Per una poetica della migrazione

Cisti Fornaio

Premessa: Gli atti terroristici avvenuti a Londra devono far riflettere anche i letterati, i produttori di letteratura e debbono chiedersi se la loro opera può in qualche modo far da indiretto sostegno o premessa allo sviluppo di teorie che conducono al terrore o a giustificarle. Per questa ragione sembra importante oggi tentare di fissare alcune linee sulla poetica della letteratura della migrazione che prenda decise distanze da ogni possibile collusione con ideologie involutive e conducenti al clima di legittimazione di atti terroristici.

A. Alcune questioni di fondo

1.1 La letteratura è del tutto disinteressata, cioè non finalizzata a dimostrare un'idea, un ideale, una convinzione? La letteratura è sostanzialmente forma, indipendente dai processi sociali e politici immanenti al suo formarsi?

Il letterato che fosse in stretta relazione, fosse connesso, coinvolto con i processi di ideologie e partiti politici che li conducono avanti in tempi limitati e ristretti e che vengono di fatto superarti e surclassati dalla realtà nello stesso momento in cui sono posti, perchè legati ai particolarismi di potere individuale, sarebbe un fallito, un servo, un indegno, seppur organico a qualunque progetto.

Il letterato non può che essere indipendente da qualunque forma di ideologia, metafisica, partitica, religiosa.
Il letterato, però non può non essere slegato dal generale movimento sociale attraverso cui la storia si muove. Il letterato ha innanzitutto la possibilità di giocare con le parole, perchè queste esprimono il polilinguismo che serpeggia nella società e che è espressione di movimenti, di aspettative, di spinte rivoluzionarie, di flussi e riflussi, di sofferenze, di sangue, di lotte indicibili.
Anche quando il letterato è poeta, e come dice Bachtin, portato cioè al monolinguismo, questo non può che essere frutto di una scelta di campo. La sua lingua non può che essere un monolinguismo a stratificazioine mobile, perchè strettamente legato alla mobilità linguistica delle classi sociali continuamente emergenti.
In questo senso la letteratura non può essere del tutto disinteressata.
Il letterato non può essere un albatro perennemente in alto.

1.2 Ci sono momenti in cui è, però, dovere del letterato usare la sua arte come un impegno di ordine sociale storico, civile. Ciò è avvenuto sempre in letteratura e le avanguardie di tutti i tipi e di tutti i momenti storici non sono stato altro che espressione di volontà di impegno.
Mi limito solo alla storia della letteratura italiana.
Dalla sua nascita (scuola siciliana, dolce stil novo, Dante) fino ai nostri giorni (neorealismo, gruppo 63, ecc.) nei momenti cruciali della società i letterati hanno sentito il dovere di legare la loro arte scrittura, creazione alla maturazione civile e sociale della loro epoca.

1.3 La letteratura è strettamente connessa alla storia dell'umanità. Io credo che la storia, pur con i suoi circuiti labirintici, pur con progressi in civiltà, avanzamenti, ma regressioni impressionanti e paurosi, contenga in sé una linea evolutiva, emancipatoria, nella direzione di un progressivo disvelamento di ogni forma di violenza e nel contemporaneo riconoscimento dei diritti di libertà ed autonomia del singolo individuo.
Libertà e violenza che non possono sommarsi ma che sono a sommatoria algebrica visto il primo come polo positivo e l'altro come polo negativo.
La letteratura nelle sue forme più elevate ha contribuito a rendere più vicino al positivo la sommatoria algebrica fra libertà e violenza e il riconoscimento del valore della libertà e della barbarie di ogni violenza anche quando perpetrata dal potere costituito, tirannico o democratico, che fosse.

1.4 Il processo storico umano sopra descritto di cui la letteratura rappresenta un catalizzatore significativo, può essere visto come la tendenza alla liberazione dell'umanità più che alla libertà del singolo e della società.
La tendenza del singolo, dei gruppo sociali è quasi sempre rivolta alla emancipazione, vista come una maggiore conquista della libertà.
Ma questo obiettivo è una "diminutio" rispetto a quello più determinante e totale per l'uomo. Come dice Marx l'obiettivo reale non è l'emancipazione ma la liberazione, intesa come la conquista totale della autonomia individuale e sociale e o svincolo da ogni forma di dipendenza, esterna o interna che sia all'uomo.

