|  DIARIO DI UN FALLITO 
  Eduard 
                Limonov
   (...) 
                La neve scende ora meno fitta, i fiocchi sono di forma diversa, 
                più distanti uno dall'altro. La luce nella mia stanza, 
                le due macchiette sulla mia lente a contatto sinistra mi immergono 
                nella penombra egizia, nell'illuminazione da ospedale, nella luce 
                simil-al-di-là.Indosso una camicia cinese di seta color lilla. L'ho raccattata 
                in un androne, per terra. Non l'ho neanche lavata, tanto era pulita. 
                O un ubriaco l'ha persa, o uno dai gusti difficili l'ha lasciata. 
                A me sta a pennello. L'adoro. Poi, è di seta. La seta mi 
                piace.
 
  C'era un ragazzo. Ballava. Un bravo ragazzo, veramente. Pronto 
                a dare via l'ultimo boccone. Avrà avuto cinque o sei anni 
                più di me. Una volta sono andato con lui. Era tenero. Peccato 
                che fosse peloso. Il membro, se permettete, ce l'aveva grosso. 
                "Ti sono venuto dentro" - diceva. E va bene, sei venuto. 
                La mattina dopo mi regala dei gemelli da polso. Gemelli d'oro. 
                Mi è venuta una tristezza. Adoro essere triste. Perché 
                non sono rimasto con lui? (Ebbene non sono rimasto). Boh, così, 
                sapete, non mi piace la vita pacifica. Con lui non mi aspettava 
                altro che quella. Evito soluzioni pacifiche, io. Quasi quasi mi mangio la caramella russa. Le avevo comprate ieri 
                sulla Prima Avenue, a 'daun-taun' non per me ma per una ragazzina 
                nuova. E figlia di un omicida alcolizzato, e le piacciono le caramelle. 
                Io l'ho battezzata Njushka, al posto del suo nome americano. Racconta 
                di essere stata una prostituta sacra in Grecia prima di questa 
                vita, e prima ancora una gatta. Se ne è andata a Orleans. 
                Ci siamo visti solo due volte in tutto. Sognava, sognava di tutto, 
                l'ultima volta di essere stata violentata da sette uomini. Era 
                bella.
 Ce n'è stata un'altra, è durata ventiquattrore. 
                Piccolina, magra come un filo. Mi trascina a letto, e io rido. 
                Ci è riuscita. Si sdraia, guardo, - seno bianco, donna 
                fatta, ventenne, e che donna! Eravamo da Johnny's Day, un ristorantino 
                al Village, a bere vino. Ti amo - dice - sei mio, il mio unico. 
                Siamo tornati e andati a letto: rimanevano due ore (era in partenza) 
                prima del volo. Come animali, a malapena siamo riusciti a staccarci. 
                Le avevo scritto una lettera: il cazzo, scrivo, senza di te si 
                dispera, senza la tua fica. Mi ha risposto. Succede anche questo.
 La 
                passione per il bianco - quattro paia di pantaloni bianchi, e 
                non mi bastano. Anche d'inverno porto i pantaloni bianchi. Una 
                volta di notte sotto la pioggia, nella sporca Broadway, dalle 
                parti di 'ap-taun', un intellettuale russo mezzo ubriaco mi ha 
                detto con ammirazione: "Sei un raggio di sole in questo mondo 
                oscuro. In mezzo al fango, tiri dritto coi tuoi pantaloni bianchi, 
                accecando tutti! Giusto!". Fu un bel complimento.La neve si distingue ormai a malapena. Cade orizzontalmente. veloce 
                e fine. Dopodomani celebro una nascita. La mia: è il mio 
                compleanno. Lo passero da solo, componendo qualcosa di particolarmente 
                elaborato, nutrendomi di carne e di vino. Più tardi andrò 
                all'Ottava Avenue per scegliermi una prostituta. Una che chiede 
                poco, probabilmente bianca. Una a metà bella, a metà 
                volgare.
 La nevicata è finita. Il mio letto, per quanto ben rifatto, 
                nasconde qualche pecca, un ché di incompleto. Guardandolo 
                da fuori, lo percepisco chiaramente. ma non mi è dato spiegarlo.
 Ora sento il tuono. A tratti tutto s'illumina e si oscura.
 
 (...) 
                Il quotidiano in lingua russa puzza di tomba e di urina senile. 
                Tutto mi pare scarso e pietoso, tutto demodé: gli annunci, 
                gli articoli, le poesie. Non manca neppure la ricetta di Zia Pina. 
                Cosa sarà mai? Certamente, una "Zuppa d'orzo di magro". 
                Nulla di più squallido e povero! Una gallina, un'anatra, 
                un bel pezzo di carne? No, una zuppa d'orzo di magro. Siamo tanto 
                umili, grigi, ridotti in polvere dalla vita.Una certa K. Mondrianoff chiede alla Sig.ra M. Mezzatacca di comunicarle 
                il proprio indirizzo. Che cazzo faranno poi insieme, se non moltiplicare 
                il peso della noia? Dovrebbero tenersi alla larga, spassarsela 
                piuttosto con qualche Mister Smith o Mister Johnson, - quelli 
                sì che sono bravi ragazzi, allegri, sani, e queste due... 
                cara amica ti scrivo, una peggio dell'altra.
 I tenenti defunti e gli eterni colonnelli. "Nella casa di 
                riposo, seguendo la volontà di Dio, si è spento 
                in pace il tenente B.". Segue un mucchio sconsolato di parenti 
                vari, incluso un certo "zio Misha", chissà perché 
                in grassetto. In realtà sono tutti felicissimi, si sono 
                dati alla pazza gioia brindando perché finalmente il vegetaleottantanovenne 
                (!) è passato a miglior vita, dopo averli tormentati tutti 
                e svuotato loro le tasche.
 "Dopo aver superato l'ottantesimo anno d'età, ci ha 
                lasciati l'attendente dell'ammiraglio Kolchak", - di quel 
                famoso ammiraglio, delle cui guance, rasate con il raschietto 
                da cavallo, scriveva Mandel'stam più di 60 anni fa. La 
                scomparsa inattesa... a 80 anni! E quando sarebbe attesa allora, 
                a 120?
 Un annuncio: "Faccio piccoli impianti elettrici". E 
                perché li fai piccoli, amico? Falli grandi, come tutto 
                il mondo li fa, come gli americani, i francesi, come fanno tutti.
 Qualcuno prega la "signora con manteau di pelliccia di restituire 
                la busta di francobolli, presi per errore in data 11 marzo". 
                Cara signora mia, non restituirgli un cazzo, compra piuttosto 
                delle buste in più, non risparmiare, mettici dentro il 
                mio unico grido, "A-a-a-aaaaaaaaaaaaaaa!", e spediscilo 
                in tutti i paesi del mondo, in tanti, quanti sono i francobolli 
                che hai preso per errore.
 
 
  (Brani 
                tratti dal romanzo Diario di un fallito, Odradek edizioni, 
                Roma 2004. Traduzione dal Russo di Marina Sorina)  
   Eduard Limonov 
 
 
 
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