CINQUE POESIE

Anthony Calabro



IL LAIDO SGUARDO DEGLI UOMINI


Hai steso i tuoi sogni fuori ad asciugare
E sul pendio col tuo banchetto vai a far mercato
Quanto duramente cadesti nessuno puo’ davvero dire
Mentre se ne brillano le luci dell’inferno
Te la passi bene?
Ed io siedo su un vassoio dieci miglia lontano
E posso ancora dire proprio come se fossi restato
Che la mia testa appesa ben in alto al muro dei trofei
Non avrebbe potuto sanare le piaghe infette della tua vita

Non provare a gettare la colpa sullo sguardo laido degli uomini
Quando pensi di aver usato da artigiano il tempo della tua vita
Hai tenuto la tua galleria sempre
Accuratamente ordinata, sempre in penombra
Proprio come acquarelli che colano liberi
Su tela sottile e ordinaria
Essi sono allineati al terminal
Ma tu hai l’aria del criminale
Per cui nasconditi dentro con loro

I vicini tutti ti hanno rotto i timpani
E tu puoi soltanto sentire i suoni di vecchie aree da picnic
Accidenti a loro per come ti braccano
Lasci la città?
Con una carriera finita riesci a reggere tutta la tua birra?
Cosi lotto con la tua faccia ai piedi della fontana
Mentre stai a testa in giü per via delle tue gambe di ricotta
Ti fregano sempre quando non ti mostri allarmato
Mentre i guardoni al tuo davanzale
Spiano ii tuo dolore





L’INERZIA TI LEVA LA VITA (UNA NOTTE AI TROPICI)


Un sempliciotto potrebbe vedere al di la’ dei miei incerti occhi scheletriti.
La rauca notte al di là getta il tuo sguardo
della mia faccia che piange per ogni fiammifero perduto
sfregato nel panico della fuga,
da queste cupissime ombre,
dallo sguardo di brace di questi nativi.
Cercavo fatti, essi per primi mi han trovato,
Per troppo tempo ero stato via; l’ultimo callo perso stanotte,
il dolore, l’ultima sdegnosa canzone.
Sposa del vento, vieni sulla grande barca
vieni a liberarmi, lingua di notte, vieni,
in quest’albero vieni a leccare lo squarcio rosso di luce.
Me la prenderò con questa turbinosa notte, mettero’ una lingua
alla tua bocca e un facile ricolmo di bianche lacrime.
Lottero’.
Troppo a lungo, troppo bontano, fuor del coltello.
“Niente posizioni passive—dicevi-- o l’inerzia ti leva la vita”.
La tua inclinazione cosi’ calda e la tua causa cosi’ vera,
Io dissimulo; un calcio in faccia,
per attirarmi cosi’ fortemente io tremo,
il tuo lento e dolce distenderti
i piedi sopra le mie spalle
i tuoi movimenti vitali di momento in momento piu’ audaci.
Ci segnalano: “Li abbiamo dove li volevamo,”
frenetici, terribili;
il trasudamento del composto
sfrigolanti punte di lancia salutano istrionicamente.
II su e il fuori della luna è spaccato a metà,
le dita nella polpa,
la Terra intera testimone irridendo ogni respiro, sorso e boccone.
Stringo l’asse e in te mi abbatto cosi forte
che lo scricchiolio e il fremito racchiudono la calma
e spengono una stella e cancellano questa faccia che inaridisce il cervello
e sbatte fuori il mio cuore;
quindi colpire anche il silenzio
fiche’ il mio fermarmi ti fa cominciare.
Allento i freni il colpo vibro’,
Il carico afferrato e rilasciato rivela il punto di affidabilità,
un granello di speranza, il sepolto codice.
Tu fai la tua mossa, il gesto umano, parlamenta via la gelida notte
Mi getti sulle tue spalle
e ci mischiamo dentro il giorno.




STANNO LIBERANDO STELLE


Stanno liberando stelle
e scavando
vermi mentre gli angoli delle vie
si sgretolano intersecando
l’immensita’ del tempo





L’ITALIA S’E’ MOSSA


All’ ultima seduta rimase imperturbabile il senatore
inespressivamente serio, senza aggressione
lodi al nome di Roma balbettava
dalle sue rigide labbra fredde come catacombe;
l’antropologia è il sogno di quelli che ronfano
mille segreti dormendo presso un rivo
indifferenti se il viadotto scoppi
salve a chi, primo, le sue vecchie ossa dissotterri.