1.5 La letteratura, fino ad ora, è riuscita a far presente l'importanza dell'autonomia dell'uomo rispetto alla ricchezza e al desiderio di possesso, rispetto alla religione,allo Stato, alla Nazione. La letteratura ha scisso, nella sessualità, la procreazione dal piacere.
I più elevati valori dell'uomo, oggi riconosciuti universalmente, sono stati anticipati, sviluppati, affermati dalla letteratura.


B Letteratura e identità

2.1 Uno degli argomenti di maggiore pregnanza espressa dalla letteratura negli ultimi due secoli è stato quello della identità.
Tema fondamentale, è stato trattato in tutte le forme a partire dalla fine del 1700 e sviluppato con dovizie di angolature fino ai nostri giorni.
L'identità è stato un tema forte in alcuni autori come Svevo, Pirandello (per citare solo autori italiani).
La tematizzazione identitaria si configura con una scansione binaria: una prima relativa all'essere di un gruppo etnico, alla sua esistenza, alla differenza di esso da altri, alle caratteristiche distintive fra un gruppo etnico e gli altri.
L'emergenza di questa tematica è strettamente connessa alla ascesa, definizione e affermazione del concetto di nazione.
La letteratura è stato uno degli strumenti più formidabili e significativo alla affermazione della nazione e alla validificazione dell'idea dell'identità di popolo, di un gruppo etnico.
La connessione fra un raggruppamento umano tenuto insieme dai fatti di potenza politica, di eredità feudale, per vittorie militari e la sua lingua, i suoi costumi, le sue tradizioni è stato frutto e strumento forte della produzione letteraria, sia appartenente a un prosatore-romanziere scrittore che a un poeta.
La tematica identitaria è stata, come seconda scansione, anche riferita all'io, al singolo individuo. Questo aspetto è stato affrontato in maniera mirabile da Pirandello che ne ha scoperto la inesistenza e inconsistenza.
Non esiste una identità se non in relazione agli altri, anzi per meglio dire se non in relazione ad una comunicazione o all'interno dell'io o in rapporto agli altri.
Esisto non perché penso, ma perché qualcun altro pensa di me. Esisto non perché penso, ma perché sto comunicando con me stesso.
A volte e molto spesso questi due aspetti della identità sono stati connessi.
Intanto è subito da affermare che, così come egregiamente ha fatto Pirandello nel denunciare l'inesistenza della identità, anche una identità di popolo, di etnia non esiste.
Oggi sono italiano, ma se per cause politiche l'Italia scomparisse come entità politico-economica, la mia italianità si attenuerebbe o scomparirebbe nel tempo.
La letteratura che fino a qualche tempo fa aveva esaltato l'identità etnica, l'unità di un popolo, poi ad un certo momento si è disinteressato di questo fatto senza averlo messo in crisi così come Pirandello ha fatto con l'identità dell'io.

2.2 Uno degli aspetti che si sono manifestati con maggiore frequenza nei fatti letterari degli ultimi decenni è la relazione fra l'identità di un popolo di una certa etnia e quella dell'io.
Sotto questo aspetto l'io assumerebbe la sua identità per l'appartenenza a un gruppo sociale.
Non è più l'io nella sua relazione con se stesso e con gli altri genericamente presi, ma gli altri di un gruppo etnico, politico sarebbero i costitutivi dell'identità dell'io.

2.3 Il gruppo politico, etnico si autoriconosce, almeno nella storia occidentale europea, non solo per una sua lingua, per suoi costumi, per particolarità culturali, ma anche per l'appartenenza ad un territorio.
Popolo e territorio si sono trovati strettamente legati per fatti politici, economici, militari, di potenza insomma.
Si è costituita e costituisce in questo modo una strettissima relazione fra popolo, territorio, io. L'io di conseguenza si autoriconosce per l'appartenenza ad un territorio.
E' una relazione che si determina con legami e lacci che si saldano indissolubilmente.
Il legame io-territorio assume una valenza, un valore che viene sussunto a livello di psiche.
Questo legame è molto simile a quello che si stabilisce con la madre.
La rottura, la scissione dal territorio viene vissuta come un trauma, così come un trauma è la separazione dalla madre.

2.4 Il nazionalismo ottocentesco e specialmente del '900 è stato una delle cause, se non la causa fondamentale dei conflitti sanguinosi che si sono avuti specialmente in Europa, il territorio ove il concetto di nazione è nato e ha raggiunto il culmine della riflessione su di essa.
Si potrebbe obiettare che nessuna idea di per sé causa guerra, ma sono le ragioni di ordine economico. Se ciò può essere accettato in linea di principio certamente, però, l'idea di nazione e sua esaltazione è stata quella che ha potuto portare il consenso ad ogni altra finalità dei conflitti del secolo scorso.

