stato e nazionali, essi perdono agli occhi delle masse qualunque attrattiva. In questo modo tali valori hanno perso il loro reale contenuto rendendo il conformismo di stato ancor piú ferreo, ottuso e repressivo. Questo era il cosiddetto conformismo dell'era post-staliniana e post-sovietica. Durante l'ultima fase del "potere sovietico" e la prima dalla restaurazione del capitalismo, il provincialismo, la rozzezza e ignoranza delle classi dirigenti e - a un altro livello - delle masse erano un fenomeno assolutamente rivoltante. L'arretratezza, la viltà e la vanità dell'intelligencija rinforzarono tale ignoranza. Uno degli autori di questo testo incontrò alcune volte Limonov nella prima metà degli anni novanta. L'ultimo incontro ebbe luogo nel tardo autunno del 1998, nel "quartier generale" del PNB, una famigerata cantina di Mosca al numero 3 della Frunceskaja Ulica. La dileggiatoria propaganda soc-art alle pareti ci stupí: slogan beceri e discriminatori, manifesti ironico-brutali, kalašnikov giocattolo... era interessante osservare come il capo si rivolgesse ai suoi seguaci: in maniera assolutamente formale, paternalista, altero e tetro come un navigato show-man. Impartiva consegne, raccomandazioni, consigli e i ragazzi lo ascoltavano attenti come si fa con un padre o un amato fratello maggiore. Quattro anni dopo (nel 2002) avemmo modo di osservare a San Pietroburgo come funzionava la locale sezione del PNB. I giovani attivisti del partito (i Limonovcy) si fecero largo in una manifestazione che sosteneva un sindacato dei tranvieri in sciopero. Nella manifestazione non si vedevano lavoratori o lavoratrici, ma solo e unicamente vecchine con ritratti di Stalin, cosí come komsomolcy e comunisti anpilovcy - piú simili a settari religiosi che ad attivisti politici -, nonché alcuni trockisti e alcuni anarchici della PLA, la Lega degli Anarchici di Piter. I Nazional-Bolscevisti comparvero ad un tratto vestiti di camicie nere, con la fascia del partito al braccio e bandiere rosso-bianco-nere. Nient'altro che fascisti! Si "appropriarono" immediatamente della manifestazione sventolando le bandiere in faccia ai partecipanti e cominciando ad urlare forte: "La Russia è tutto, tutto il resto è niente!". Tutti i giornalisti presenti si precipitarono sui nuovi arrivati, visto che gli altri gruppi non erano interessanti. Troppo noiosi. Troppo poco spettacolo. Cosí funzionano le strategie piú semplici.
In galera Limonov oggi assomiglia alla propria maschera mortuaria. Continua dimostrativamente a gesticolare, fa le smorfie, sorride in modo triste o ironico. Alcune persone che lo hanno visto di recente affermano che assomiglia a un saggio cinese. In alcune foto i suoi occhi irradiano bontà e benevolenza. In realtà si tratta della vecchia maschera. Se si strappasse questa maschera, non si scoprirebbero dietro né carne né ossa, e nemmeno un pugno di cenere. Solo il vuoto, il Niente, nel migliore dei casi polvere grigia.
Nel frattempo in Russia viene portato a compimento il processo di uniformazione delle masse, un processo di distruzione di ogni diversità sociale avviato da Stalin e ripreso da Jelcin e Putin. Assoluta povertà - economica, ecologica, urbanistica, antropologica.
Personaggi della cultura come Limonov hanno apportato il loro personale contributo in questo rivoltante scenario. Gruppi dirigenti e autorità dimostrano la loro inconsistenza per l'ennesima volta? Finché ognuno/ognuna non prenderà in mano la propria sorte, spunteranno sempre nuovi limonovcy a sventolare bandiere in faccia alla folla.
Basta bandiere! Quello di cui c'è bisogno sono azioni emancipatorie!

L’Ecuaecadenza come potenza-guida, ma non come potenza dominante. Il nano europeo cresce, nel momento in cui il gigante americano perde di statura. Il risultato è un provincialismo che assume le sembianze di una disperata e autoritaria prova di forza militare, la quale contempla solo la cieca ”difesa dei propri interessi”, il contesto della propria ambizione, ma non il complesso universo della società mondiale.
” La partita è chiusa”, mormora il mondo a voce sempre piú alta. In Bolivia si sussurra in ogni angolo quel che è stato scritto col gesso su un muro dell’università di La Paz: ”Finito il tempo dell’unilateralismo americano”. Forse c’è sorprendemente del vero in questo
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(Traduzione di Antonello Piana)



Alexander Brener è nato ad Alma-Ata, in Kazahstan, nel 1961. Ha compiuto studi di pedagogia (1981), per poi dedicarsi pienamente all'arte performativa e alla letteratura. Ha esposto in molte sedi europee e pubblicato diversi libri. Dall'1988 al 1990 ha vissuto in Israele, oggi risiede a Vienna. E uno degli artisti russi contemporanei piu controversi e radicali .




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