RELITTO

Mário de Sá-Carneiro

 

Ah, che mi mettano sotto le coperte
e che non mi facciano nient'altro...
Che la porta della mia stanza resti sempre chiusa,
che né si apra per te se andrai là!

Lana rossa, letto soffice. Tutto ben tappato...
Nessun libro, nessun libro sul comodino...
solo fate che abbia accanto a me
dolci all'uovo e una bottiglia di Madeira.

No, non voglio altro; neppure dei giocattoli.
Per cosa? Anche se me li dessero non saprei giocare...
Che vogliono fare di me con questi turbamenti e paure?
Non sono fatto per le feste. Lasciatemi! Fatemi riposare!...

Sempre notte nella mia stanza. Le tende tirate,
e io rannicchiato a dormire, al calduccio - che amore!...
Sì: restare sempre a letto, senza muovermi, creare muffa -
almeno sarebbe il riposo assoluto...Storie! sarebbe la vita migliore.

Se mi fanno male i piedi e non so camminare dritto,
perché devo insistere ad andare nei salotti, da Lord?
Dai!, che la mia vita per una volta si accordi
con il mio corpo, e si rassegni a non avere grazia...

A che mi serve uscire, se mi costipo subito?
E chi posso aspettare, con la mia delicatezza?
Smetti di illuderti Mario! Un buon piumone, un fuoco -
e non pensare al resto. E' già abbastanza, con franchezza...

Lasciamo perdere. In nessun posto la mia ansia mi porterà.
Perché allora dovrei andare di qua e di là, in un'inutile corsa?
Abbiate pena di me, Accidenti! Portatemi all'infermeria!
Cioé: in una camera singola che mio padre pagherà.

Giusto. Una stanza d'ospedale, igienica, tutta bianca, moderna e tranquilla;
a Parigi, è preferibile, a causa della leggenda...
Da qui a vent'anni forse la mia letteratura si capirà;
e poi essere mezzo matto a Parigi va bene, ha un certo stile...

Quanto a te, amore mio, puoi venire il giovedì,
se vuoi essere gentile, domandare come sto.
Però nella mia stanza tu non entri, neanche con le migliori maniere:
niente da fare, mia cara. Il bambino dorme. Tutto il resto è finito.

(Traduzione di Alessandro Ghignoli)


L'originale in Portoghese:

Caranguejola

- Ah, que me metam entre cobertores,
E não me façam mais nada...
Que a porta do meu quarto fique para sempre fechada,
Que não se abra mesmo para ti se tu lá fores.

Lã vermelha, leito fofo. Tudo bem calafetado...
Nenhum livro, nenhum livro à cabeceira -
Façam apenas com que eu tenha sempre a meu lado,
Bolos de ovos e uma garrafa de Madeira.

Não, não estou para mais - não quero mesmo brinquedos.
Pra quê? Até se mos dessem não saberia brincar...
- Que querem fazer de mim com estes enleios e medos?
Não fui feito pra festas. Larguem-me! Deixem-me sossegar...

Noite sempre plo meu quarto. As cortinas corridas,
E eu aninhado a dormir, bem quentinho - que amor...
Sim: ficar sempre na cama, nunca mexer, criar bolor -
Plo menos era o sossego completo... Histórias! era a melhor das vidas...

Se me doem os pés e não sei andar direito,
Pra que hei-de teimar em ir para as salas, de Lord?
- Vamos, que a minha vida por uma vez se acorde
Com o meu corpo - e se resigne a não ter jeito...

De que me vale sair, se me constipo logo?
E quem posso eu esperar, com a minha delicadeza?...
Deixa-te de ilusões, Mário. Bom édredon, bom fogo -
E não penses no resto. É já bastante, com franqueza...

Desistamos. A nenhuma parte a minha ¦ansia me levará.
Pra que hei-de então andar aos tombos, numa inútil correria?
Tenham dó de mim. Co'a breca! levem-me prà enfermaria -
Isto é: pra um quarto particular que o meu Pai pagará.

Justo. Um quarto de hospital - higiénico, todo branco, moderno e tranquilo;
Em Paris, é preferível - por causa da legenda...
Daqui a vinte anos a minha literatura talvez se entenda -
E depois estar maluquinho em Paris, fica bem, tem certi estilo...

- Quanto a ti, meu amor, podes vir às quintas,
Se quiseres ser gentil, perguntar como eu estou.
Agora no meu quarto é que tu não entras, mesmo com as melhores maneiras:
Nada a fazer, minha rica. O menino dorme. Tudo o mais acabou.


Mário de Sá-Carneiro è nato a Lisbona nel 1890. Iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza di Coimbra nel 1911, si è poi trasferito all'Università di Parigi, senza mai concludere gli studi. Nel 1914 ha pubblicato Dispersão e A confissão de Lúcio, mentre l'anno successivo si è unito al lancio della rivista "Orpheu". Nel 1915 è tornato a Parigi, afflitto da costanti crisi depressive aggravate da problemi di carattere finanziario; nella sua fitta corrispondenza con Fernando Pessoa, tenuta in quegli anni, emerge la sua forte tendenza all'idea della morte e del suicidio. Si è tolto la vita il 26 aprile del 1916, ingerendo stricnina all'Hotel de Nice di Parigi.
Tra le sue pubblicazioni: Princípio (1912), Céu em Fogo (1915), Indícios de Ouro (1937).
Le lettere a Pessoa sono raccolte in Cartas a Fernando Pessoa (2 voll., 1958, 1959).
In Italia le sue poesie sono uscite presso le edizioni Via del Vento nella raccolta Quasi e altre poesie, da cui è tratta quella qui pubblicata.


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