Dalla terra i viventi strappa fuori.

Potenza straniera non puo’ esportar Vega
Detroit ha ucciso l’alfa e l’omega.
Rivelazioni mostran i1 definitivo K.O.
il boom supersonico d’un’Alfa Romeo.

Dalla terra i viventi strappa fuori.

Isola melmosa che cola fuori posto
fissata in un qualche cieco atto di contrizione;
sul dramma antico il turista non contava
il panorama di essa l’eclisse totale ostruisce

Dalla terra i viventi strappa fuori.

Aspettando una chiamata intercontinentale
se tutto crollasse resterà la faccia.
Sotto le macerie di Pompei
una vera deriva farebbe galleggiar via il giorno,

Dalla terra presentimento strappa fuori.

Dalla terra i viventi strappa fuori.




LENTA COMUNICAZIONE INCROCIATA


Didi ha abbandonato qui tutti i suoi speechi
le sue distinzioni cosmiche ne annichilano la paura
a volte viene qui in una barca a nolo
in una visita a se stesso quando ha un missile giu’ in gola
subacqueo blu marina
un buco dritto nella lingua
di esso non aveva avuto preavviso
in questo il sentore primo
vogliono che scodinzoli loro
la sua pubblica ordinazione
la sua rapida sottile castrazione
la sua immigrazione d’anima

Lenta comunicazione incrociata
puo’ essere questo an qualunque altro giorno?
puo’ essere una qualunque altra nazione?
puo’ essere un qualunque altro raglio?
lenta comunicazione incrociata
questa potrebbe essere maneggiata in modo sbagliato
questa potrebbe essere insubordinazione
questa potrebbe essersi fracassata tutt’intorno
troppo quieta per chi e’ forte
il Padre non conosce divinazione ne’ canzone da gobbi

Didi graffio’ un’ombra sul muro della toilette
egli non aveva licenza poetica,
egli l’ha messa sul sedile
egli è il sovrintendente
non e’ agibile il parco
attraverso la finestra gettano rapporti
mentre inciampa sull’inganno
da una grazia sta spremendo crudeltà
credeva fosse fatta di metallo
essa e’ appassita come un petalo
la turbata sicurezza di lui
volto’ un’angolo incollerito
in disgrazia egli recito’ il lutto
depositore del suo grande annullarsi
Didi si ando’ scoraggiando, scivolo’ giu’ in un abisso
depose sulla bocca dell’afflizione un sobrio ed umile bacio
e imbrigliato di notte a un mulo senz’occhi
egli diffonde il velo della trascuratezza
egli e’ l’eccezione e la regola
egli sta urlando in suffragio mentre lecca la sua infanzia
egli fu interrogato
in modi oscuri esaltato
poi dio si senti’ frustrato
aspetto’ an attimo che si sciogliesse nel tormento
e come la luna scopri’ la sua fronte




(Traduzione dall’Inglese di Massimo Giannotta e Flavia Tulli)




In lingua originale:




THE LEWD GAZE OF MEN


You have hung your dreams out to dry
And you go to your booth on the slope to sell
No one can really tell just how hard you fell
As the lights of hell keep shining on
Are you doing well?
And I sit on a tray ten miles away
And I still can say just as if I stayed
That my head perched high atop your trophy wall
Could not have tightened up the festering sores of your life.

Don’t you dare go and blame it on the lewd gaze of men
When you think you’ve spent your lifetime as an artisan
You’ve always kept your gallery
Neatly trimmed always dimmed
Just watercolors dripping free
On canvas thin and cheap
They’re lined up at the terminal
But you taste like a criminal
So hide inside with them.

