EMÍLIA E UNA NOTTE


António Lobo Antunes

 

 

Questa “crónica” era nata per essere un'altra cosa ma accadde che all'improvviso, quando cominciai a scrivere, l'Angola invase il mio corpo con tutta la sua forza. Perdonatemi: pensavo di offrirvi una storia che avrebbe dovuto chiamarsi “Emília e una notte” ma l'Angola senza che io sapessi perché invase il mio corpo con tutta la sua forza. Non so spiegarlo bene: non mi accadeva già da molti anni, mi credevo libero, credevo di aver raggiunto una certa pace e invece sono qui a muovere la mano sul foglio con tanta fretta e tanta rabbia io che faccio tutto lentamente, sopratutto disegnare parole, io che non correggerò né una sillaba, né una virgola, nemmeno rileggerò
(io che rileggo continuamente, mio Dio!)
perché è insopportabile sentire che l'Angola invade il mio corpo con tutta la sua forza. Non mi rimarrà senso dell'umorismo né intelligenza né spirito né ironia: l'Angola invase il mio corpo con tutta la sua forza. Mi costa molto, e Macaco, la guida, è appena stato ucciso da una mina a Ninda: Ernesto Melo Antunes era là e se lo ricorda. Chiediglielo e lui si ricorderà. Ho appogiato la mano sul petto di Macaco e non batteva più. Non c'era neanche una goccia di sangue. A Ninda sotto gli eucalipti un soldato che era andato a prendere l'acqua al fiume è sdraiato sulla sabbia davanti a me. Solo questo. Lui è stato solo il primo. Potrei raccontarvi di tanti altri. Potrei raccontarvi di cose orrende, assurde, atroci al punto di voler
non scrivo quella parola scrivo solo che l'Angola invase il mio corpo con tutta la sua forza e io accuso la guerra di aver mutato la mia vita. Forse è difficile da capire ma io non ero pronto, ero troppo giovane, può darsi che si sia sempre troppo giovani. Capite: io non mi meritavo questo. Parlo per me: io non sapevo ancora com'era e quando l'ho capito ho compreso che non lo meritavo. Così come non merito questo oggi 1° di Settembre, giorno del mio compleanno in cui l'Angola invase il mio corpo con tutta la sua forza. A chi si interessa a quello che scrivo io porgo le mie scuse: pensavo di darvi una “crónica” chiamata “Emília e una notte”: c'avevo pensato, l'avevo più o meno in mente ormai
(per quanto si può avere un testo in mente poi è il testo che prende possesso della mente e fa come vuole lui, il testo),
pensavo che vi sarebbe piaciuta ma non ci riesco: ci sono tante cose dentro di me, tante mitragliatrici, tanti mortai, tanta orribile miseria. Per la prossima volta vi garantisco che farò tutto il possibile per darvi una “crónica” come piace a voi. Oggi non posso: è il mio compleanno e l'Angola invase il mio corpo con tutta la sua forza. Dopo una lunga pace, dopo un lunghissimo periodo di serenità. Passerà sicuramente, sicuramente domani o dopodomani starò meglio, gli eucalipti del Ninda spariranno, riavrò la mia età di adesso, non sarò più nel deposito della mia compagnia
(il deposito era una baracca)
a guardare le bare e a pensare quale di quelle sarebbe stata la mia. Leggo che la guerra è sotto controllo in Angola: la guerra sotto controllo ero io che contavo i morti. Forse non sono stati tanti: per me sono stati troppi. Forse l'espressione guerra sotto controllo aveva a che fare con un numero ridotto di cadaveri: la merda è che io li ho visti. Li conoscevo. Di solito parlavo con loro, con queste perdite insignificanti. Io stesso sono una perdita insignificante che parla di perdite insignificanti. Un collega medico spegava il disordine e l'inefficacia del pronto soccorso con le sue panche:
– Il malato è arrivato bene, poi è sopraggiunta la panca ed è morto.
Anch'io sono arrivato bene: poi è sopraggiunta la guerra e. Tempo fa pranzando con un capitano gli ho detto:
– Non ho mai visto nesuno coraggioso sotto il fuoco quanto te a passeggiare con calma e una lanterna accesa per l'accampamento
e Lui mi ha guardato per qualche istante.
– Sai? È che a volte mi sarebbe piaciuto morire.
Capite un pochino meglio ora? Fu 24 anni fa, cazzo. Nel 1971. Fa schifo fare gli anni e ricevere Angola per regalo. So bene che voi non c'entrate niente e siccome non avete mai visto ragazzi morti sotto gli eucalipti del Ninda non dovete certo rimetterci. Perdonatemi: la prossima “crónica” sarà come le solite, come piace a voi. Oggi non ci riesco proprio. Avevo pensato una cosa molto carina chiamata “Emília e una notte” e vi ringrazio per la pazienza di aver sopportato invece l'Angola che invase il mio corpo con tutta la sua forza. Oltretutto questo deve forse essere proprio un troiaio perché non ho mai scritto niente così di getto. Ma ora vi domando: è possibile liberare un grido tranquillamente?


António Lobo Antunes, uno dei piu' grandi scrittori portoghesi moderni, tradotto praticamente in tutto il mondo, ha combattuto durante la sua gioventú nell'ultima guerra coloniale del suo paese, nelle foreste dell'Angola.

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