2.5 Imprescindibile responsabilità della letteratura è scalfire quanto più è possibile l'ideologia della nazione, del nazionalismo con tutte le derivazioni culturali connesse.
A questo fine ritengo fondamentale che proprio l'idea di identità debba incominciare a perdere la sua consistenza e che sia combattuta come foriera di alimentazione del concetto di nazione.
Ogni contrazione della idea di identità aiuterà alla messa in crisi della concezione della nazione, di ogni nazionalismo anche allargato.


C La responsabilità dell'intellettuale "migrante"

3.1 Se si vanno ad esaminare, in genere le note critiche che si fanno alla letteratura della migrazione si scopre che il tema della ricerca della identità sembra essere quello più significativativamente espresso dagli autori di questa nicchia letteraria.
Ritengo che non sia proprio così e che sia necessario andare più a fondo nella analisi e forse si scoprirebbe che il tema reale è la perdita della identità, vissuto, rivisitato traumaticamente, nostalgicamente, ma pur sempre perdita che non si vuole riottenere, né riavere.
Fatto determinante e di stringente importanza è che gli scrittori della migrazione, i poeti della migrazione, salvo eccezioni, non manifestano il desiderio di un'altra identità, dopo averne perduta una a causa della necessità della migrazione. Essi sembrano voler vivere fino in fondo la situazione di assenza di una identità.

3.2 La mancanza di una identità rende rarefatto l'attaccamento a un territorio, eppure nella letteratura della migrazione sembra che proprio il territorio di appartenenza , con le ritualità ad esso connesse, sia l'oggetto del vissuto della nostalgia, della "gurba".
Ciò conduce ad un equivoco da cui gli autori della migrazione devono liberarsi. Il richiamo nostalgico del territorio di appartenenza viene confuso con la "disperazione" per la perdita dell'identità e conseguentemente come una dimostrazione della assoluta necessità di un riconoscimento di un ri-conoscersi attraverso il territorio, quasi che senza territorio l'io sia privato del suo "ubi consistat", che senza il rapporto con il territorio l'io sia un estraniato.

3.3 Ciò conduce alla sussunzione sul piano politico-culturale della assoluta primarietà del territorio per soddisfare la felicità del singolo individuo. Ma essa diventa, è diventata anche la scusante per politiche di sopraffazione, di potenza.
L'io, il territorio, e la realizzazione dell'io nel territorio conducono alle politiche della stretta interdipendenza fra l'io e il territorio così che questo diventa un fatto chiuso e inaccessibile, esclusivo della realizzazione di quelle e quelle sole comunità o individui.

3.4 Pur senza mortificare il canto della nostalgia per la perdita del rapporto con un territorio, la letteratura della migrazione ha il compito di affermare che la libertà dell'uomo non consiste nel suo rapporto con il territorio, ma proprio nella liberazione da questo rapporto. E' il rovesciamento di quanto ora ancora si afferma ad esempio da parte di partiti micronazionalistici per cui il possesso esclusivo da parte di una comunità del territorio tradizionalmente appartenuto sia il presupposto del raggiungimento della libertà. E' esattamente il contrario. Ogni esclusivo legame con il territorio e qualunque territorio è la sussistenza di una perdurante schiavitù.

3.5 L'identità sta assumendo ultimamente anche un forte rapporto con la sovrastrutture ideologiche, specialmente con la religione. Le crisi individuali vengono indirizzate nelle risoluzione attraverso la riscoperta della appartenenza ideologica al gruppo etnico di provenienza.
Ciò tanto più marcato negli stranieri di seconda e terza generazione che, di fronte alla emarginazione che vivono nelle società occidentali, si rifugiano nella più arcaica cultura del gruppo etnico d'appartenenza.
La situazione attuale è quella di rifluire su fondamentalismi che quando sono esasperati diventano radicali e portano al terrorismo.

3.6 La letteratura della migrazione ha il compito "politico" in questa fase della storia della umanità di far sentire come la vera libertà è la liberazione da ogni vincolo con la terra, da ogni vincolo con legami ideologici.


Cisti fornaio è lo pseudonimo di un collaboratore che vuole mantenere l'anonimato. Nato nel meridione d'Italia durante gli anni della seconda guerra mondiale si è trasferito a Milano sull'onda della grande migrazione interna. Docente in una scuola media superiore, ha studiato per interesse personale la letteratura della migrazione di cui è conoscitore curioso e attento.

 


        
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