All the neighbors have ripped your ear
And you can only hear the sounds of old picnic grounds
Oh damned them how they hound you
Are you leaving town?
Can you hold down all of your beer with a dead career?
So I wrestle your face at the fountain base
While you stand on your head ‘cause your ankles of bread
Always let you down as you show no alarm
While the peeping toms at your windowsill
Watch your pain





INERTIA TAKES YOUR LIFE (A NIGHT IN THE TROPICS)


A simpleton could see past my vague skeletal eyes.
The husky night chucks your glance past
my face that cries for every missed match
struck in the panic of escape,
from these deepest shades,
these natives’ smoldering gape.
I searched for facts, they found me first,
I’d been away too long; last callus lost tonight,
the pain, the last disdainful song.
Spouse of the wind come on the great boat,
come to set me free, come tongue of night,
come lick the red crack of light between this tree.
I’ll rail against this whirlwind night, put a tongue,
and a gun, full of white tears to your mouth,
I’ll fight.
Too long, too far, outside the knife;
“No passive stance,” you said, “or inertia takes your life.”
Your bend so warm and cause so true,
I do dissemble; a kick in my face
to draw me in so tight I tremble,
your slow and gentle stretch,
the feet upon my shoulders,
your spirit movements every second getting bolder.
They’re signalling, “we’ve got ‘em where we want ‘em,”
frenzied chronic;
the compound’s sweating
sizzling spear ends waving histrionic.
Moon’s up and out it’s split in half,
the fingers in the pulp,
all Earth’s a witness
jeering every swallow gasp and gulp.
I bind the axle and heave into you so hard,
the crunch and quiver lock a hush
and douse a star and erase this face that sears the brain
and punches out my heart;
then to hump even the hushness
till my stopping makes you start.
I loose the rein the shot rang out,
the gripped relinquished load reveals the spot of trust,
a speck of hope, the buried code.
You make your move, the human sign,
parlay the frozen night away;
you throw me cross your shoulder
and we melt into the day.




THEY’RE LOOSENING STARS

They’re loosening stars
and digging
worms while street corners
crumble cross
the wide of time





ITALY MOVED


Senator remained unflinched last session
deadpan serious without aggression
stuttered praises to the name of Rome
from his stiff lips cold like catacomb;
Anthropology’s the snorers dream
thousand secrets sleeping by a stream
unconcerned if viaduct should burst
hail to whom unearthes his old bones first.

Wring the living out of the ground.

Foreign power can’t export the Vega;
Detroit killed the alpha and omega.
Revelations show the final K.O.
sonic boom from an Alfa Romeo

Wring the living out of the ground.

Sloppy island dripping off position
strapped into some blind act of contrition;
tourist didn’t count on ancient drama
full eclipse obstructs her panorama

Wring the living out of the ground.

Waiting for transcontinental call
will withdraw the face if all should fall.
Underneath the debris of Pompeii
one true drift could float away the day,
Wring misgiving out of the ground.

Wring the living out of the ground.




SLOW CROSSED COMMUNICATION


Didi did relinquish all his mirrors here
his cosmic differentiations annihilate his fear
he comes here sometimes in a hired boat
on a visit to himself when there’s a rnissle down his throat
blue navy diver
hole straight through his tongue
he had no warning of it
in this the dawning of it
they want him fawning for it
his public ordination
his subtle swift castration
his immigration of the soul

Slow crossed communication
can this be any other day?
can this be any other nation?
can this be any other bray?
slow crossed communication
this could be handed down all wrong
this could be insubordination
this could’ve shattered all along
too uneventful for the strong
Father knows no divination
no humpbacks song

Didi scratched a shadow on the toillete wall
he did’nt have poetic license
he put it on the stall
he’s the surveyor
the park is not in use
they throw reports in through the window
as he stumbles on the ruse
he’s squeezing cruelty out from a grace
he thought it made of metal
it withered like a petal
his confidence usettled
he turned an angry corner
disgraced he played the mourner
spawner of his great dissolve

Didi grew despondent slipped down an abyss
he placed upon the mouth of grief a spare and humble kiss
and harnessed nightly to an eyeless mule
he spreads the tissue of neglect he’s the exception and the rule
he’s screaming suffrage as he licks his childhood
he was interrogated
in somber ways elated
then god became frustrated
he waited for a moment that melted into torment
and bared his forehead like the moon




Anthony Calabro è professore incaricato di letteratura drammatica al Brooklyn College dell’Universita di New York. Poeta e scrittore, ha lavorato anche come attore, cantante e musicista. Ha pubblicato nel
1990 il saggio: BertoltBrecht’s Art of Dissemblance.



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